Praga, poesia che scompare
- Autore: Milan Kundera
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Adelphi
- Anno di pubblicazione: 2024
Milan Kundera è stato un autore di moda in Italia negli anni Ottanta del XX secolo, un momento storico in cui non eri considerato à la page se non lo avevi letto, anche se non lo capivi. Ora, nel 2024, lo si può leggere senza il paraocchi dell’intellettuale impegnato.
L’autore ceco, oltre che per L’insostenibile leggerezza dell’essere universalmente noto, scrisse altre opere tra cui Praga, poesia che scompare (Adelphi, 2024, trad. di Giorgio Pinotti), che racconta la fine di una cultura con una vocazione occidentale inglobata dalla prepotenza dell’invasione sovietica, il cui culmine è stato la Primavera di Praga nel 1968 in cui sono morte le illusioni di libertà del popolo ceco.
L’autore ceco racconta le origini della cultura del suo popolo partendo dal Medioevo e soprattutto dalla Riforma, vero spartiacque della modernità. Sul piano religioso i cechi erano diventati protestanti, ma le conseguenze della Guerra dei Trent’ann li faranno ridiventare forzatamente cattolici. I contraccolpi sulla cultura furono enormi: abolita la libertà di stampa e soffocata ogni forma di dissenso in una società più libera di quanto possiamo pensare.
Milan Kundera richiama l’attenzione sulle opere d’arte e su artisti che pur appartenendo a epoche anteriori mostrano, come l’Arcimboldo, ingegno e bizzarria.
Ingegno e bizzarria sono le caratteristiche dell’anima ceca e di Praga soprattutto, città cosmopolita e aperta alle influenze di ogni luogo. Oltre a questi elementi, è una città magica facente parte insieme a Torino e Lione al triangolo magico.
Kundera mette in rilievo il modo di scrivere di due autori apparentemente opposti ma accomunati dall’appartenenza etnica: Kafka e Hasek.
Uno è universalmente noto per le sue opere inquietanti, l’altro per una gustosa (e dimenticata) satira della guerra con Il buon soldato Sc’vèik. I personaggi di Kafka attendono un giudizio e, anche se accusati ingiustamente, ne condividono la gravità. Hasek vede nel soldato Sc’vèik un uomo del popolo considerato carne da macello e inconsapevole di esserlo, ma nello stesso tempo capace, prendendo alla lettera gli ordini che gli vengono rivolti, di dissacrare l’idea di nazione e di patria. Quello che fanno i generali è solo una farsa e il potere non può nulla contro la beffa. Cosa ne penserà in seguito il regime comunista? Male, ovviamente. Le opere di Kafka furono censurate e quelle di Hasek hanno avuto una circolazione limitata tanto che oggi sono quasi sconosciute.
Ma Kundera non si limita a glorificare gli scrittori. Praga è stata il centro di irradiazione di movimenti culturali che hanno cambiato la critica letteraria e la teoria del romanzo, come lo strutturalismo con il Circolo di Praga.
In cosa consiste il messaggio del Circolo di Praga? Che l’opera d’arte è una struttura e come tale non può essere piegata a fini ideologici. Fu un’importante presa di coscienza per impedire un uso manipolatorio delle opere d’arte, le quali possiedono una irriducibilità del testo che nessuna ideologia può piegare.
Con l’Unione Sovietica è morta la cultura ceca
come un foglio di carta da cui scompare la poesia
e l’Occidente è rimasto a guardare senza capire il genocidio di una piccola nazione contrapposta alle grandi. I piccoli non hanno la mania del controllo perché si rendono conto che gli uomini sono ridicoli nelle loro pretese di grandezza.
Kundera ha una vera passione per le parole tanto che critica ferocemente le traduzioni dei suoi libri che tradiscono il testo mentre la vera bellezza di una traduzione è la sua fedeltà all’originale. Crea pertanto una sorta di dizionario delle parole più usate e amate dallo scrittore con le loro definizioni. Ne deriva un divertente glossario che mette in rilievo la semantica delle parole, il loro valore fondamentale oltre la grammatica.
Le parole non sono immobili, il linguaggio riflette il pensiero, lo rende attivo e anche carico di significato. Su ogni parola ricama una serie di commenti che ne giustificano l’uso insistendo su alcune come “kitsh”, termine indicante l’arte di cattivo gusto che va oltre la pura estetica ma entra nel campo di un modo di pensare e di una civiltà. Ottantanove parole di un artista.
Un libro alla fine che racconta un autore e un modo di pensare.
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