Primavera senza sole
- Autore: Maria Messina
- Genere: Romanzi d’amore
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2017
“Primavera senza sole” (2017, introduzione e cura di Salvatore Asaro) di Maria Messina (Palermo, 14 marzo 1887 - Pistoia, 19 gennaio 1944), pubblicato a puntate su L’Orma di Napoli nel 1920 e ristampato più volte dalla casa editrice Giannini di Napoli, viene ora rieditato dalle Edizioni Croce.
Con questo volume, impreziosito dalla copertina che raffigura un particolare del dipinto Etude Tete De Jeune Fille (1898) di William Adolphe Bouguereau, la casa editrice romana prosegue, dopo “Alla deriva” (2017) e “Le pause della vita” (2017), la pubblicazione dei volumi della sensibile autrice, scomparsa a 57 anni per una crudele malattia.
La scrittrice nacque a Palermo il 14 Marzo 1887. Nel 1903, con la famiglia, Maria si trasferì a Mistretta (Messina) dimorandovi fino al 1909, anno in cui, all’età di ventidue anni, iniziò una fitta corrispondenza con Giovanni Verga, e tra il 1909 e il 1921, pubblicò una serie di racconti. In seguito dimorò in diverse regioni d’Italia. Morì a Pistoia nel gennaio del 1944, ma rimase sempre attaccata alla sua terra d’origine, la Sicilia.
La voce di Maria Messina aveva un peso notevole all’interno delle redazioni editoriali e giornalistiche, il suo nome era noto ai più importanti critici e scrittori. Ricordiamo inoltre che Messina fu riscoperta da Leonardo Sciascia negli anni Ottanta. Complessivamente la scrittrice produsse diverse raccolte di novelle, cinque romanzi e una selezione di letture per bambini, che le diedero un notevole prestigio, “Primavera senza sole” assente da anni dal mercato editoriale, viene considerato un testo fondamentale all’interno degli studi accademici per gli studiosi di letteratura italiana di tutto il mondo. Nell’introduzione al romanzo, Asaro, che cura il progetto di recupero delle opere di Maria Messina, sottolinea che
“volontà principale della scrittrice palermitana è quella di dare voce ai personaggi ripresi dalla periferia umana e di denunciare le loro condizioni precarie, le ristrettezze economiche e, ancor più, i soprusi e le ingiustizie”.
Nel fare ciò è naturale che l’autrice si rifaccia a Verga, in particolare alle novelle e al ciclo dei vinti, e “più tardi, e in forme e modalità diverse, a Luigi Pirandello”.
“Un’estate dopo l’altra, un inverno dopo l’altro e ci ritroviamo sempre allo stesso posto, con gli stessi cenci. Alla fine d’ogni stagione si chiude la roba nelle casse, pensando di farci un capo di vestiario nuovo, al principio della stagione seguente… e poi…”.
Il sole si affacciava raramente nel “baglio” [2], dove si consumava la vita grama di Orsola Armenis. Giovane mite e romantica, studentessa delle Scuole Normali, la ragazza era prossima a ottenere la sospirata “patente” che presto le avrebbe permesso di insegnare ai bambini delle elementari. Gli Armenis, famiglia un tempo benestante a poco a poco avevano dovuto attingere ai risparmi per permettere ai figli di studiare, in particolare a Felicino, l’unico figlio maschio che viene mandato a Messina, all’università. Per questo motivo Orsola è costretta a dare ripetizioni per contribuire ai bisogni della famiglia. In questo ambiente claustrofobico, il destino di Orsola Armenis è segnato. Presto la giovane avrebbe scoperto a sue spese che la vita è totalmente diversa dai romanzi letti da ragazzina. La realtà quotidiana è un’altra. Anche per questo forse è più rassicurante osservare il mondo da dietro una finestra, come prima di Orsola aveva fatto sua madre Santa.
“Comincia il tempo dei mal vestiti…, sospirò donna Santa, chiudendo l’uscio a vetri che dava nel baglio. Orsola chinò la testa. S’era accostata al braciere, in sottana e sottovita, per riparare uno strappo nella camicetta che le serviva per andare a scuola. Era ancora spettinata, e il suo viso lungo, di già un po’ appassito, pareva più pallido del solito”.
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