Quando c’erano i comunisti. I cento anni del Pci tra cronaca e storia
- Autore: Mario Pendinelli e Marcello Sorgi
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Marsilio
- Anno di pubblicazione: 2020
Il Partito Comunista Italiano è morto senza tonfi clamorosi, è morto piuttosto per eutanasia. Aveva da poco passati i settanta, e niente, in apparenza, lasciava intravedere una fine improvvisa. Molto semplicemente è accaduto questo: prima della "svolta" della Bolognina (1991) c’era, e subito dopo non c’era più. A seguito del frastorno seguito alla caduta del Muro di Berlino, il Partito Comunista più grande d’Europa si è dissolto ex abrupto, per esclusiva quanto improvvida volontà sua. Sarà da passatista ma continuo a interrogarmi sul perché. Come mai un partito che a più riprese aveva politicamente strappato con la casa madre URSS pensa bene (anzi male, malissimo) di imitarne pedissequamente l’harakiri? Ho cercato risposte nel recente saggio-inchiesta firmato da Mario Pendinelli e Marcello Sorgi Quando c’erano i comunisti. I cento anni del Pci tra cronaca e storia (Marsilio, 2020): non ne ho trovate, e certo non per demeriti del libro. Il fatto è che la cronistoria politico-sociale del partito che si rileva dalle pagine di Quando c’erano i comunisti rafforza, sotto molti aspetti, il mio brancolare nel buio delle ragioni possibili. Senza contare che sui perché di questa morte non annunciata del Pci, si interrogano a loro volta, i due autori. A pagina 221, per esempio:
“I due comunismi, quello sovietico e quello italiano, muoiono insieme nel 1991, anche se non c’è alcuna ragione perché questo accada nello stesso momento, visto che il Pci ha dedicato tutto se stesso a separarsi dall’ingombrante parentela con Mosca. Né c’è motivo che avvenga a due anni dall’evento che ha scosso effettivamente il loro mondo: la caduta del Muro di Berlino, il 9 novembre 1989”.
Pure se tra lacrimoni e lacrimucce, Achille Occhetto, suicida il Pci e inaugura di fatto l’evo degli stemmi bucolici (ulivi, margherite, querce, e quant’altro) e dei movimentini senza ideologia (per tacere sulle idee). Finiti per sempre e quasi in un soffio
“La falce e il martello. La bandiera rossa. Il fazzoletto rosso. La Piazza Rossa. L’Armata Rossa. Il mito di Lenin. […]. La Rivoluzione d’Ottobre. […] Che Guevara. Salvador Allende. La classe operaia. Gli operai. Gli studenti. ‘Studenti e operai uniti nella lotta’. Le canzoni di lotta e quelle degli Intillimani. […] La Resistenza. Il Primo maggio”. (pag. 15)
A un secolo dalla storica scissione di Livorno (1921), e a quasi trent’anni dalla mesta fine del Pci (1991), Quando c’erano i comunisti riavvolge insomma il nastro non agiografico (anzi, tutt’altro) del suo corso (breve? lungo? significativo e articolato senza dubbio): un po’ galleria di ritratti pubblici e privati dei padri della patria marxista-leninista (Gramsci, Togliatti, Longo, Berlinguer), un po’ compendio dei luoghi, della storia e della cronaca nodale del Pci, un po’ reportage storico-antropologico dagli anni Venti ai nostri giorni. Con una lunga e acuta intervista a Umberto Terracini, memoria storica della parabola del Gran Partito (con Gramsci, Togliatti e Tasca, Terracini ha fatto parte degli scissionisti di Livorno) che occupa l’intera ultima parte del volume (pagg. 271-374).
Le parole che chiudono questa segnalazione sono sue, e sono una a una, da mandare a memoria:
“È troppo comodo, o troppo facile, dichiararsi oggi insoddisfatti, o oppositori, di quel socialismo che è stato realizzato con risultati tanto deludenti in molti paesi. Può essere già una buona partenza dire che non dobbiamo fare così. Ma si deve pur riuscire a definire in termini precisi e operativi un concetto di socialismo che non sia neppure la riproposizione del modello socialdemocratico. La crisi stessa del mondo contemporaneo, la caduta di tante speranze, la comparsa di tanti problemi imprevisti,. Sollecitano uno sforzo, una immaginazione diversa. Ed è dinanzi alla necessità di studiare, per meglio comprendere e scegliere il modo di costruire, che si ritrovano oggi non tanto gli anziani, […] ma i giovani, ai quali spetta di scrivere le pagine nuove della storia intitolate al socialismo”.
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La fine del PCI ha determinato certamente L involgarimento della società italiana