Quirinale. Dodici Presidenti tra pubblico e privato
- Autore: Bruno Vespa
- Genere: Politica ed economia
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2021
“Dodici Presidenti tra pubblico e privato” è il sottotitolo del volume Quirinale (RaiLibri 2021) di Bruno Vespa, nel quale il celebre giornalista e scrittore racconta i dodici Presidenti che l’Italia repubblicana ha avuto, da Enrico De Nicola a Sergio Mattarella.
La nostra giovane Repubblica, nata dalle macerie della II Guerra Mondiale, giacché venivamo da una dittatura, ha una Costituzione che sarà pure “la più bella del mondo”, ma
“è anche un grande pasticcio: pochi poteri al Governo, troppi al Parlamento. E quali funzioni ha la Presidenza della Repubblica? È un organo debole, come l’hanno immaginato i padri costituenti, o un organo forte come è diventato nel tempo? "
Il libro di Bruno Vespa dimostra come nessuno dei dodici Presidenti sia stato un docile passacarte. Ma non c’è dubbio che negli ultimi vent’anni il Capo dello Stato abbia avuto un potere superiore alle attese. Il potere del Quirinale è aumentato nella misura in cui è diminuito quello di Palazzo Chigi. “Non è un bene”. Attraverso i ritratti dei dodici Presidenti l’autore ha ripercorso l’intera storia dell’Italia repubblicana.
Ricordiamo i loro nomi, soprattutto per le giovani generazioni:
Enrico De Nicola “Un monarchico per la Repubblica”,
Luigi Einaudi “Il Presidente che divideva le pere a metà”,
Giovanni Gronchi, “Il Presidente indecifrabile”,
Antonio Segni “L’enigma del golpe fantasma”,
Giuseppe Saragat “Un padreterno al Quirinale”,
Giovanni Leone “Luna di miele, crisi, trauma”,
Sandro Pertini “Giamburrasca al Quirinale”,
Francesco Cossiga “Picconatore della Repubblica”,
Oscar Luigi Scalfaro “Conservatore protetto a sinistra”,
Carlo Azeglio Ciampi “Il Presidente che ha sdoganato la Patria”,
Giorgio Napolitano “Un comunista al Quirinale” e
Sergio Mattarella “Presidente di tre crisi bizzarre”.
“La crisi non è finita, serve coesione”.
È stata questa la frase centrale del messaggio ai Prefetti, di Sergio Mattarella, in occasione del 2 giugno 2020, Festa della Repubblica, che si è svolta senza la tradizionale parata a causa dell’emergenza Covid.
Parole sempre attualissime, anche un anno dopo, giacché il nostro Paese si trova ancora in piena emergenza causata dal virus proveniente dalla Cina.
Sergio Mattarella è stato eletto dodicesimo Presidente della Repubblica il 31 gennaio 2015, e sembra una vita fa, se pensiamo a tutto quello che è accaduto durante il periodo del settennato di Mattarella, il cui mandato sta per scadere. Nel testo, l’autore ricostruisce minuziosamente come si arrivò all’elezione di Mattarella, eletto al quarto scrutinio con 665 voti, il cui artefice fu l’allora Premier Matteo Renzi. È verosimile, come sostiene Vespa, che la carriera politica di Sergio Mattarella sia iniziata il giorno dell’Epifania del 1980, quando il fratello maggiore di Mattarella, Piersanti, allora Presidente della Regione Siciliana, che si era appena infilato in una Fiat 132 con moglie, suocera e i due figli per andare a Messa, venne freddato a colpi di pistola da un sicario che si era avvicinato al finestrino destro dell’auto. Come mandanti del delitto furono condannati Salvatore Riina, Bernardo Provenzano e altri boss mafiosi, ma gli esecutori non sono mai stati identificati.
Esponente della democristiana che si richiamava a Moro, Ministro per i Rapporti col Parlamento, della Difesa e della Pubblica Istruzione, fondatore dell’Ulivo, nel 2011 eletto giudice costituzionale e in questa carica restato fino alla chiamata al Quirinale, il Presidente della Repubblica ha un carattere schivo, riservato, che lo allontana dalle telecamere. Mattarella, inoltre, ha saputo gestire “tre crisi bizzarre”, fino ad arrivare all’incubo della pandemia. In questo tragico frangente il nostro Presidente ha subito assunto un ruolo di vero collante dell’unità nazionale. Memorabile, in tal senso, il suo discorso la sera dello scorso martedì 2 febbraio quando si presentò tesissimo davanti alle telecamere:
“Avverto il dovere di rivolgere un appello a tutte le forze politiche in Parlamento, perché conferiscano la fiducia a un governo di alto profilo non identificato in alcuna formula politica e che faccia fronte con tempestività a gravi emergenze non rinviabili”.
La mattina successiva, il Capo dello Stato affidava a Mario Draghi la responsabilità di portare l’Italia fuori dal guado, quando il nostro Paese stava vivendo forse una delle sue ore più buie. Ed è proprio Mario Draghi, romano, 73 anni, direttore generale del Tesoro per un decennio (1991-2001), governatore della Banca d’Italia (2006-2011) e presidente della Banca Centrale Europea per gli otto anni successivi, dalla forte stima internazionale, che voci di corridoio indicano come probabile futuro Presidente della Repubblica.
Quando di recente abbiamo posto questa domanda a un celebre giornalista e scrittore italiano, quest’ultimo ci ha risposto:
“Abbiamo bisogno come il pane che Draghi resti dove sta ora…”.
Quirinale. Dodici presidenti tra pubblico e privato
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