Un incontro all’Agorà del Museo Salinas di Palermo, organizzato il 23 novembre scorso dalla redazione di “Repubblica Palermo” per discutere sul successo clamoroso, un vero caso letterario quale è il libro di Stefania Auci I Leoni di Sicilia che ricostruisce in maniera romanzata l’epopea della famiglia Florio. La saga di una famiglia i cui esponenti diedero lustro alla Sicilia specie nello sviluppo economico e sociale dando un’immagine positiva a una terra sovente malamente etichettata.
Nell’incontro si è ragionato sulle cause di un successo di vendite (oltre 200.000 copie) sotto diversi aspetti, discutendo sul genere letterario scelto e sulla suggestione che le saghe familiari suscitano ed esercitano sul lettore.
Pietrangelo Buttafuoco ha scritto:
“Preso dalla lettura ho perso l’aereo. Pur essendo seduto davanti al Gate, non riuscivo a staccarmi dalle pagine. In un certo senso quel volo perso è la mia recensione”.
In gran parte il romanzo della Auci ha avuto un grande consenso, oltre che per il gran numero di lettori, anche per la critica e non vi è stato mai un giudizio davvero negativo sul testo.
La motivazione del successo del libro della Auci va ricercata nel giusto equilibrio tra romanzo, storia e vicende personali. Il punto di forza è il linguaggio e il lessico adoperato, un linguaggio semplice che arriva a tutti e che dimostra capacità, competenza e bravura. La critica mossa al romanzo della Auci, di un linguaggio considerato molto semplice, non appare un aspetto negativo da stigmatizzare. La scelta del periodo breve o della paratassi è voluta in quanto oggigiorno ci si rifà all’esperienza dei grandi autori americani che usano abbondantemente questi stilemi che l’autrice ha assorbito per osmosi da forte lettrice qual è di tutti i generi. Un elemento poi da considerare è l’uso quasi ossessivo del presente storico che crea un maggiore coinvolgimento emotivo nel lettore.
Il successo del libro inizia dalla scelta oculata della casa editrice Nord che ha deciso di puntare su un genere letterario, quello della saga familiare, che altre rinomate case editrici avevano ritenuto superato o poco produttivo economicamente. Dei Florio l’unica persona conosciuta ai più era Donna Franca, ma l’interesse per la saga è venuto non tanto per la vicenda familiare quanto per il modo in cui questa è stata scritta. L’aspetto romanzato che Stefania Auci ha saputo mettere nei personaggi fa la differenza rispetto ad altre ricostruzioni. L’autrice ha saputo coniugare in un’abile miscela, un mix assolutamente equilibrato tra aspetto storico e aspetto romanzato. È un successo che si realizza con strumenti nuovi che non sono quelli di un’operazione commerciale mirata, ma quelli del passaparola che ha messo in crisi le consuete strategie di vendita. Torna alla mente la quadrilogia di Elena Ferrante con due personaggi che vanno spostandosi nel tempo con una serialità, ma ha giocato un ruolo non marginale la fascinazione che per molti ha la Sicilia.
Il successo di vendite di un libro non ne certifica certo la qualità letteraria, ma in questo caso qualità e successo si coniugano perfettamente, pur prendendo atto di qualche critica di superficie, spesso immotivata in ragione della natura del genere letterario, che è quella non del saggio storico, ma del romanzo che lascia allo scrittore una libertà di espressione significativa.
Vi è un momento in cui la narrazione travalica il rigore storico per il fatto che ci si trova in un romanzo, come chiaramente esplicitato in copertina. Sussiste una libertà dell’autore nel realizzare una verosimiglianza della storia e del modo in cui la racconta. Se si andasse a tradire il carattere della storia e delle persone, sarebbe allora il caso di un falso storico, ma in questo caso si è creato un impianto che si incardina su dati ed elementi storici e testuali certi. Lo scrittore nella sua libertà narrativa scrive un romanzo non un saggio storico e alcune critiche sono frutto di questa confusione di catalogazione. Il registro linguistico della narrativa è totalmente diverso da quello della saggistica e quella storica in particolare ha un registro “alto”, molto più pulito e rigoroso perché utilizza termini tecnici e ancor più quella italiana rispetto ad esempio a quella anglosassone. Testi di storia militare come quella dei conflitti mondiali scritti da storici inglesi sono di molto più facile lettura rispetto a saggi di storici italiani. La letteratura non è né buona né cattiva, è quella che resta dal passato e che rimane nella memoria.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Processo al caso letterario dell’anno: l’incontro a Palermo con Stefania Auci
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