Felice Laudadio si è occupato su Sololibri della recensione di numerosi libri e saggi storici sulla Prima Guerra Mondiale. Ecco un Suo articolo di approfondimento in cui racchiude una carrellata dei migliori libri da leggere sulla Prima Guerra Mondiale, dalle testimionanze ai saggi storici che ricostruiscono i dettagli delle battaglie.
La condotta umana, la sofferenza, il sacrificio, la tenuta e il crollo di milioni di giovani al fronte e di un Paese intero, a casa. Se la guerra 1915-1918 è stata una grande prova per l’Italia, a maggior ragione lo è stata per gli italiani. Nel Centenario dell’evento, si moltiplica una quantità di libri sulla Prima Guerra Mondiale, specie di contenuto diaristico e saggistico. Negli ultimi anni, infatti, più delle descrizioni di battaglie e strategie interessa il punto di vista dei singoli, la loro esperienza, il modo di affrontarla.
Primo e fondamentale testo per entrare in modo crudo nel cratere del conflitto è fuori di dubbio l’impietoso “Gente di trincea. La Grande Guerra sul Carso e sull’Isonzo” (Mursia 2009) dello storico triestino Lucio Fabi. Suo anche “Soldati d’Italia” (prima edizione Mursia 2014). L’autore è capace in poche battute di fare entrare letteralmente in trincea, accanto ai fanti, a poche decine di metri dal nemico. Sembra di avvertire il tanfo degli esplosivi, degli escrementi, dell’umanità mal lavata costretta a rintanarsi in terra.
Sul Carso il nemico è a 100, 200 passi, in certi tratti a 40-50 e in uno addirittura a 3 passi. Lo leggiamo ne “L’11ndicesima battaglia. Sulle tracce di un soldato cuneese caduto sulla Bainsizza” di Gerardo Unia (edizioni Nerosubianco, Cuneo, 2014). La vita del combattente, pensieri, stati d’animo, paure. Per chi alza la testa è la morte. Di giorno, si è costretti a restare sempre sdraiati, l’artiglieria rovescia la terra intorno e fa grandinare addosso schegge, sassi e pezzi di cadaveri in decomposizione. Le trincee sono infestate da grossi topi tenacissimi. Il nemico a tre passi: scrive un soldato austriaco. Le sofferenze dei nostri, uguali alle loro. Un’esperienza comune, di massa, che ricorre in tutte le memorie, specie dei fanti meno colti, testimonianze tanto simili da risultare interscambiabili, come sottolinea il giornalista Nicola Maranesi, coordinatore del progetto sulla Grande Guerra dell’Archivio Diaristico Nazionale di Pieve Santo Stefano, nel saggio “Avanti sempre” (edito da il Mulino, nel 2014).
È utile andare a scoprire i diari di guerra. Quello del giovanissimo sottotenente romagnolo Aurelio Baruzzi, medaglia d’oro sul campo perché “liberatore” di una città redenta è proposta in due volumi, “Quel giorno a Gorizia”, pubblicati il primo nel 1999, il secondo nel 2002 da Gaspari Editore (il raro successo sull’Isonzo dell’agosto 1916, che non venne adeguatamente sfruttato, è ricostruito dal generale Giorgio Seccia in “Gorizia 1916”, saggio edito da Itinera Progetti di Bassano nel 2015).
“La prima guerra mondiale" di Pio Rossi, parigrado e conterraneo del diciannovenne lughese (edizioni Biblioteca dell’Immagine, 2015), deriva dagli appunti sul notes e dai bei disegni di un altro ufficialetto di Forlì. Fosse dipeso da lui, non si sarebbe mai ritirato da Caporetto.
Quanti ragazzini coraggiosi sotto le armi, con una stelletta sulla manica! Anche Ermes Aurelio Rosa aveva un coraggio da leone (“Arditi sul Grappa”, Itinera Progetti, 2003), come Enrico Morali (“In guerra con i Lupi di Toscana” (Itinera Progetti, 2010). Non tutti però condividevano le loro motivazioni. Il sergente di fanteria Luciano De Simoni, classe 1986, era stato richiamato a combattere una guerra in cui non credeva. Il suo punto di vista si legge in “Porca guerra benedetta pace” (Stampalternativa 2014). C’erano la ventina di “Eroi e poveri diavoli della Grande Guerra”, personaggi veri, noti o meno noti, rievocati dal giornalista Paolo Brogi nel volume edito da Imprimatur (2014). Non mancavano militari “normali”, né esaltati né depressi: Egidio Canepari, dalla provincia di Pavia, classe 1893, era di leva nella primavera 1915. Di colpo, licenze annullate, congedi sospesi, per lo scoramento dei “nonni” del ’92. È la prima nota di colore delle memorie, in “Diario di un fante. La Grande Guerra dei semplici e dei coraggiosi” (Mursia, 2014). C’erano tanti meridionali, come il diciottenne di Sant’Agata di Puglia stupefatto dalla bellezza delle Dolomiti nel romanzo “Il piccolo eroe della Grande Guerra” di Toni Marchitelli (per le edizioni Newton Compton, 2015) e ci sono stati anche i traditi, il cui coraggio non è stato riconosciuto, i combattenti della brigata Belluno coinvolta nel disastro di Caporetto nonostante una strenua difesa (“Le voci dei vinti”, edito da Nerosubianco nel 2014, a firma del ricercatore cuneese Gerardo Unia).
I dimenticati sono anche i civili, tanto più che “Ne uccise più la fame”, si legge nel volume di Francesco Jori, pubblicato dalle edizioni Biblioteca dell’Immagine di Pordenone (2014). Soccombere, in quel conflitto, era dopotutto un fatto ordinario: “Morire nella Grande Guerra” è un titolo Prospettiva Editrice (2012) dello storico torinese Andrea Rebora. E c’erano le donne, il cui contributo è ben approfondito in un’antologia dell’Associazione Controparola, per la parità di genere: “Donne nella Grande Guerra” (il Mulino, 2014). Per uno sguardo dall’altra parte del fronte, non si può fare a meno di verificare l’obiettivo punto di vista di un avversario cavalleresco, l’ufficiale di artiglieria Fritz Weber, autore di un trittico d’eccellenza, per i tipi Mursia: “Tappe della disfatta” (ultima ristampa nel 2004), “Dal Monte Nero a Caporetto. Le dodici battaglie dell’Isonzo 1915-1917” (2006) e “Guerra sulle Alpi 1915-1917” (1995). Di tutt’altro tono, il parere del generale Alfred Krauss, ingeneroso nei confronti degli italiani nel suo “Le cause della nostra disfatta” (Itinera Progetti, 2014). Per concludere, uno sguardo al tenerissimo “Una rosa in trincea” (Paoline, 2014), la storia di due innamorati – il ragazzo va al fronte sostituendosi al fratello maggiore - raccontato da Annamaria Piccione e illustrata da Roberto Lauciello. In “Sarò io la tua Fortuna” (Giunti, 2015) Loredana Frescura e Marco Tomatis hanno il cuore di rendere protagonisti due straordinari adolescenti, Rigo e Fortuna.
Merita infine una citazione lo humour intelligente e non dissacrante di due che la grande prova l’hanno affrontata con onore: il giornalista e scrittore Paolo Monelli (1891-1984) e il vignettista satirico “Beppo” Novelli, (1897-1988), “La guerra è bella ma è scomoda”, un album apparso nel 1929 e riedito da il Mulino nel 2015.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Prima Guerra Mondiale: i migliori libri da leggere
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“Un anno sull’altipiano” di Emilio Lussu
«L’ironia che mi viene attribuita come caratteristica dei miei scritti non è mia, ma sarda. E’ sarda atavicamente». La nostra sardonica ironia sembra «disarmata ma ferisce» e «fa del sarcasmo la nostra naturale impronta», ha scritto ancora Lussu ribadendone l’atavica sardità”.
“Il lettore non troverà, in questo libro, né il romanzo, né la storia. Sono ricordi personali, riordinati alla meglio e limitati ad un anno, fra i quattro di guerra ai quali ho preso parte. Io non ho raccontato che quello che ho visto e mi ha maggiormente colpito. Non alla fantasia ho fatto appello, ma alla mia memoria; e i miei compagni d’arme, anche attraverso qualche nome trasformato, riconosceranno facilmente uomini e fatti. lo mi sono spogliato anche della mia esperienza successiva e ho rievocato la guerra così come noi l’abbiamo realmente vissuta, con le idee e i sentimenti d’allora. Non si tratta quindi di un lavoro a tesi: esso vuole essere solo una testimonianza italiana della grande guerra”.
Non esistono, in Italia, come in Francia, in Germania o in Inghilterra, libri sulla guerra. E anche questo non sarebbe stato mai scritto, senza un periodo di riposo forzato. Clavadel-Davos, aprile 1937.