Il poeta e scrittore Vittorio Sereni nel 1965 pubblica Gli strumenti umani, la sua terza raccolta di testi poetici, nel quale è presente un testo dedicato a Umberto Saba, un omaggio sincero ad una figura letteraria fondamentale del panorama poetico italiano del ’900. La poesia intitolata semplicemente “Saba” rappresenta un celebre esempio di antipoetese, un nuovo linguaggio che rompe con la tradizione classica e si apre ai temi della vita quotidiana e alla prosa.
Attraverso l’analisi della poesia, mostreremo come oggetti comuni e riferimenti storici diventino protagonisti del testo, testimoniando un avvicinamento al linguaggio ordinario e ai temi sociali, in un’epoca di profondi cambiamenti culturali e sociali.
“Saba”: testo della poesia di Vittorio Sereni
Berretto pipa bastone, gli spenti
oggetti di un ricordo.
Ma io li vidi animati indosso a uno
ramingo in un’Italia di macerie e di polvere.
Sempre di sé parlava ma come lui nessuno
ho conosciuto che di sé parlando
e ad altri vita chiedendo nel parlare
altrettanto e tanta più ne desse
a chi stava ad ascoltarlo.
E un giorno, un giorno o due dopo il 18 aprile,
lo vidi errare da una piazza all’altra
dall’uno all’altro caffè di Milano
inseguito dalla radio.
"Porca – vociferando – porca." Lo guardava
stupefatta la gente.
Lo diceva all’Italia. Di schianto, come a una donna
che ignara o no a morte ci ha ferito.
Cos’è l’antipoesia: origine ed esempi celebri
Nel ’900, la poesia comincia a uscire dalla rigida gabbia stilistica in cui è stata confinata per secoli, viaggiando più verso la prosa, raggiungendo i limiti estremi, il confine ultimo oltre il quale non è più poesia; è il tentativo di avvicinarsi il più possibile al linguaggio e ai temi comuni, abbassando il registro e inserendo argomenti che fino ad allora non erano mai stati considerati “poetici”.
Ad esempio, Eugenio Montale nel 1925 pubblica un testo, Forse un mattino andando in un’aria di vetro, in cui già si notano delle minuscole infrazioni, come l’allungamento del verso e le rime sgraziate, che testimoniano come quella gabbia stilistica si stia aprendo; infatti, definisce il classicismo come una statua con il volto scheggiato, che mostra le sue incrinature.
Anche in Cesare Pavese è visibile l’antipoesia, poiché lo scrittore inserisce l’idea che la poesia possa raccontare una storia ed è un’intuizione per niente banale: nell’immaginario comune, la poesia è quasi un’immagine fotografica e statica, che deve rappresentare uno stato d’animo temporale; con Pavese diventa invece come un cortometraggio, all’interno del quale scorre il tempo, e ci narra un racconto anche quotidiano, rifuggendo il suo compito ancestrale di portarci in un mondo altro.
Sarà poi il poeta Edoardo Sanguineti, leggendo Pavese, a privilegiare l’antipoetese al poetese, l’infrazione rispetto alla norma, lo sperimentalismo rispetto al classicismo, la rivoluzione rispetto allo status quo; insieme al Gruppo 63, opererà una vera e propria aggressione al linguaggio e al canone.
Il tutto ha una ricaduta sullo stile: se il poeta non è più portatore di verità, parla a livello singolo, non parla più a nome di una comunità. Parlando a nome suo, deve lui stesso reinventarsi uno stile, non ha più un codice o un modello di riferimento. Quindi qual è la dinamica dell’antipoetese? Alla base c’è il fatto che il singolo poeta sta cominciando a entrare in quella situazione in cui sarà lui a stabilire le regole del gioco, e non sarà più la tradizione, che invece comincia a traballare.
La poesia, quindi, non si limita più a raccontare, con termini aulici, un’emozione interiore, portando il lettore in un mondo altro, ma si sposta verso la prosa, abbandonando il lirismo e il sentimentalismo per trattare temi sociali, quotidiani, umani, senza nessuna astrazione.
Analisi e significato della poesia “Saba”
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Il testo della poesia di Vittorio Sereni non è diviso in strofe, ma si compone di un’unica sezione di diciassette versi totali, senza nessuno schema di rime.
La scelta di un titolo così semplice, l’utilizzo del solo cognome del poeta, conferisce un senso di immediatezza, come se fosse un incontro diretto con la figura di Saba stesso, e, in parte, è come se lo fosse. Come scrive Stefano Cerrai:
“Il testo prende avvio da oggetti che tornano alla memoria come attributi specifici della figura di Saba, il suo basco, l’inseparabile pipa e il bastone cui si appoggiava nei suoi anni senili”
L’incipit è legato, infatti, a oggetti concreti, che nell’immaginario comune mai potrebbero essere presenti in un componimento poetico: in questo caso, sono oggetti del ricordo, poiché Saba è ormai morto, ma Sereni li vede animati tramite la sua memoria.
L’elemento oggettuale diventa sempre più forte e presente all’interno della poesia, perché vengono elencati anche elementi come "macerie" e "polvere", che diventano anche una componente storicizzante perché ci collocano temporalmente: siamo nel periodo del dopoguerra, quando l’Italia è in ricostruzione. Quindi, la dimensione della concretezza è centrale nella poesia, perché sono presenti elementi di uso comune, come i caffè e la radio.
Dal punto di vista stilistico, Sereni utilizza uno stile colloquiale che, unito a delle forme di ripetizione (“un giorno, un giorno o due”), conferisce alla poesia un tono simile al linguaggio parlato.
Inoltre, c’è un riferimento storico-temporale preciso, che apre la prospettiva storica vera e propria: il 18 aprile. È il 18 aprile 1948, giorno delle prime elezioni politiche in Italia, vinte dalla democrazia cristiana. Si fa strada il grande tabù della poesia italiana: la politica. Non che non ci siano state esperienze pregresse, ma in genere erano sempre all’insegna dell’alto valore civico e morale; qui, invece, abbiamo un’Italia che legittimamente si divide tra chi ha votato democrazia cristiana e chi partito socialista. Sereni ricorda Saba, ma parla anche di sé, dicendo chiaramente da che parte stia, inserendo la politica contemporanea e arricchita da un vago turpiloquio (“porca”).
Perché la chiamiamo poesia? Non solo perché va a capo, ma perché c’è un gioco di rimandi, di ritmo tale che è stata considerata poesia; è chiaro che c’è un setting editoriale, e quindi è stata inserita in una raccolta di poesie, come è chiaro che Sereni era poeta e aveva un capitale simbolico alle spalle; però è anche vero che in questo momento Sereni (e come lui tanti altri) sta inventando un codice nuovo, antipoetese, per fare in modo che la poesia possa essere vicina alla vita delle persone reali e concrete.
In conclusione, la poesia del ’900, spogliandosi dei tradizionali ornamenti stilistici, si avvicina alla realtà e alla prosa, trovando una nuova forma e autenticità. Con opere come Saba, Vittorio Sereni celebra questo cambiamento, mostrando come la poesia possa rispecchiare la vita quotidiana, rendendosi più accessibile e profondamente umana.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Saba”: la poesia di Vittorio Sereni, celebre esempio di “antipoesia”
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