Rosso totale
- Autore: Fabio Calenda
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Laurana
- Anno di pubblicazione: 2012
Ha dieci anni il romanzo Rosso totale di Fabio Calenda, pubblicato nel 2012 da Laurana Editore; eppure nelle pagine in cui si racconta una storia della Roma degli anni Settanta, quelli che furono definiti dalle cronache “Anni di Piombo”, si scorgono alcune analogie con le vicende successive della lotta armata di una generazione di giovani che fece scelte dolorose, spesso criminali, di cui pagarono drammatiche conseguenze i parenti delle vittime e, molto spesso, loro stessi.
Fabio Calenda, nel momento in cui scrisse il libro, era reduce da esperienze recenti in quel mondo, quello delle rivolte degli anni settanta e soprattutto della cosiddetta lotta di classe: giovanissimi figli della ricca borghesia romana entrati in contatto con un altro mondo, quello delle periferie romane, si gettarono in una rivoluzione sanguinosa che vide attentati, uccisioni a sangue freddo di magistrati, uomini delle forze dell’ordine, politici, fino all’atto più sconvolgente: il rapimento e l’uccisione di Aldo Moro.
La storia che racconta Calenda è quella di Patrizia, la figlia prediletta di un influente avvocato e uomo politico dell’establishment della capitale.
Siamo a via Archimede, la mitica strada residenziale dei Parioli: mobili antichi, quadri d’autore, governante francese, loden, kilt, mocassini. Patrizia studia architettura e ha un flirt con Paolo, che studia legge con moderato entusiasmo. Al contrario delle sorelle Arabella e Giada, predestinate a seguire lo stile di vita di famiglia, lei si è unita a un gruppo di proletari che rivendicano case per chi non ne ha. Vogliono cambiare l’assetto sociale, anche se ci vanno in mini cooper e giubbotto di montone.
Nelle pagine del romanzo assistiamo alla lenta maturazione politica di Patrizia, che passa da una semplice infatuazione per i principi di giustizia sociale e di egualitarismo, alla lotta armata fino a giungere alla clandestinità.
Patrizia è forte, determinata, sicura di sé. Dopo un grave incidente che li vede in pericolo, lascia Paolo e si mette con il proletario Michele, che fa il meccanico a Centocelle, quartiere in cui vive.
I due si scoprono innamorati, ma mentre Michele vuole uscire dalla sua condizione di sottoproletario, si iscrive ad architettura e aspira a una condizione borghese, proprio con Patrizia che vorrebbe rivedere vicina a sua padre e madre di suo figlio, lei ha deciso diversamente: non vuole essere la moglie sottomessa, la madre solo dedita al bambino. Le sue scelte sono quelle del femminismo di quegli anni, degli slogan gridati nelle manifestazioni, della riappropriazione del proprio corpo e della uguaglianza dei sessi. C’è una scena molto significativa nel libro, in cui la giovane donna si scopre capace di usare la pistola, di colpire il bersaglio, di sentire nelle sue mani l’arma come un prolungamento del suo essere:
“L’oggetto perde i suoi connotati, aderisce alla mano, si integra. Dita e palmo non stringono più nulla, sono diventati più levigati e pesanti.”
L’infatuazione per la lotta armata porterà infine Patrizia a saltare l’ostacolo e a passare al convincimento che uccidere il nemico di classe sia un dovere politico.
Fabio Calenda ci accompagna nel percorso che porta Patrizia dai Parioli al carcere, dove affronterà, senza sconti, molti anni di pena.
Nella seconda parte del libro, molto interessante e coinvolgente sul piano emotivo, assistiamo alla seconda vita di Patrizia, quella della redenzione. Si è messa a lavorare per una associazione “no profit” in via degli Ausoni, e incontra dopo decenni Michele, che ora si è sposato e ha avuto due figli. La femmina, Gloria, entrerà in contatto con Patrizia, senza giudicarla e costruendo con lei un inatteso bellissimo rapporto.
Le storie che hanno coinvolto tanti ragazzi che hanno scelto la clandestinità e lotta armata sono raccontate quasi dall’interno, come se l’autore fosse stato coinvolto nelle storie violente che descrive, spesso finite in modo drammatico e che sono diventate un romanzo di costume, un documento prezioso per la ricostruzione di una fase della storia italiana su cui si è molto scritto.
La scrittura di Fabio Calenda è molto incisiva, i personaggi sono descritti a tutto tondo e perfettamente inseriti nei vari ambienti sociali, centro storico e periferia, appartamenti prestigiosi e comitati di quartiere, ristoranti di lusso e baretti, Trastevere e San Lorenzo, Palasport e Terrazza del Pincio, in una ricostruzione precisa della toponomastica romana che ci accompagna insieme ai suoi protagonisti.
Un po’ di dialetto romanesco si mescola con una lingua rapida, tagliente, fitta di dialoghi che ci riportano agli scontri tra due mondi che si affrontano e si scontrano. Una rapina in una banca a via Tuscolana si confronta così con la festa dei diciotto anni della giovane Arabella all’Olgiata.
Per chi conosce Roma e le sue enormi contraddizioni, questo libro è una chiave di lettura per analizzare quegli anni difficili che hanno sconvolto famiglie e assetti politici, con un finale, oltre trent’anni dopo, che ci racconta i cambiamenti profondi e forse ci comunica una speranza.
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