Più forti delle avversità. Individui e organizzazioni resilienti
- Autore: Anna Oliverio Ferraris
- Genere: Psicologia
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Bollati Boringhieri
- Anno di pubblicazione: 2014
C’è chi esiste e chi (r)esiste. Chi si piega ma non si spezza e chi si affloscia come nemmeno il più sfigato dei palloncini. Succedeva ai prigionieri nei campi di concentramento nazisti, succede a chiunque nella circostanza di un grave lutto o di una prognosi medica nefasta: chi si abbatte - e affonda - e chi invece pesca in sé le risorse per riaffiorare alla faccia dei bastoni tra le ruote della vita. In questo caso la psicologia parla di resilienza, che sarebbe anche la capacità che hanno alcuni materiali di recuperare il loro stato originale, la materia edile più o meno come quella psichica, appunto. Introducono Anna Oliverio Ferraris e Alberto Oliverio nel loro “Più forti delle avversità. Individui e organizzazioni resilienti” (Bollati Boringhieri, 2014):
“Nelle situazioni di crisi, qual è ad esempio la crisi economica che ha colpito il mondo occidentale degli ultimi anni, alcune persone possono sentirsi travolte dal clima negativo, schiacciate dalle notizie ansiogene che ogni giorno si affollano si media, mentre altre possono avvalersi di una risorsa interiore, o forza d’animo, che permette loro di resistere alle negatività, di non subirle come fatti ineluttabili e di mantenere viva la speranza di un futuro migliore, grazie anche al loro impegno personale”.
L’obiettivo - pur se psicologicamente salutare - non è sempre alla portata di tutti e per un Nietzsche che sentenzia “ciò che non mi uccide mi rende più forte”, c’è un Manzoni che per bocca del tremebondo Don Abbondio ammette che il coraggio, se uno non ce l’ha, non se lo può dare. In altre parole, resilienti si nasce oppure si diventa? Efficacissime le istruzioni per un uso pratico della resilienza vergate nel campo di sterminio di Buchenwald dallo psichiatra Viktor Frankl:
“Obbligai i miei pensieri a cambiare argomento. Improvvisamente mi vidi sulla pedana di una calda, illuminata e gradevole sala per conferenze. Di fronte a me si vedeva un pubblico attento. Io stavo tenendo una lezione di psicologia sul campo di concentramento. Tutto quello che mi opprimeva in quel momento divenne obiettivo, visto e descritto dall’ottica distaccata della scienza” (pag. 25).
Un altro - con forza d’animo ancora maggiore - poteva vederla dalla prospettiva del gioco (addirittura!), come Roberto Benigni a beneficio del figlio ne “La vita è bella”. Le risorse resilienti agli eventi traumatici sarebbero, insomma, un modo come un altro di salvarsi la vita, proseguire la corsa il più a lungo possibile, possibilmente col sorriso sulle labbra, senza scivolare nel contrappasso del narcisismo patologico. Come successe a Hitler, bambino fragile-gracile sottoposto alle vessazioni dal padre, che intorno ai cinquant’anni trova il modo di farsi venerare dalle folle, proclamarsi signore degli eserciti e con la forza muovere alla conquista di mezza Europa. N.B.: io scrivo molto spesso più o meno come mangio, ma vi assicuro che questo libro è un libro per tutti e da non perdere: di una piacevolezza e di un nitore scientifico adamantini.
Più forti delle avversità. Individui e organizzazioni resilienti
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