Piccoli sacrifici
- Autore: Ann Rule
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: TEA
- Anno di pubblicazione: 2004
Qualcuno ha sparato ai miei bambini. È questa la frase pronunciata da una concitata Diane Downs all’arrivo al pronto soccorso dell’ospedale Willamette-McKenzie della piccola città di Springfield, Oregon. L’aria mite di una piacevole sera del maggio 1983 viene squarciata dal fervore dei medici che combattono contro il tempo per salvare le tre giovani vite di Christie, otto anni, Cheryl, sette anni, e Danny, tre anni. Ventotto anni, bionda, snella e attraente, Diane Downs, professione portalettere, divorziata, racconta ai detective di essere stata da un’amica dopo cena, con i bambini, e di aver deciso di fare un giro in macchina nei dintorni del fiume, prima di tornare a casa. Proprio lì riferisce di essere stata fermata da un uomo piantato in mezzo alla strada, uno sconosciuto con i capelli arruffati, interessato alla sua automobile, il quale, al rifiuto, non ha esitato a sparare ai suoi figli all’interno dell’abitacolo e a ferire lei a un braccio, superficialmente. Cheryl Downs muore per un’emorragia interna, Christie perderà l’uso del braccio destro e il piccolo Danny rimarrà paralizzato dalla vita in giù: questo il tragico bollettino dell’aggressione da parte di un folle che, in realtà, non esiste. È stata Diane, la madre, a sparare ai propri figli con una calibro 22 che non verrà mai ritrovata. Il presunto movente è il fidanzato, Lew, il quale non voleva avere figli e le responsabilità che da essi derivano. Elizabeth Diane Downs viene ritenuta colpevole alla fine di un lungo ed estenuante processo e rinchiusa in un carcere di massima sicurezza a scontare una pena che ammonta ad un ergastolo e cinquant’anni di reclusione.
In “Piccoli sacrifici” (TEA, 2004), Ann Rule ci racconta nel dettaglio non solo il processo, ma la vita intera di Diane Downs e di coloro che ne hanno fatto parte, descrivendo il quadro psicopatologico di una giovane donna perennemente sotto i riflettori, abusata ed abusante, vittima e carnefice degli uomini, alla disperata ricerca dell’amore senza sapere cosa sia, per la quale i propri figli sono “fungibili”. È terribile, ma anche estremamente affascinante, leggere di questa donna, questa madre, l’ennesima moderna Medea, che al processo tiene il tempo e canticchia “Hungry like the wolf” dei Duran Duran, canzone che girava nel mangianastri al momento degli spari.
“Se ci fosse possibilità di scegliere, sarebbe preferibile essere pazzi. I pazzi migliorano, ma non c’è modo di far sviluppare una coscienza a chi non ce l’ha, e i narcisisti e gli istrionici non impareranno mai a lasciare il centro del palcoscenico o i loro amati specchi.”
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