Piccole infinitudini
- Autore: Mauro Macario
- Categoria: Poesia
- Anno di pubblicazione: 2022
Questa ultima silloge di Mauro Macario, dal titolo Piccole infinitudini (Puntoacapo, 2022), è un regalo che fate a voi stessi, anche se le poesie non sono il vostro “pane quotidiano”. Vi pare di perdere tempo e uno si dimentica che il tempo perso è tempo ritrovato. Quindi lasciatevi trasportare per analizzare quasi solo a livello emozionale queste “piccole infinitudini”.
L’autore, Mauro Macario, è nato il 1947 a Santa Margherita Ligure e ha già pubblicato molto, per diverse realtà editoriali, vincendo numerosi premi e ottenendo sempre il plauso del pubblico; ma Viviane Ciampi scrive che tutto lo sforzo di scrivere in versi per anni e anni si condensa in brevi litanie laiche, che parlano in modo inaspettato dell’amore, della morte, dell’incomprensibilità della vita che non volevamo ma che ci è arrivata; perché gli uomini e le donne hanno questo difetto, di unirsi tra loro, a volte controvoglia.
Queste poesie a volte sono lievi e leggere e spesso, invece, devono dar conto dell’invadente realtà, come la scomparsa di una persona cara, di un figlio, in questo caso travolto da morte violenta. Ma Mauro Macario non rinuncia all’ironia di certi suoi versi e poi, si sa, i liguri sono pudici e riservati, si tengono per sé un dolore immedicabile, poeti e non poeti, sulla morte di un figlio.
Messo in esergo un verso di Marco Ercolani: “Poesia è scienza degli addii” e sulla poesia degli addii hanno scritto quasi tutti i poeti, ad esempio, al Nobel per la Letteratura Wislawa Szymborska, nel 1996. Ecco un esempio di understatement e compostezza dal titolo Concerto per voce sola:
I poeti democratici / confidano nelle masse / che non li leggono / e fingono ammirazione / ai versi viene un attacco di panico / non riescono ad attraversare la strada / a volerla di tutti / la poesia / finge di crederci / e muore sulle strisce. / Quando due finzioni / s’incontrano / su quel marciapiede del mondo / non c’è nessuno.
Siamo sempre a discettare, analizzare e ad amare la poesia, ma nelle abitudini quotidiane non è Nulla, non interessa, non ci definisce, al punto che chi scrive si chiede perché un libro giallo di cinquecento pagine ci faccia sentire protetti, mentre una silloge poetica viene spesso accettata dagli altri come sinonimo di lettura nostalgica: “Ah ti è venuta voglia di leggere Leopardi, ti mancano gli anni del liceo?”
Come già scritto, in questa silloge di Mauro Macario il dramma della morte del figlio è un tratto di unione di parecchi versi. Qui il titolo è Freezer:
La solitudine non sfonda la porta / non mette tutto a soqquadro / sbuca dietro un paravento / è una geisha mortale/ un alito gelido negli occhi / lacrime ne escono / come al tuo funerale/ eppure non sei morto.
La negazione dei fatti che toccano la tua famiglia è quasi un modo per proteggere chi è rimasto.
Scrive Viviane Ciampi:
Ora potremmo quasi dire che ci troviamo di fronte ad un nuovo corso: poesie più sintetiche, fluide, quasi ungarettiane, ammansite, forse meno pensate per l’oralità.
Immagino che nelle prime opere di Mauro Macario, anche la lettura orale fosse ben accetta, perché perlopiù erano versi di protesta, contro il potere costituito dai partiti che erano visti più come intralci alle esigenze degli operai e dei contadini.
Una fase di rivolta che ora non avrebbe più senso dal momento che alcune mansioni nella grande industria sono svolte da macchine all’avanguardia. Quindi anche Mauro Macario ironizza sul futuro prossimo delle nuove generazioni, sempre più dominato dalle tecnologie. La sfida sarà su come dare una mano a chi è fuori dal sistema, agli ultimi, ai dimenticati, a chi non può studiare.
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