Quando la CIA rapì Moro
- Autore: Amedeo Lanucara
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2023
Attenzione: tutto quello che leggerete in questa recensione non è vero. O forse lo è. In via Fani non agirono le Brigate Rosse. Nella Fiat 132 tamponata, Aldo Moro non c’era. Tutto potrebbe essere falso - tranne che il presidente DC è sparito e ch’è morto - oppure potrebbe essere andata invece come racconta Amedeo Lanucara in Quando la CIA rapì Moro, volume pubblicato nel mese di aprile da Fefè Editore, collana Il pelo nell’uovo/Svegli & Risvegli, 468 pagine).
Noir fantapolitico ma non troppo: in copertina annuncia che vi si narra di un’operazione di professionisti internazionali in cui le Brigate Rosse sono state:
Comparse a caccia di soldi e il Governo ha fatto da palo con ricerche-farsa
Un esercizio di stile giornalistico-narrativo e storico-politico elaborato, stringente, avvolgente, di un autore ottantenne, di origine pugliese, nativo murgiano, che ha lavorato tra Milano e a Roma e risiede sul lago di Bracciano. Amedeo Lanucara si definisce giornalista di lungo corso, grande viaggiatore, esperto del vicino Oriente.
È stato capo-servizio e inviato per i quotidiani il Globo di Ghirelli e Pirani, Il Sole-24 Ore, Avvenire e i settimanali ex-Rusconi, free-lance nella Rai tv, direttore di periodici istituzionali e La Voce del Cittadino. Nel 2017 ha firmato per Fefè Editore Belzebù Pezzént.
Le uniche certezze, dunque, sono il calvario e la morte di Moro, insiste nel report sull’affaire premesso al suo testo. Un’introduzione che propone il primo scampolo di noir apparentemente fantasioso: “metti che” a far fuori la moglie di Curcio, Mara Cagol, sia stata la nuova dirigenza BR “targata Morucci”, “primo ’regalino’ ai nostri Servizi”, che condurrà al “regalone” Moro tre anni dopo. Un po’ come “lo scalpo” di Salvatore Giuliano concesso dalla Mafia ad uno Stato allo sbando. “Un’enormità questa ipotesi? Un parto di fantasia?... Chi può dirlo con certezza?”.
Quell’avvicinamento tra la Democrazia Cristiana e il PCI non s’aveva da fare. Disco rosso in Italia all’apertura alla falce e martello. Nessuna collaborazione con il più forte partito comunista in Occidente. Il compromesso storico con cui Moro voleva attrarre nell’area di governo i rossi pacificati era sgradito tanto a Stati Uniti e NATO, per ovvie ragioni politiche, quanto all’Unione Sovietica, convinta che lo sbiadirsi del comunismo di Berlinguer costituisse un’eresia pericolosa capace di contagiare i Paesi del Patto di Varsavia.
Per tutti, Moro andava fermato a tutti i costi, facendo ricadere le colpe addosso a “cattivi” perfetti come le BR, “acquiescenti” (ribadisce Lanucara) e ampiamente infiltrate dai Servizi, come tutti i movimenti extraparlamentari di sinistra.
Questo per il “prima” del sequestro e se vogliamo per il “dopo”, l’esito finale, l’omicidio, la soppressione (termine greve ma oggettivamente efficace) del politico ormai eversivo degli equilibri tra Occidente e mondo sovietico.
Ma sul “come” e sul “durante”, i dubbi di Amedeo Lanucara sono tanti e giustificati, va detto. Se le BR avevano per loro stessa ammissione una preparazione militare insufficiente e maneggiavano solo pistole, chi ha realizzato l’agguato in via Fani, con largo uso di armi a ripetizione? Com’è stato possibile evitare che Moro fosse colpito involontariamente dai proiettili (almeno 91, di quattro mitragliette) esplosi dagli aggressori per eliminare i cinque uomini di scorta? Siamo al limite ed oltre dell’impossibilità tecnica di non ferirlo. Le risposte di Amedeo: l’obiettivo del sequestro non era nell’auto.
Lo statista DC non è mai arrivato all’incrocio fatale. Era stato prelevato prima. Il commando che sparò in Via Fani non poteva che essere un team militare di altissima professionalità, tra i cinque bersagli il capo-scorta Leonardi era stato istruttore alla Scuola sabotatori paracadutisti e l’autista Ricci non scherzava.
Lanucara ha diviso il libro in due parti. Nella prima, un ampio reportage nel quale riassume i termini della vicenda, soffermandosi sulle tante voci fuori dal coro, che si allontanano dalla linea ufficiale, quella del poco attendibile Memoriale Morucci, sempre molto legato alla sua versione, scritta “forse” d’intesa con il nemico, pezzi deviati dell’apparato.
Il noir fantapolitico è in pratica venuto da sé, di conseguenza. Costituisce la seconda parte del lavoro e rispetta una logica narrativa che l’autore si è sforzato di mantenere il più possibile aderente alla realtà. Le sue verità non sono incontrovertibili, non sono un “Vangelo”. Non le blinda. Si augura, anzi, “nuove, auspicabili acquisizioni”.
Per finire, torniamo all’inizio, anche per non scivolare in qualche rivelazione non intenzionale, sempre a rischio quando si parla di un noir. Prendiamo la prefazione, in cui giustifica il titolo del libro, riconoscendo che a qualcuno potrebbe sembrare “esagerato o provocatorio”. Esprime un concetto che implica un secondo: la Cia prelevò Moro prima della strage. Lanucara sostiene che lo si possa ricavare dalle lettere dalla prigione “brigatista”, oltre che dall’analisi logica dei fatti e dalla storia “furfantella” del Paese, piena di menzogne e depistaggi.
L’autore fa pesare il silenzio nei 55 giorni di prigionia degli “Ermeneuti”, decodificatori solerti sempre pronti negli anni precedenti a interpretare la prosa contorta del politico pugliese, maestro nel dissimulare il pensiero, nell’infilare frasi apparentemente a caso in discorsi involuti. È come se si fossero tolti di mezzo, lasciando il campo a una falange di “Psicologi”, che lo dichiaravano pazzo, quando al contrario usava al meglio le sue facoltà mentali, impostando contro tutti una “trattativa fantasma”, che per poco non lo salvò. La linea della pazzia derivava probabilmente da ordini superiori, parola di noir fantapolitico.
Quando la CIA rapì Moro. Noir fantapolitico ma non troppo in cui si narra di un’operazione di professionisti internazionali in cui le BR furon ... e il Governo fece da palo con ricerche-farsa
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Se la tesi secondo cui Moro fosse stato prelevato prima perché infierire sulla scorta? Non tornano alcuni passaggi. Che ci sia la complicità della Cia, tuttavia è fuori dubbio.
Il punto non è che motivo c’era di infierire sulla scorta se non c’era Moro. Comunque, per dimostrare che rapimento c’era stato, soprattutto in sua assenza, non dovevano rimanere in vita testimoni. Il punto è un altro: se Moro era già stato rapito prima del presunto finto attacco delle BR, perché la scorta di un Moro già rapito (dalla CIA?) avrebbe dovuto essere in giro per Roma?
Vorrei sapere se è prevista una presentazione del libro in Roma. Se sì, quando?
È semplice rispondere: non lasciare testimoni. Che On.Aldo Moro fosse stato" prelevato" prima dell’aguato di via Fani , parola usata del resto dallo stesso Presidente nelle sue lettere, è una ipotesi già fatta e che trova risposta nella dinamica della " esecuzione " della scorta. L’ auto in cui dovrebbe esserci Aldo Moro non tampona la 128 bianca che la precede ma la segue e infine frena senza tamponarla , come se la prima fosse un auto civetta . La sua inaspettata frenata coglie di sorpresa sia il maresciallo Leonardi,
esperto tiratore, che viene freddato immediatamente con un colpo alla tempia destra, cioè dal lato opposto di collocazione dei brigatisti rossi, sia il guidatore l’appuntato Ricci che viene colpito con precisione millimetrica.Poi si scatena l’inferno gli altri uomini della scorta muoiono crivellati da centinaia di colpi di obsolete mitragliatrici che si inceppano più volte, come confermano i brigatisti
stessi, senza colpire o ferire lo statista pugliese. Ancora, l’On. Moro non presenta sulla camicia su i vestiti o sul cappotto una sola goccia di sangue proveniente da quella mattanza. Come mai? Forse o sicuramente non era in quell’auto Non sviene non è prostrato da quel evento eccezionale, Moro ha circa sessanta anni ed se non è cardiopatico è sicuramente iperteso, eppure riesce a rimanere in piedi e a seguire ,sebbene sorretto .i suoi rapitori, come hanno descritto i testimoni. Con il cuore impazzito
per i battiti, la pressione ai massimi
dei valori, l’adrenalina che scorre come un fiume in piena Aldo Moro
segue con i suoi passi e in piedi i suoi sequestratori. Sembra difficile, molto difficile da credere. Per questo e per tanto altro, spiegato in numerosi libri di indagine e non solo, la scorta doveva essere eliminata. Non ci dovevano essere testimoni per raccontare cosa fosse accaduto realmente ed infatti tutti i 5 uomini della scorta ricevono ad uno a uno il loro colpo di grazia. Anche se da approssimativi terroristi ,che in quei momenti con le vittime ormai inermi, riescono a sbagliare. Per fortuna la seconda commissione di inchiesta Moro sta cercando finalmente di illuminare ancora flebilmente ,purtroppo, le tante ombre presenti nell’affaire Moro .
Nelle lettere Moro non accennò mai ai morti della scorta: stranissimo, impossibile non scrivere due parole per chi è morto per te. Alcuni vivevano con lui e la moglie da anni!!
Prima di partire in auto con la scorta arrivò Qualcuno che lo fece salire sulla nuova auto per "proteggerlo" perché radio radicale alle otto di mattina aveva detto che Moro era stato rapito.
Nessuno della scorta si oppose o lo seguì perché Qualcuno era il loro capo.
Senza Moro la scorta ripose i mitra nei bagagliaio e ripose le pistole.
La scorta andava eliminata perché non dicesse il nome di Qualcuno.
Le BR, pure comparse, indossavano una tuta per essere riconoscibili da chi sparava e non essere colpite.
Controllate i voli privati: chi arrivò il giorno prima e ripartì subito dopo?
Chi uccide una squadra di poliziotti in un minuto senza lasciare feriti poi deve sparare, sparare e dopo mezz’ora sparare ancora a Moro per ucciderlo?
O i brigatisti sparavano malissimo perché non avevano munizioni, armi e poligoni per addestrarsi.
Io la vedo così da allora.
E Lanucara cosa sostiene?
galileo
Pochi mesi prima del rapimento Moro si recò a Washington e fu minacciato da Kissinger. I cosidetti brigatisti erano dei peracottari che non erano in grado di preparare nemmeno un agguato a bobosettete, un po’ come la storia del pecoraro Riina che fa saltare trecento metri d’autostrada. Insomma l’’Italia è un paese sudamericano e se non bastasse virtuale.
Pare che Moro fosse stato portato via pacificamente quando era in Chiesa.
Ovvio che per convincerlo serviva una figura conosciuta.
La scorta proseguì per depistare eventuali inseguitori, solo che quei poveretti non sapevano che l’auto civetta che dovevano seguire...aveva il compito di portarli sul luogo della loro esecuzione!
Non si sarebbero MAI comportati in quel modo se ci fosse stato Moro a bordo, è palese.
Triplo gioco, condotto dai soliti.
Ne parlò Vinciguerra tanti anni fa.
https://web.archive.org/web/20201021221216/https://ivoltidigiano.blog/2019/05/07/doveva-morire/
Qualcosa non torna. Se Moro in via Fani non c’ era non aveva senso ingaggiare un team di killers altamente specializzati per eliminare la scorta. Sarebbe bastata una bomba comandata a distanza. L’ ipotesi più plausibile è che Moro ci fosse e che i killers (tutti di altissimo livello) abbiano fatto il lavoro a regola d’ arte. Poi a Morucci e Moretti hanno lasciato solo il compito di prelevare Moro e trasportarlo nel luogo del sequestro.
Se Moro è stato prelevato prima, ciò è necessariamente avvenuto in presenza della scorta, che poi sarebbe stata invitata a proseguire come se Moro fosse a bordo. Lo avrebbero prelevato agenti e persone note a Leonardi e agli altri, di assoluta fiducia, con la giustificazione di una migliore protezione da eventuali attentati nel tragitto verso la Camera. La scorta doveva essere eliminata, erano testimoni.