Pioggia è il componimento numero XIV della sezione In campagna della raccolta Myricae di Giovanni Pascoli.
Il focus della poesia, come si evince dal titolo, è un paesaggio campestre in una giornata di pioggia, la cui immagine idilliaca che ne deriva provoca nel poeta forti sensazioni a livello intimo e personale.
Ancora una volta l’ispirazione nasce dal quotidiano e così un giorno di pioggia qualsiasi si trasforma nell’occasione ideale per tradurre in versi il proprio amore per la natura e le sue meraviglie.
Il simbolismo di cui è intriso il linguaggio conferisce alla poesia di Pascoli un efficace realismo.
Vediamo testo, parafrasi, figure retoriche e analisi di Pioggia.
“Pioggia” di Giovanni Pascoli: testo della poesia
Cantava al buio d’aia in aia il gallo.
E gracidò nel bosco la cornacchia:
il sole si mostrava a finestrelle.
Il sol dorò la nebbia della macchia,
poi si nascose; e piovve a catinelle.
Poi tra il cantare delle raganelle
guizzò sui campi un raggio lungo e giallo.Stupìano i rondinotti dell’estate
di quel sottile scendere di spille:
era un brusìo con languide sorsate
e chiazze larghe e picchi a mille a mille;
poi singhiozzi, e gocciar rado di stille:
di stille d’oro in coppe di cristallo.
“Pioggia”: parafrasi della poesia di Pascoli
Il gallo cantava poco prima dell’alba di aia in aia
e si udì nel bosco il gracidio della cornacchia:
il sole si mostrava a spiragli.
Il sole illuminò la nebbia della vegetazione
e poi si nascose e cominciò a piovere a catinelle.
Poi tra il cantare delle piccole rane
giunse sui campi un raggio lungo e giallo.
I rondinotti d’estate erano stupiti
da quella pioggia che scendeva sottile come se fossero stati tanti spilli
era un brusio a deboli scrosci d’acqua
e larghe pozzanghere e poi migliaia di gocce,
poi l’acqua si smorza in singhiozzi e inizia a cadere più rada:
come fanno le gocce dorate nelle coppe di cristallo (il cristallo alla luce del sole fa sembrare d’oro le gocce cadono all’interno).
Metrica e figure retoriche
La struttura metrica di Pioggia è piuttosto articolata e curata nei minimi particolari per poter contribuire a rafforzare il significato dell’argomentazione che ne costituisce il contenuto.
L’uso dell’endecasillabo, verso regolare e armonioso, a schema A-B-C-B-C-C-A-D-E-D-E-E-A, si coniuga perfettamente con la rappresentazione dell’ameno paesaggio naturale descritto.
L’utilizzo di numerose onomatopee, inoltre, costante imprescindibile della lirica pascoliana, delinea con contorni netti gli oggetti e gli animali raffigurati, conferendo una maggiore concretezza alla narrazione e rendendone al massimo l’atmosfera bucolica.
Pioggia presenta la tipica intelaiatura della ballata minima, con il ritornello costituito da un unico verso. In tutto i versi sono 13 suddivisi in 3 strofe.
Queste le figure retoriche più significative presenti nel testo:
- parole onomatopeiche: gracidò, brusio, singhiozzi
- allitterazioni in r, s, z, l.
- personificazione: singhiozzare
- Metafora: di stille d’oro in coppe di cristallo.
“Pioggia”: spiegazione della poesia di Pascoli
La strofa di un unico verso che apre Pioggia introduce il lettore nel clima agreste che pervade l’intero componimento.
Probabilmente l’autore riprende l’immagine del gallo che canta prima dell’alba dal proverbio contadino toscano che fa preannunciare al suddetto comportamento dell’uccello domestico la pioggia che cadrà durante il giorno.
Man mano che la poesia va avanti, la descrizione degli oggetti e degli animali che animano il paesaggio, delineati con esemplare dovizia di particolari, restituisce una raffigurazione campestre fra le più potenti e incantevoli della letteratura italiana.
Pioggia è, in sostanza, la narrazione poetica di un acquazzone estivo e dell’effetto di pacatezza e comunione con la natura che esso provoca nell’animo dell’autore, che è anche spettatore estasiato e appagato di tanta meraviglia.
Il sole, dapprima visibile a sprazzi, sparisce completamente dietro le nuvole e il temporale, già annunciato dal comportamento delle creature che abitano il bosco e le case rurali, ha inizio.
La pioggia scende piano, poi diventa più forte, si sentono le rane che gracidano e i rondinotti si stupiscono dell’acqua che cade adesso così sottile da sembrare un insieme di spilli sottili e appuntiti.
Le gocce a contatto con il suolo emettono un rumore inconfondibile e larghe pozzanghere si formano sul terreno mentre, dopo una pausa, la pioggia ricomincia a scendere.
L’allontanarsi del temporale si accompagna ad uno stillare sempre più rado e le ultime gocce isolate, di nuovo illuminate dal sole, che si perdono nelle polle fra l’erba, somigliano a piccole e fulminee meteore che si schiantano in bicchieri di cristallo.
Analisi di “Pioggia” di Pascoli: un inno alla Natura e alle sue meraviglie
Il significato di Pioggia si estende bene al di là della pur mirabile descrizione di un paesaggio di campagna prima, durante e dopo un acquazzone estivo.
L’ispirazione, le tematiche, il linguaggio e lo stile sono quelli tipici della poetica pascoliana, ma in questi versi carichi di vita, di colori, di suoni e di visioni, l’autore si mostra in pace con se stesso e con il mondo che lo circonda come raramente gli accade.
L’angoscia esistenziale e la malinconia che lo accompagnano fino alla fine dei suoi giorni si placano di fronte allo spettacolo della Natura e una giornata di pioggia diventa un balsamo per l’anima e un rifugio per il cuore ferito da lutti e tormenti.
Del resto non esiste un ambito nel quale Pascoli si trovi e si muova completamente a proprio agio come quello rurale, che ha conosciuto da piccolo e che ama profondamente in quanto connesso al suo sé più intimo, soprattutto all’infanzia non ancora corrotta dalla morte e dal dolore.
Davanti agli occhi dell’autore e del lettore si distende uno scenario da favola, con connotazioni quasi magiche, dove ogni cosa, animata o inanimata che sia, è in piena concordia l’una con l’altra.
Persino la pioggia, che in altre opere pascoliane viene vista come furia distruttrice, stavolta si configura come un elemento perfettamente integrato e in armonia con la natura la quale, anzi, proprio attraverso la forza purificatrice dell’acqua, acquisisce quella capacità di rigenerarsi che da sempre ci sorprende.
Ancora una volta stupisce la grande abilità di Pascoli, che al tempo stesso rappresenta anche un tratto distintivo della sua liricità, di saper raffigurare oggetti e animali attraverso l’uso sapiente di vocaboli scelti più per il loro valore fonico che semantico, creando una sorta di composizione musicale sfruttando il suono delle parole.
Mediante il fonosimbolismo, infatti, il poeta non si limita a presentarci l’immagine della pioggia che scende, ma ce ne fa addirittura sentire il rumore mentre scroscia, rallenta, riprende a singhiozzo e, infine, si dirada fino a dissolversi.
L’utilizzo delle onomatopee rafforza l’effetto, mentre il ritmo costante, ordinatamente cadenzato, restituisce un insieme di misurata e soave armonia.
Se la maggior parte delle liriche della sezione In campagna di Myricae, in generale, comunica un’idea di natura mesta, dominata dall’angoscia e da un opprimente senso di morte, Pioggia ce ne restituisce invece una concezione gioiosa, che la vuole sospinta da una misteriosa e perpetua forza generatrice la cui potenza e bellezza lasciano senza fiato.
Una posizione vicina a quella di Gabriele D’Annunzio, che ne La pioggia nel pineto e La sera fiesolana loda l’energia e la vitalità del creato rivelando il desiderio dell’uomo di appropriarsene attraverso la fusione totale con essa, ma senza quei marcati connotati erotico-sensuali che caratterizzano l’opera del pescarese.
La vena poetica di Pascoli si esprime con toni più intimistici e tenui, ma altrettanto efficaci nel rendere la complessità del rapporto uomo-natura, uno dei motivi cardine del Decadentismo italiano ed europeo.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Pioggia” di Giovanni Pascoli: parafrasi e analisi del testo della poesia
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