Mercoledì 16 giugno 2021, come ogni anno a Dublino e in altre città del mondo si festeggia il Bloomsday in onore di James Joyce. Il giorno è quello in cui si svolge il romanzo Ulisse, con protagonista Leopold Bloom. È anche il giorno memorabile in cui il giovanissimo James si incontrò con Nora Barnacle sulla spiaggia di Sandymount a Dublino.
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Il libro segna una svolta epocale nella storia della letteratura. Come sappiamo privilegia il flusso di coscienza, che si interseca di continuo ai fatti narrati. Rompe gli schemi tradizionali di unità di tempo e luogo, poiché la nostra mente, conscia e inconscia, non ha barriere spazio temporali e lavora secondo schemi associativi e immagini simboliche. La libertà di Joyce è assoluta, in apparenza caotica. In realtà il filo del discorso è molto saldo. Fin dall’inizio lo scrittore si confronta con la morte, la grande protagonista nascosta (ma neppure tanto, visto che uno dei capitoli è dedicato a un funerale) e infine abbiamo una superba vittoria della vita con il "sì" ripetuto di Molly, moglie di Bloom, cantante, infedele nuova Penelope che però attende lui, Leopold Bloom, a tarda notte e nei suoi pensieri notturni lo preferisce a chiunque, pur rilevando chiaramente le sue debolezze.
Doveroso questo accenno al romanzo mitico sempre molto elogiato e forse letto da pochi per intero.
Dedalus. Un ritratto dell’artista da giovane
Questo approfondimento è invece dedicato a Un ritratto dell’artista da giovane, conosciuto anche come Dedalus (Universale Economica Feltrinelli, pp. 280, 2016, traduzione e commento a cura di Franca Cavagnoli). Lo scelgo perché il libro venne scritto da Joyce nel 1914 a Trieste, la mia città, dove l’artista è di casa, quasi un nostro concittadino. Trieste è contrassegnata da numerose targhe sul muro delle case in cui visse il grande irlandese e il percorso viene seguito con interesse dai turisti in "tour". Il nostro Bloomsday è uno dei più importanti, dura diversi giorni, scanditi da conferenze, letture, musica ed eventi enogastronomici.
Scrivo non soltanto per ciò. La formazione dell’artista è un percorso di crescita umana e di autorealizzazione, scoperta di sé in contrapposizione ai condizionamenti sociali limitanti, spesso castranti. La libertà interiore cercata da Stephen Dedalus, il giovane protagonista, riguarda tutti noi. Il potere decisionale che ne consegue rende possibile l’attuazione del singolare unico destino di ciascuno. "Diventa ciò che sei dopo averlo compreso" è l’antico monito di Pindaro, ripreso da Nietzsche. Lo stesso tema è il cuore del romanzo.
In queste pagine Joyce esprime gli intenti che caratterizzarono tutta la sua esistenza, con estrema coerenza:
"Quando un’anima nasce in questo paese le vengono gettate delle reti per impedire che fugga. Tu mi parli di religione, lingua e nazionalità: io cercherò di fuggire da quelle reti.”
Sono parole forti e possono apparire estreme, ma Joyce, se non avesse assunto una tale posizione, sarebbe rimasto stritolato in un paese totalmente soggetto da una parte alla Chiesa cattolica, dall’altra al dominatore inglese.
Il racconto è semiautobiografico, sia il ragazzetto Stephen sia J.J. studiano nel collegio dai gesuiti; subiscono una malsana educazione rigida e violenta, comprendente percosse corporali. L’istruzione è ottima, ma vediamo che è diretta verso l’esercizio del potere. La felicità vitale, il piacere dei sensi, la vita fisica devono essere barattare con l’ascesa sociale, il posto nel mondo, l’influenza sulle coscienze. Dedalus-Joyce si trova a dover scegliere tra la vita religiosa — dato il suo ingegno è corteggiato dall’ordine gesuitico e spinto a prendere i voti — e la libertà. Sceglierà quest’ultima.
Nella prima adolescenza il ragazzo si innamora perdutamente di una coetanea; la storia ha momenti delicatissimi e una notevole penetrazione psicologica, contrassegnata dall’incapacità, impossibilità di esternare i propri sentimenti. Lo scrittore si rivela maestro di patemi giovanili anche nel bellissimo racconto Araby contenuto nei Dubliners. Qui, l’approccio verso la sessualità avviene in un casino, con una giovanissima prostituta dai tratti puri, una iniziatrice dalla grazia indicibile. Il bacio è un momento di perdizione sublime. Tutto fa assomigliare la ragazzina a una dea. Ma il sentimento del peccato precipita Dedalus in una crisi mistica, collegata alla paura dell’inferno. Come ne uscirà? La ribellione interiore preme e lo porterà a ragionare lucidamente fino alla liberazione. Sarà il canto dei bambini a scuoterlo, a riportarlo all’onda vitale sana e naturale.
La teoria estetica di James Joyce
Joyce si appassiona di filosofia, costruisce una teoria dell’arte che lo fa "rinsavire" se così possiamo dire. La sua è una metanarrazione che va oltre i fatti, per approdare a una visione del mondo. Non il dogma, non la teologia scalderanno la sua vita, ma la visione estetica che dà senso e calore. Paradossalmente, la sua teoria del bello è ricavata da Tommaso d’Aquino, quindi da un padre della Chiesa, un cattolico d.o.c. Dall’aquinate egli riprende il concetto di quidditas, la cosa in sé, la peculiarità imprescindibile, inamovibile ed eterna specifica di ogni ente. In termini estetici e letterari possiamo chiamarla "lo specifico artistico".
Joyce lo ribattezza "radiosità". La parola parla da sé. La bellezza è luce. La "radiosità" è una porta spalancata sull’oltre, sebbene sia assolutamente fisica, qui, immanente.
Ma la teoria non basta. Joyce ci regala una visione emblematica e chiarificatrice: Dedalus contempla una ragazza solitaria sulla spiaggia mentre si inoltra nel mare, ed è un’altra dea, gli abiti tirati su fin sopra le cosce per non bagnarli, con una statuaria semplicità. Lì, nella bellezza che nulla chiede, Dedalus comprende che quello è quanto saprà realizzare; l’artista è colui che sa esprimere quella perfezione.
Riguardo all’arte, così la definisce:
“Cercare lentamente, con umiltà e costanza, di esprimere, di tornare a spremere dalla terra bruta o da ciò che essa genera, dal suono, dalla forma e dal colore, che sono le porte della prigione della nostra anima, una immagine di quella bellezza che siamo giunti a comprendere... questo è l’arte.”
La bellezza è conoscenza. Non è indipendente dal contemplante, va "estratta" ed estrarre è comprendere.
A coronare la decisione presa, la natura dà il suo segnale, il vaticinio assertivo: Dedalus scopre unito ai suoi pensieri, in una forma di sincronicità direbbe Jung, il volo circolare e delirante delle rondini. Un pronostico di libertà, di un viaggio.
Sceglie di lasciare l’Irlanda per Parigi. Vuole abbandonare la gabbia familiare e nazionale. Ma lo farà? Lasciamo che questo lo scopra il lettore.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Un ritratto dell’artista da giovane: il romanzo e la teoria estetica di James Joyce
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