Ricordi di un bevitore. L’incontro fatale con John Barleycorn
- Autore: Jack London
Tutti ricordano "Zanna bianca" e, magari da bambini, hanno viaggiato con il cane Buck
("Il richiamo della foresta") soffrendo più tardi, tra le strade di Oakland, insieme a Martin
Eden. Non tutti invece hanno probabilmente letto "Ricordi di un bevitore. L’incontro fatale
con John Barleycorn" (1913). Nel libro, Jack London, con la consueta modernità, ironia,
sapienza ed asprezza ci racconta il suo tormentato rapporto con John Barleycorn che,
nella tradizione americana, personifica l’alcool. In questa appassionata autobiografia
meta-alcolica ritroviamo il gusto per l’avventura, un sottile quanto penetrante fatalismo,
l’accettazione del dolore, la tipica e tagliente critica al capitalismo nascente e una
coinvolgente descrizione di alcuni aspetti dell’umano che appunto solo John avrebbe
l’alchemica e spesso demonica proprietà di evocare.
Il libro che, attraverso le vicende del protagonista, dipinge un pezzo dell’America dei primi
del ‘900, non è rivolto solo a chi ha avuto la sfortuna di inciampare nella dipendenza da alcool,
ma anche a chi ha bevuto un solo "goccio" riscontrando il mutamento di umore prodotto
dall’alcol. In “John Barleycorn” l’alcol è come un paio di lenti che fanno vedere il mondo
di un altro colore, che lo svirgolano fino a farne qualcosa di bizzarro, di caotico e a volte
di pericoloso e mortifero. E sono lenti difficili da togliere una volta indossate! L’alcol è
visto infatti come un “ospite inquietante”, scaltro e onnipresente e si percepisce il rapporto
contradditorio che il protagonista (sia tra le righe che nella vita, tra le strade) stringe
con “lui”. John è interpretato a un tempo come il volano della libertà e come il distruttore
della parsimonia, della laboriosità, della stabilità. Per quanto il giovane Jack London, come
rivela nel libro, non amasse veramente bere, bevette per tutta la vita ammaliato soprattutto
dalla socialità intrinseca nella sostanza antica e dal desiderio di mettersi in mostra come
uomo virile tra i duri marinai dell’America del tempo. E così, benché cosciente della sua
doppiezza, in fondo non volle staccarsi da quel John che, pur facendo levitare lo
spirito ad altezze straordinarie e pur conferendo, al momento, un senso infinito di potenza,
è in grado di far strisciare in una meschinità da rettili facendo sempre pagare il prezzo
dell’ebbrezza. Quello stesso John che si prende i tipi in gamba “quelli che hanno dentro il
fuoco” e che “hanno il meglio delle debolezze umane” “estinguendo il fuoco, inzuppando
lo scatto”; John che
“quando non li ammazza immediatamente, o non li rende folli, allora li
ingaglioffa, li fa rozzi, contorce e stravolge l’originaria bontà e bellezza della loro natura”.
La sostanza maledetta costrinse Jack a visitare il mondo “col bicchiere in mano” quasi
fosse "un’abitudine mentale” della sua materia. Eppure, come è proprio dei grandi
narratori, nel libro non si sente la pesantezza di un moralismo fine a se stesso né un
vero apprezzamento per chi non ha avuto la debolezza di cadere nell’abbraccio mortale
dell’alcol; si nota invece la ribelle sregolatezza di uno scrittore amante della bellezza e
degli aspetti più paradossali dell’esistenza, il suo quotidiano combattimento con gli abissi
del vizio e della sensibilità, la sua voluttà di scrittura e avventura che, a soli 40 anni,
contribuì a rapirlo dal corpo per adagiarlo perennemente nel nostro ricordo.
Ricordi di un bevitore. L'incontro fatale con John Barleycorn
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Bellissimo libro! Da qualche settimana è uscito in ebook. Proprio particolare
Concordo, davvero bello e particolare!