Nell’ambito degli eventi per il mese di ottobre della Libreria Feltrinelli di Palermo, si è presentata nei giorni scorsi, insieme a Salvo Toscano, l’ultima fatica letteraria di Simonetta Agnello Horbny che conclude, almeno apparentemente, una trilogia che si è aperta con Caffè amaro, cui ha fatto seguito Piano nobile. L’ultimo romanzo, appena uscito per Feltrinelli, è Punto pieno.
Punto pieno: di cosa parla?
Una vera e propria lunga storia familiare, della durata di più di un secolo che racconta sostanzialmente le vicissitudini di una famiglia, ma al contempo le vicende di una città, la Palermo dove l’autrice ha vissuto la sua giovinezza e a cui è rimasta particolarmente legata. Ma è invero l’intera Sicilia il teatro d’azione insieme a Palermo delle storie di Simonetta Agnello Hornby, in un lungo periodo storico che per adesso si ferma al 1992.
In quest’ultimo libro vi sono un’infinità di spunti, ma ciò che spinge alla sua lettura è il grandissimo gusto nel farsi prendere per mano dalla scrittura e dalla narrazione dell’autrice. Un gusto della narrazione che si concretizza, come in altri suoi romanzi, nella narrazione multipla. Vi sono una pluralità di voci narranti, una storia raccontata a più voci da tante persone che a volte raccontano le stesse cose, sovrapponendosi, ma da punti di vista diversi.
Ma ognuno ha la propria storia e le proprie fragilità: questo è difatti un romanzo che parla soprattutto di fragilità degli esseri umani, delle varie imperfezioni che portano a sfilacciare l’esistenza. E quando la vita si sfilaccia, serve qualcuno che la rammendi, facendo un lavoro di ricamo, di fino; anche le vite più a brandelli si possono rimettere insieme, con quel ricamo, con quel rammendare che è fatto di quell’unica cosa che può sanare le ferite che è l’amore. E questo è un libro che trasuda di amore in tanti momenti e in maniera contagiosa, un racconto con molti personaggi, specie quelli femminili ben tracciati che sono un marchio di fabbrica dell’autrice. Ma vi sono personaggi maschili altrettanto e particolarmente godibili; non mancano poi i rapporti familiari, le relazioni tra uomo e donna, ma anche i rapporti tra fratelli, tra genitori e figli, tra suocera e nuora, quelli più piacevoli a leggersi, o ancora i rapporti tra nonni e nipoti. È un libro che parla di legami, una storia che inizia cinque anni addietro e che forse avrà ancora un seguito.
Una sorta di “saga” dice l’autrice, un genere da lei amato, in quanto si ha un ritorno alle origini del presente nei suoi fatti e nei suoi personaggi. Si è sempre quello che sono stati i nostri antenati e vi è poco di nuovo in ciascuno di noi. Si crede che in ognuno di noi vi sia qualcosa di nuovo ma in realtà non vi è. La famiglia la si porta sempre dietro.
Il ricamo
In questo libro vi è un gruppo di donne sagge, il gruppo di ricamo che poi dà il nome alle varie parti del libro. Vi è un circolo al femminile che nasce intorno a tre zie, tra figure al femminile che fanno da punto di riferimento per tutte le donne della famiglia e non solo. E parlando e rammendando si guariscono le ferite della famiglia il cui ruolo è sempre importante nei rapporti.
Parlando del ricamo e del cucito è una pratica che nella famiglia dell’autrice è sempre stata praticata; il ricamo è la sublimazione del cucito. È il cucito non necessario, quello piacevole all’occhio e che attrae; il “punto pieno” è quello preferito dall’autrice, perché copre i buchi come quelli provocati dalle tarme. E il buco lo si ricopre nei modi più diversi, con fiori e decorazioni in genere, come quello causato da strappi. Riparare un buco è come una sorta di sfida a non gettare nulla, una lotta contro lo spreco perché nulla va gettato. Nel punto pieno ecco che si si rammendano e si rimettono insieme anche gli strappi delle vite.
La sicilianità
Nel libro non mancano note dilettevoli dovute alla citazione di parole dialettali siciliane cha fanno parte del bagaglio culturale dell’autrice che, originaria dell’agrigentino, ha vissuto la sua giovinezza a Palermo. Pertanto vi sono parole che immergono ancor più il lettore in una realtà caratteristica e tipica di diverse zone della terra di Sicilia. Sostiene l’autrice che vi siano parole siciliane intraducibili e che si è voluto mantenere per significare il legame con la sua terra e i suoi conterranei.
Sono spaccati di sicilianità che rappresentano una terra nei suoi aspetti anche negativi come la criminalità di stampo mafioso, che è stata per parecchio tempo malauguratamente un tema dominante nella letteratura dell’isola.
Ma grazie a scrittori eccelsi, non ultima Simonetta Agnello Hornby, pare si sia usciti fuori finalmente da questo stereotipo culturale, con narrazioni di più ampio respiro.
Nell’incontro di presentazione è stato chiesto all’autrice quale romanzo, tra le saghe familiari, sia tra quelli preferiti e si è indicata la “Saga dei Forsyte” di John Galsworthy come pure l’Iliade e l’Odissea, da considerare anche delle saghe familiari. Tra i classici, il libro che preferisco, dice l’autrice, è la La storia di Genji di Shikibu Murasaki, scritto nel 1100 da una donna, figlia di un cortigiano di un imperatore giapponese, una storia affascinante che fa cambiare la visione del mondo e che è ritenuto il primo romanzo nella storia della letteratura.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Presentazione di “Punto pieno”, l’ultimo libro di Simonetta Agnello Hornby
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