Questo spentoevo
- Autore: Gianfranco Lauretano
- Categoria: Poesia
- Casa editrice: Graphe.it edizioni
- Anno di pubblicazione: 2024
Non c’è nella poesia di Gianfranco Lauretano una parte ludica, è pur sempre un poeta che riesce a cogliere i segni della nostra epoca tormentata, ma non è nemmeno così concentrato su sé stesso da non cogliere in questa silloge un omaggio a Giorgio Caproni, che a sua volta era stato influenzato da Ungaretti.
Se la poesia è quella capacità di dare sostanza e vita oltre alle persone, alle cose, agli oggetti, ai moti dell’animo; i nostri autori sono iscritti in un grandissimo girotondo letterario.
Tra loro anche Giacomo Leopardi che legittima la poesia contemporanea, perché non c’è nichilismo che non tenga conto di lui, o della noia e l’insensatezza del vivere e ancora non si profila all’orizzonte uno come Leopardi, forse perché davvero ce ne basta uno.
Lauretano inserisce nell’introduzione quattro versi di Caproni:
Ahi mia voce, mia voce. / Occlusa. Rinserrata. / Anche se per legame / musaico armonizzata.
Già dalla prima poesia ci sono tutti gli attrezzi del mestiere dell’immarcescibile bisogno di avere qualcuno al nostro fianco già sin da bambini: la madre:
Il titolo è Togliti dalla lontananza:
Togliti dalla lontananza / vieni, entra nella stanza./ Fallo tu perché i muscoli
non rispondono, non riesco/ a dare ordini e non ho più / ricordi di bellezza. Vieni / in virtù di queste braccia / tese, come una brezza / fanne ali stese, madre / mia ti supplico col residuo / di energia disperdi la paralisi / che mi strazia e tienimi in quel grembo pieno di grazia.
L’autore, nella poesia che segue questa, conferma che non ha scritto altro che di amore, per non vedere troppo le guerre del mondo, e perché l’amore si basta da solo. Non ha doppi fini e una doppia morale, tutto ciò che amiamo, ma non è sufficiente, non ci basta. Cosa c’entra l’amore con la volontà di possesso, il danaro, il potere in ogni sua forma? Un poeta può solo farfugliare il suo malessere, per pochi lettori.
Ma Leopardi lo hanno letto - quasi tutti - e non è vero che il pianeta Terra sarà in pericolo a breve, lo è già.
Lauretano sembra quasi dire che parlare per banalità non fa per lui, e se il suo potere risiede nella forma, ecco che si ritrova su rime baciate, ossimori, figure retoriche e enjambement.
Però i titoli dei versi devono farsi ricordare, come nel caso di Dio non c’è, di cui scriviamo solo il decasillabo:
Dio non c’è, sta lavorando / se n’è andato dove ,/ per crederlo non chiedono / le prove. Dio non c’è / perché non è richiesto / si è spostato, non è / maleducato e non risponde / per forza, non impone / il suo stato a chi non fa un gesto / che non sia domandato.
Lauretano poi a fine silloge, scrive perché conosce così bene Giorgio Caproni. Perché gli chiesero di scrivere di lui e di fare conferenze sul poeta.
Di solito, quando si deve approfondire o studiare qualcuno per committenza, si tende a svalutare la persona in questione. Raramente diventi addirittura un suo estimatore, come è accaduto in questo caso. È una stima che confina addirittura con l’adulazione quella di Lauretano, anche se è solo un eccesso di stima, un abbaglio in positivo. Credo sia interessante per i lettori sapere perché chi ha dovuto occuparsi di un poeta per forza, torna poi alla sua vita quotidiana cambiato, più consapevole della propria scrittura in versi. Giusto un piccolo assaggio per capire perché ognuno di noi, anche solo come lettore, sceglie un Narratore e un Poeta su tutti gli altri.
A volte possono essere più di uno, includendo narratrici e poetesse. Oppure testardamente, come chi scrive, che associa a Caproni come riferimento di Lauretano, anche Giacomo Leopardi. Bella forza, si dirà, tutti i poeti contemporanei assorbono come spugne sia il Leopardi de I Canti che quello prosastico de Le Operette morali o dello Zibaldone. A parte che non è proprio così storicamente, perché le avanguardie più recenti tendono a minimizzare il valore letterario del poeta di Recanati.
Ci sono poche righe dove Lauretano scrive di Caproni, dopo aver letto con attenzione ogni sua nuova poesia leggo anche quanto segue scritto dall’ autore:
Entrare in empatia con Caproni non consente di uscirne immutato. Potrei dire che l’ho imitato, e non me ne vergognerei: la storia dell’arte e della letteratura nascono incessantemente dalla imitazione dei maestri, cosa che Caproni è in tutti i sensi.
Forse scrivere anche di Leopardi sarebbe un pleonasmo inopportuno, un nome che avrebbe messo in ombra Caproni. La sua influenza tuttavia si sente, a giudizio di chi scrive. In ogni caso se leggete le bellissime poesie di Lauretano, poi mi fate sapere.
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