Ritorniamo ai Giorni del Rischio
- Autore: David Maria Turoldo
- Categoria: Poesia
Ritorniamo ai Giorni del Rischio (Servitium Editrice, 2002, pp. 84), testo del grande padre David Maria Turoldo, il poeta frate dei “Servi di Maria”, è un titolo quanto mai attuale. È un libro da ripescare e rimeditare nei nostri tempi rischiosi non soltanto perché flagellati da un virus che viaggia in tutto il mondo, ma per l’eclissi dell’umanità segregata, malata di paura e incomunicabilità.
Si tratta di poesie e prose di sapore epico e civile, cristiano nel significato più autentico della Buona Novella annunciata all’uomo. Il riferimento allude alla Resistenza pericolosa, ma il poeta estende il significato dell’evento storico, determinatosi nel tempo in cui era prioritaria la lotta per la libertà e la democrazia contro la dittatura e lo sfacelo della guerra, alla nostra perenne condizione esistenziale. Resistenza come fatto metastorico quindi, come necessità costante e imprescindibile di libertà. Egli scrive in prefazione:
“Ogni ideologia, per quanto rivoluzionaria, una volta arrivata al potere sarà sempre una forza conservatrice: se non altro, per conservare il potere che ha conquistato. È così anche per il cristianesimo, qualora lo si riduca a ideologia. La libertà trascende tutti i miti. Ed è la ragione per cui la libertà è molto rara, e costosa, e difficile.”
Davide Maria Turoldo è sempre stato un uomo e poeta del rischio: rischio a livello politico, quando predicava nel Duomo di Milano mettendo la sua vita in pericolo, negli anni di guerra, schierato apertamente contro il nazismo e l’occupante. Rischio in campo religioso, perché il suo dettato si rivolgeva a tutti, credenti e non, riportando il discorso alla lettera viva evangelica, con la difesa degli ultimi e dei poveri.
Le sue sono parole di fuoco:
"E se la chiesa non è per l’uomo / non è degna di fede / non può essere chiesa. / E se le politiche non sono per l’uomo / vadano alla malora / tutte queste politiche. / […] L’uomo ha fallito / l’uomo è sempre ucciso / crocefisso da sempre. / Cristo, o ragione / di questo esistere / folle bellezza…”.
Denuncia la schiavitù delle nazioni all’idolo denaro, mammona di sempre:
“Ma il rame vale più dell’uomo / il petrolio vale più dell’uomo / il prestigio la potenza il sistema / valgono più dell’uomo.”
Rischio di non essere compreso. Rischio di vivere sempre nell’orto degli ulivi, in attesa della prossima persecuzione, che proveniva innanzi tutto dalla sua stessa chiesa. Rischio di ammalarsi, come accadde, per il logorio del corpo, sacrificato agli ideali. Rischio di che fa e agisce invece di stare a guardare, come accade agli ignavi.
Il libro afferma che la vita non è sicurezza; non è restare nella propria "zona comfort", con lo sguardo volto sempre soltanto a se stessi, mentre intorno si soffre, si lotta, si muore. La cifra di questo artista è sempre stata l’impegno, sinonimo di carità, legata al corpo in cui si attua la bellezza della presenza di Dio. Infatti la parola latina "caro" tradotta è carne. Non a caso l’opera omnia di padre Turoldo si intitola "O sensi miei". Nei sensi parla lo spirito, nei sensi ed attraverso i sensi esprimiamo l’amore:
“Torniamo all’amore, / pure se del familiare / il dubbio ti morde, / e solitudine ti pare invalicabile…”
Amare è rischioso. Ma si accompagna alla speranza intramontabile:
“Torniamo a sperare / come primavera torna / ogni anno a fiorire / E bimbi nascano ancora, / profezia e segno / che Dio non si è pentito.”
“Credo ogni uomo possa tornare fanciullo, / credo ogni fanciullo sia messaggero di Dio.”
Il libro è impreziosito da splendide incisioni di maestri quali Alberto Manfredi, Bruno Cassinari, Sandra Tenconi, Ernesto Treccani, Bruno Caruso, Eugenio Tomiolo, Luciano Cottini, Walter Piacesi, Attilio Rossi, Antonietta Viganone, Aligi Sassu, Franco Rognoni, Giuseppe Zigaina.
Oggi abbiamo ancora bisogno di ascoltare una voce ardita e pura. Il pericolo maggiore è quello di tacere, di non voler cercare, trovare, ascoltare la verità. Di temere i tempi nuovi. Di fuggire il deserto scomodo, nel quale e dal quale David Maria Turoldo, solitario, ha donato le sue profezie.
Pensando ai morti e alle lettere di tutti i condannati dal nazismo, egli ha pregato per il nostro futuro, e per l’Europa:
“Nulla abbiamo imparato dai nostri errori: eppure alla polvere di tutte le strade è frammista la loro cenere, e il suolo di ogni nazione è fermentato dalla loro morte.
Che la moltitudine degli uccisi non decida un giorno di vendicarsi.
Signore, abbi pietà dell’Europa.”
Ritorniamo ai giorni del rischio. Maledetto colui che non spera
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