Più a est di Radi Kürkk di Gianluca Di Dio

Più a est di Radi Kürkk (Voland, 2019) di Gianluca Di Dio è un romanzo atipico, difficilmente catalogabile, ma di sicuro lodevole. Già l’indice, che non segue la numerazione canonica, ma si presenta come un conto alla rovescia, sembra suggerire l’atmosfera di attesa di cui si permea tutta la storia.
Il protagonista è Lucio, un ragazzo che ha perso tutta la famiglia e deve arrangiarsi come può in un paese sperduto e costantemente sotto la minaccia dell’esondazione di un fiume che proprio non ne vuole sapere di far dormire sonni tranquilli ai pochi e a dir poco strani abitanti di una città abbandonata al proprio incerto destino.

Più a est di Radi Kürkk in realtà è un libro nel libro, essendo il titolo di un manoscritto del padre di Lucio affidato al dottor Cervellati, un dentista che si propone come amico e guida di Lucio una volta che questi si vede costretto a badare a se stesso senza più alcun sostegno sia materiale che emotivo. Sarà proprio il dottor Cervellati a dare una speranza a Lucio, a indirizzarlo verso la missione della sua vita, una missione da sempre attesa e per la quale il giovane si tiene pronto sin dai suoi primi ricordi d’infanzia.
Particolare interesse è suscitato dallo stile ipnotico di Gianluca Di Dio, il quale riesce a catturare l’attenzione e la partecipazione del lettore attraverso metafore e giochi linguistici di forte impatto, che irrompono nella linearità lessicale come quegli scrosci di pioggia che metteranno in moto la catastrofe mille volte annunciata della piena del fiume.

Una sfida al tempo: così si può leggere Più a est di Radi Kürkk. La ciclicità del manoscritto che fa da perno strutturale al romanzo non è un appiglio contro l’instabilità del vivere, anzi descrive l’ineluttabilità di un’angoscia che prima o poi colpisce chiunque riesca a, o senta il bisogno di, scavare dentro sé.
La domanda ricorrente di tutto il romanzo, ovvero cosa si cela Più a est di Radi Kürkk, presta il fianco a molteplici interpretazioni e l’abilità di Gianluca Di Dio sta nel lasciare in sospeso questa domanda fino all’estremo, per lasciare che sia il lettore a scoprirne il significato prima che a darvi una risposta.