Santinelli, Newton e l’alchimia: un triangolo di luce
- Autore: Marco Rocchi
- Genere: Filosofia e Sociologia
- Categoria: Saggistica
Alchimia, che significa “Arte della pietra filosofale”, proviene dall’arabo al-Kimya. L’ispirazione è egiziana: Kemi nell’antico Egitto equivale a “terra nera”, cioè il “limo” del Nilo indispensabile al fiorire dell’agricoltura in un paese insidiato dall’avanzare del deserto. Il limo nero, pur essendo amorfo, ha in sé una gran varietà di potenzialità senza le quali non è possibile alcuna manifestazione di vita. Kemi, dunque, è il “preformale”, il “potenziale”, il “virtuale” da cui scaturisce la realtà in via di perfezionamento. Secondo Eliade e la Pereira, l’origine dell’alchimia è legata alla lavorazione dei metalli con la convinzione di poter fare, a partire dalla materia imperfetta e impura dei metalli medesimi, una sostanza perfetta. Questa, in estrema sintesi, la cornice culturale su cui poggia il saggio di Marco Rocchi "Santinelli, Newton e l’alchimia: un triangolo di luce" (Argalìa Editore, Urbino, 2010). Questo lavoro, sostenuto da un’aggiornata bibliografia, si offre al lettore con un’essenziale introduzione che chiarisce l’intento dell’Autore. Egli scrive:
“Questo libretto nasce dall’approfondimento della relazione – mediata dall’alchimia – tra Isaac Newton e Francesco Maria Santinelli”.
La trama e l’ordito stanno dunque nella rivisitazione di un alchimista pesarese del Seicento, Francesco Maria Santinelli (Pesaro 1627-Roma 1697), la cui opera "Lux obnubilata suapte natura refulgens" viene scandagliata per evidenziare fino a che punto possa avere influito sul pensiero newtoniano. Segue una indicazione sugli argomenti nei due capitoli di cui il saggio si compone; poi, andando avanti nella lettura, ciò che desta interesse sulle interpretazioni dell’alchimia il contributo di illustri studiosi come Carl Gustav Jung e Frances A. Yeats. E’ altresì di assoluta chiarificazione la lettura di ciò che Marco Rocchi dice con competenza sulla duplice fisionomia di tale sapere, l’una complementare all’altra:
“Se è incontrovertibile e assai ben documentato il contributo che l’alchimia (in particolar modo quella spagirica) ha fornito alla chimica e alla farmacologia, portando loro in dote strumenti, terminologie e procedimenti operativi, è ben vero che questa rappresenta – pur nella sua verità – una visione fortemente riduttiva”.
Muovendosi sul piano filosofico, in merito al contributo di Jung leggiamo che l’alchimista intraprende la via della “Grande Opera” per compiere un viaggio all’interno del proprio inconscio, realizzando gradualmente il processo di individuazione ovvero un processo di sviluppo dall’inconscio alla consapevolezza del Sé. Erano così bizzarri gli alchimisti? La tradizione li tramanda in un modo del tutto esteriore: personaggi che operano negli antri e nelle oscure officine con strumenti accatastati disordinatamente (compassi, crogioli, alambicchi, boccali, distillatori, pergamene …). Il nostro studioso sgombra il campo da equivoci pregiudizi, prendendo le distanze dall’interpretazione, tanto più superficiale quanto più diffusa, che vede l’alchimista “come un personaggio da operetta, ciarlatano e truffatore”. Paradigma assoluto del connubio dell’alchimia con la scienza è Isaac Newton, le cui scoperte, innovative e rivoluzionarie, si sa, sono state determinanti nello sviluppo del pensiero scientifico. Quale il segreto? Ecco allora l’intreccio coinvolgente in questo affresco dove Marco Rocchi, da filologo e saggista, offre sostanziali conoscenze in un clima di piacevole lettura.
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Santinelli, Newton e l’alchimia: un triangolo di luce
Lascia il tuo commento