La città di Perugia apre le porte ai visitatori e celebra il Perugino, il maestro del Rinascimento, con mostre, eventi, itinerari.
Palazzo Sorbello accoglie nella biblioteca racconti, impressioni, emozioni dei grandi viaggiatori che tra Settecento e Novecento visitano l’Umbria e osservano le opere del pittore.
Un dialogo attraverso i secoli che culmina nella mostra di Palazzo Baldeschi dedicata al nero nei quadri del Perugino e di Burri.
A Pietro Vannucci, detto il Perugino, si adatta perfettamente la frase attribuita a Johann Wolfgang Goethe:
Dove c’è molta luce, l’ombra è più nera.
Il “divin pittore” di Città della Pieve vive a cavallo tra Quattro e Cinquecento e più di altri sperimenta la volubilità del pubblico. Dopo una folgorante carriera costellata di successi, ma durata solo due decenni, la sua fama viene oscurata dal mutare dei gusti e dalla crescente notorietà degli allievi. In fondo non deve essere facile studiare con Leonardo Da Vinci e insegnare a bottega a Raffaello Sanzio.
Ora la città di Perugia, a cinquecento anni dalla morte, gli restituisce il posto che merita con una serie di eventi che ne eternano la grandezza. I palazzi nobiliari riaprono le porte al maestro e i visitatori si mettono in coda per vederne le opere. In fondo da secoli il mondo si ferma in Umbria per ammirare le sue Madonne pensose.
Chi era Il Perugino: il “meglio maestro d’Italia”
Che il Perugino abbia molto da dire non solo ai contemporanei è cosa nota. Dialoga da sempre con intellettuali e committenti, visitatori e scrittori di passaggio. Il banchiere Agostino Chigi lo presenta al padre in una lettera scritta a Roma e diretta a Siena. La corrispondenza è datata il 7 novembre 1500, vicino al giro di boa che sancisce la lenta perdita di fortuna e commesse per il grande maestro. Ed è curioso che sia un uomo d’affari a definirlo perfettamente:
Volendo fare di sua mano Lui è il meglio maestro d’Italia.
Eppure già solo sette anni dopo, la presentazione della pala per l’altare maggiore della basilica della Santissima Annunziata a Firenze, stando al Vasari, è un insuccesso. E il Perugino è costretto a difendersi:
io ho messo in opera le figure altre volte lodate da voi e che vi sono infinitamente piaciute. Se ora vi dispiacciono e non le lodate, che ne posso io?
Lui ora non lo sa: dovranno passare due secoli e torneranno ad amarlo.
Raccontare il Perugino attraverso le voci di scrittori e viaggiatori
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L’idea è venuta a quelli della Fondazione Ranieri di Sorbello: lasciare la parola ai tanti che nel tempo hanno, di volta in volta, denigrato o ammirato il pittore. Palazzo Sorbello ospita “Raccontare il Perugino”. Impressioni e resoconti di viaggiatori stranieri in Umbria alla scoperta di Pietro Vannucci.
La mostra, che è anche un libro a cura di Ruggero Ranieri per Campisano Editore, è ambientata non a caso nella biblioteca del piano nobile che custodisce una ricca collezione di volumi, raccolti da Marilena de Vecchi Ranieri di Sorbello (1921-2013) appassionata e studiosa della letteratura di viaggio. Gli scaffali custodiscono diari, taccuini o vere e proprie guide, e poi stampe e naturalmente dipinti.
Molti dei testi portano la firma di grandi letterati, storici, conoscitori d’arte. L’esposizione copre tre secoli, dal Settecento al Novecento. Registra gusti, idee, emozioni. E ci dice una cosa: superato lo scetticismo settecentesco, per il Perugino si apre una nuova fase fortunata.
Nell’Ottocento l’Umbria diviene tappa obbligata per i viaggiatori stranieri. Siamo agli albori del turismo moderno e Pietro Vannucci piace alla critica e al pubblico.
Il Perugino secondo Goethe è una perla d’uomo
Il Perugino può contare su uno sponsor d’eccezione: Johann Wolfgang Goethe, grande viaggiatore e protagonista del Grand Tour lo definisce:
una perla d’uomo
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Il Perugino secondo Hawthorne è la magnificenza
Nathaniel Hawthorne, autore de La lettera scarlatta, si ferma a Perugia nel maggio 1858. Della sala delle Udienze del Collegio del Cambio, affrescata dal Perugino più di tre secoli prima, scrive:
quando la camera era ai suoi primi splendori, posso immaginare che il mondo non avesse fino ad allora mostrato una tale magnificenza e bellezza come furono qui rivelate.
Il Perugino secondo Virginia Woolf è la bellezza
Nel 1908 è una Virginia Woolf non ancora trentenne che, in viaggio in Italia, al Collegio del Cambio incontra l’ineffabile mistero dell’arte. E lo restituisce da par suo:
Com’è silenziosa questa bellezza, com’è muta; è come se salendo dal fondo fosse rimasta bloccata sulla superficie, e ora non c’è che lei, nelle sue forme invariabili.
Ne rimane talmente affascinata da aprire un paragone con la scrittura tracciando una sua personale idea:
Io tendo a un diverso tipo di bellezza a raggiungere la simmetria per mezzo di discordanze infinite, mostrando tutte le tracce del passaggio della mente attraverso il mondo; ottengo infine una sorta di intero, composto di frammenti luccicanti; a me sembra questo il processo naturale, il volo della mente. (Virginia Woolf. Ritratto della scrittrice da giovane. Lettere 1896-1912 introdotte da un bel saggio di Nadia Fusini, 2017, Utet).
Chi era Nero Perugino Burri: l’ombra e la luce
Per completare il dialogo attraverso i secoli meritano una visita Palazzo Baldeschi e un’altra mostra, a firma della Fondazione Perugia in collaborazione con la Fondazione Burri. Lo scambio, questa volta artistico, continua nel Novecento e affianca Pietro Vannucci ad Alberto Burri, in un accostamento che sorprende per affinità e richiami cromatici. Minimo comun denominatore: l’utilizzo del colore nero. Nero è lo sfondo alle spalle della Madonna col Bambino e due cherubini, cuore dell’esposizione: una soluzione che fa emergere protagonisti e particolari della tavola quattrocentesca in maniera così inconsueta per l’epoca.
Pietro Vannucci è nel pieno della sua produzione. Ha bottega a Perugia e a Firenze. La fama gli concede di sperimentare: niente paesaggi per lo sfondo, elementi naturali o architettonici. Nessuna prospettiva. Solo nero. Non è un caso isolato, come dimostrano le opere raccolte dalla mostra e dal catalogo realizzato da Fabrizio Fabbri Editore e curato di Vittoria Garibaldi e Bruno Corà. Per riunirle a Palazzo Baldeschi parte la collaborazione con i principali musei del mondo che concedono prestiti favolosi: il Louvre, le Gallerie degli Uffizi, la Galleria Nazionale dell’Umbria. Dalla Collezione Burri di Città di Castello arrivano le tele di un altro umbro Alberto Burri, che risponde a distanza di secoli, tanto da meritarsi l’appellativo di maestro dei neri.
La mostra “Raccontare il Perugino”: informazioni
La mostra Raccontare il Perugino. Impressioni e resoconti di viaggiatori stranieri in Umbria alla scoperta di Pietro Vannucci promossa dalla Fondazione Ranieri di Sorbello, nelle sale dell’antica biblioteca di Palazzo Sorbello in piazza Piccinino è visitabile secondo il seguente orario: dal lunedì alla domenica dalle 11 alle 14, dalle 15 alle 17.
La mostra Nero Perugino Burri, ospitata fino al 2 ottobre a Palazzo Baldeschi, è visitabile dal lunedì al venerdì dalle 15 alle 19.30. Sabato e domenica dalle 10.30 alle 19.30.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Raccontare il Perugino” attraverso le voci degli scrittori, da Goethe a Virginia Woolf
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