Racconti di Montalbano
- Autore: Andrea Camilleri
- Genere: Raccolte di racconti
- Casa editrice: Mondadori
"Racconti di Montalbano" (Milano, Mondatori 2008) comprende diciannove scritti, di cui diciotto selezionati da quattro precedenti raccolte di Andrea Camilleri: "Un mese con Montalbano", "Gli arancini di Montalbano", "La paura di Montalbano", "La prima indagine di Montalbano". Un diciannovesimo, “La finestra sul cortile” è stato incluso, dichiara l’autore nella prefazione, per ragioni affettive. Lo scrisse nel 2007 per aiutare i giovani che facevano a Roma “un benemerito giornale di quartiere”, chiamato “Il Nasone di Prati”, pubblicato a puntate nei primi dodici numeri. E’ questo lavoro a suscitare ora l’attenzione, anche perché arricchisce le informazioni sulla “biblioteca di Vigàta”. Spiega il nostro scrittore ad Antonio De Benedetti che l’intervista:
“Montalbano legge gli stessi libri che leggo io ma li legge dopo di me. Se a me piace un romanzo di Faulkner si può star certi che, prima o poi, anche lui se ne innamorerà. E’ andata così con Simenon, con Conrad e non so più con quanti altri autori”.
Adesso è la volta di William Irish, pseudonimo di Cornell Woolirch, autore del racconto “La finestra sul cortile”, ripreso da Alfred Hitchcock nell’omonimo film. Per molti aspetti similare a quella del soggetto è la trama. Un fotoreporter, immobilizzato su una sedia a rotelle in conseguenza di una frattura alla gamba sinistra, per vincere la noia osserva quel che succede ai vicini di casa, i cui appartamenti di fronte al suo si affacciano nello stesso cortile. Una notte, svegliato dall’urlo di una donna, presta attenzione nell’interno dei Thorwald e si convince che il marito ha ucciso la moglie. Anche il racconto di Camilleri ha lo stesso titolo, perché – a suo dire - vuole essere un omaggio al capolavoro dell’anzidetto regista. Egli assegna a Montalbano il medesimo ruolo del protagonista del film. Sicuramente non per voyeurismo o condizione patologica, quanto per l’esigenza, che intende di focalizzare, del “vedere” per “capire” lo scorrere di eventi quotidiani. Un accenno alle circostanze che provocano tale bisogno può dare l’idea della bella inventività del nostro scrittore. Dopo aver superato il nervosismo procuratogli dal viaggiare (al telefono Livia gli dice: “Per te andare a Roma come andare sulle Alpi bavaresi”), il commissario nella capitale frequenta un corso di aggiornamento. Un collega, che si trova fuori sede, lo favorisce, cedendogli la sua casa. Al secondo giorno, un incidente lo costringe ad interrompere la frequenza. Anch’egli così per forza di cose diventa “osservatore” di gesti e di movimenti che gli appaiono da ogni finestra di fronte; “indagatore” in seguito di quel che avviene durante tre notti consecutive sulla terrazza di un palazzo prospiciente. Che cosa scopre? Lo sguardo e la vita, dunque: un binomio inscindibile, rinvenibile, in tutti i racconti di quest’opera. Da essa, dichiara l’autore, emergono due filoni:
“quello che privilegia le situazioni non propriamente poliziesche e quello che, pur trattando una materia di stampo prettamente poliziesco, spesso e volentieri arriva a conclusioni che privilegiano l’umanità del commissario piuttosto che il suo rigore nel far rispettare le leggi”.
Ampi perciò gli spazi di elaborazione: ruotando attorno alla poliedricità della commedia umana, essi vanno anche letti con attenzione al contesto e alla psicologia dei personaggi.
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