Piccole bugie. Le inchieste di Maisie Dobbs Vol. 3 di Jacqueline Winspear

Il romanzo Piccole bugie. Le inchieste di Maisie Dobbs Vol. 3 (Neri Pozza 2023, titolo originale Pardonable Lies, traduzione di Olivia Crosio) dell’autrice inglese Jacqueline Winspear, è il terzo dopo Un semplice caso di infedeltà (Neri Pozza 2021) e Piume bianche (Neri Pozza 2022) de Le inchieste di Maisie Dobbs, una serie di gialli ambientati negli anni Venti e Trenta del Novecento, con protagonista l’investigatrice privata Maisie Dobbs.

“Ha mani così morbide, signora”.

Londra, settembre 1930. Solo Maise Dobbs, psicologa e investigatrice privata, era riuscita a far parlare Avril Jarvis di appena tredici anni, originaria di Taunton, che si trovava rinchiusa da dodici ore in una stanza di Scotland Yard, accusata di omicidio. Prima di entrare, Maisie si era fatta annunciare dalla sua voce pacata, né forte né sottile, che non aveva bisogno di alzare il tono per essere sentita o per farsi ascoltare. Vestita con un semplice tailleur bordeaux completato da un paio di scarpe nere e con una valigetta portadocumenti nera, che aveva visto tempi migliori, l’ormai affermata investigatrice Maisie Dobbs aveva un caschetto lucido, simbolo di emancipazione e progresso. Anche la vita di Maisie era cambiata improvvisamente quando aveva tredici anni. Quando la moglie era morta, Frankie Dobbs aveva spedito Maisie a lavorare come cameriera nell’elegante dimora di Belgravia di Lord Julian Compton e di sua moglie, Lady Rowan. Era stata quest’ultima, appassionata suffragetta, a intuire le potenzialità della ragazza. Era stato qui che Maisie aveva incontrato per la prima volta Maurice Blanche, il suo mentore e maestro. Erano stati Maurice e la nobildonna a notare il genio di Maisie e ad assicurarsi che avesse modo di soddisfare la sua sete di istruzione, dando a una domestica la possibilità di guadagnarsi l’ammissione al Girton College di Cambridge. Inoltre, l’esperienza come infermiera durante la Prima guerra mondiale, aveva forgiato la già dura tempra di Maisie.

Era da un anno che Maisie alloggiava in casa di Lord e Lady Compton a Belgravia. La sistemazione le era stata offerta sotto forma di un favore a Lady Rowan, che voleva una persona di fiducia sempre presente “ai piani alti” se lei era via. Maisie adesso era ormai era una donna indipendente con una propria attività e invece di un modesto lettino nelle stanze della servitù nel sottotetto occupava un elegante appartamento al secondo piano.

I Compton trascorrevano sempre più tempo a Chelstone, la loro residenza di campagna nel Kent, dove il padre di Maisie lavorava come stalliere. L’opinione generale era che tenessero la casa di Belgravia solo per lasciarla in eredità a James, il figlio che curava gli interessi della famiglia in Canada. Tornata a Belgravia, dopo una giornata di lavoro trascorsa insieme al suo assistente William (Billy) Beale nel suo nuovo ufficio in un palazzo georgiano a Fitzroy Square, Maisie aveva trovato Lord Compton in biblioteca, in compagnia di un suo amico, l’avvocato Sir Cecil Lawton, consigliere del re.

“Dunque, Maisie, Sir Cecil chiede conferma di un’informazione ricevuta diversi anni fa, durante la guerra. Quando si è rivolto a me, ho subito pensato che la persona giusta eri tu”.

Un nuovo caso per la sagace e talentuosa investigatrice Dobbs, un caso per certi versi commovente ma anche inquietante. Per onorare una promessa fatta alla moglie Agnes sul letto di morte, convinta da alcuni medium e ciarlatani del contrario, Sir Cecil aveva chiesto a Maisie di trovare la prova che il suo unico figlio, il capitano degli RFC Ralph Lawton era effettivamente rimasto ucciso in Francia nell’agosto del 1917, morto tra le fiamme quando il suo aereo si era schiantato.

Sempre più bella la figura di Maisie Dobbs, giovane eroina empatica e compassionevole, discretamente corteggiata dall’ispettore Richard Stratton, entrata nel cuore dei lettori grazie a una prosa scorrevole e una perfetta ricostruzione di un’epoca in continuo cambiamento, che sta per scivolare nella Seconda guerra mondiale mentre sta soffrendo ancora per i postumi della Grande Guerra.

“Primo, non creare sofferenza”.