Nata a Roma, Romana Petri è una critica letteraria, scrittrice e traduttrice dal francese, dallo spagnolo e dal portoghese, che vive tra Roma e Lisbona. Collabora con il Messaggero e La Stampa. Dirige la Casa Editrice Cavallo di Ferro con il marito Diogo Madre Deus. Ha recentemente tradotto dall’inglese Il diario di Adamo ed Eva di Mark Twain. Legata, come il grande scrittore Antonio Tabucchi, da un profondo amore per il Portogallo, ricorda l’intellettuale, l’amico e il letterato, coscienza critica del nostro Paese.
- La casa editrice Emons nel primo anniversario della scomparsa di Antonio Tabucchi, avvenuta il 25 marzo 2012, pubblica l’Audiolibro Sostiene Pereira letto da Sergio Rubini. La testimonianza dell’ex giornalista di cronaca nera Pereira nella Lisbona del 1938 sotto la dittatura di Salazar rivive nella voce di Sergio Rubini che restituisce a chi ascolta la magia della terra lusitana.
“La filosofia sembra che si occupi solo della verità, ma forse dice solo fantasie, e la letteratura sembra che si occupi solo di fantasie, ma forse dice la verità”.
Concorda con la riflessione di Pereira?
Il fascino del dottor Pereira è che mette sempre in discussione tutto, prima di ogni cosa se stesso. La filosofia e la letteratura in fondo hanno molte cose in comune, la più grande credo sia l’intuizione, a mio avviso, l’unica forma di verità alla quale abbiamo accesso. Ma l’intuizione è in tutto. Esiste forse scienziato o matematico che non faccia uso dell’intuizione? Pereira era affascinato sia dalla letteratura sia dalla filosofia e dall’idea che il più delle volte la realtà è solo apparenza. Ma nella verità ci credeva, ne andava in cerca, e voleva trovarla a tutti i costi. La verità, purtroppo, spesso non s’incontra nel momento in cui se ne ha bisogno, forse ci si metterà del tempo, magari chi doveva usufruirne non ci sarà più, ma la verità, prima o poi viene sempre fuori.
- Che cosa rende il romanzo sempre attuale?
Il romanzo, come genere, è lo specchio dei sentimenti e delle emozioni di un’epoca. Che ne sarebbe di un certo periodo della Storia russa se non ci fosse Guerra e Pace? Il romanzo esprime quasi sempre in un linguaggio accessibile i turbamenti e le inquietudini di un popolo in un dato momento storico. Tabucchi diceva che il compito della letteratura non è quello di rincuorare, bensì di inquietare il lettore. Fino a che ci sarà inquietudine ci sarà buona letteratura.
- Signora Petri, a un anno dalla scomparsa di Antonio Tabucchi che cosa è rimasto del suo insegnamento morale?
Sua nipote Beatrice, una bambina di nove anni, durante il funerale ha voluto prendere la parola. Ha preso in mano il microfono e ha detto: «Mio nonno era un uomo onesto». Una bambina di nove anni che sente questa necessità, e di fronte a mezzo mondo, perché ai funerali di Tabucchi c’era tutto il mondo culturale e politico. Era un uomo onesto e incorruttibile fino all’ultima molecola del suo corpo e della sua mente. Questa è la lezione che mi ha lasciato. Era onesto e non aveva paura di nulla.
- Il Portogallo e la cultura lusitana cosa rappresentavano per Tabucchi?
Un amore a prima vista. Non dimentichiamo che tutto cominciò da un Pessoa letto in francese, e da quelle parole tradotte la necessità di imparare la lingua di uno scrittore che sentì subito molto congeniale e affine. Certe volte, per scherzo, gli dicevo che lui era un altro eteronimo di Pessoa. Ma il Portogallo in sé gli somigliava parecchio. Antonio era melanconico di natura, dell’italiano gli era rimasto solo un certo furore incontrollabile.
- Secondo Lei come l’autore avrebbe commentato l’attuale confuso scenario politico italiano?
Antonio se ne era già andato dall’Italia da un pezzo. Forse queste ultime elezioni lo avrebbero convinto a non metterci più piede davvero in un paese così confuso. A non venirci nemmeno da turista. E avrebbe sofferto, come ogni persona di buon senso avrebbe profondamente sofferto per quest’ulteriore dimostrazione di bassa cialtroneria.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Romana Petri ricorda Antonio Tabucchi
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