Dove c’è un investigatore c’è il poliziesco, a condizione che il giallo faccia “narrazione”. Del resto, scrittori come Melville, Conrad, Stevenson, o Soldati e Gadda in Italia, hanno imparato dal giallo che ha sollevato "a materia d’arte la bruta cronaca quotidiana".
Diversi sono gli scritti di Sciascia sull’argomento, raccolti nel volume Il metodo di Maigret e altri scritti sul giallo (Adelphi, 2018, a cura di Paolo Squillacioti, curatore dei due primi volumi delle opere del nostro scrittore). In tutto ventitré articoli di varie fasi della sua vita, in parte dimenticati e conosciuti soltanto nella sfera di ristretti studiosi.
Il metodo di Maigret e altri scritti sul giallo
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Nel 1961, quando ancora Simenon era confinato fra gli scrittori di serie B, Sciascia scriveva:
"Maigret è l’elemento cui la realtà reagisce: una specie di elemento chimico che rivela una città, un mondo, una poetica".
Il gusto per la letteratura poliziesca egli l’ha nutrito sin dai primi anni Cinquanta come un gioco ingegnoso, quasi volesse chiarire a se stesso le ragioni della sua passione e costruire una sorta di mappa, una genealogia degli autori più amati – Chesterton, Agatha Christie, Erle Stanley Gardner, Rex Stout, Simenon, Geoffrey Holiday Hall, e altri ancora, in cui è possibile rinvenire le ascendenze dei protagonisti dei suoi gialli: dal capitano Bellodi del Giorno della civetta all’ispettore Rogas del Contesto, al brigadiere Lagandara di Una storia semplice.
Decisa l’affermazione di fedele lettore dei libri di Georges Simenon:
"Io vagheggio da sempre uno stato che abbia una polizia come quella guidata da Maigret, intelligente e umana al tempo stesso".
Il metodo di Maigret e altri scritti sul giallo
Squillacioti ha ordinato gli scritti sciasciani in tre sezioni e per nuclei tematici. La prima, intitolata Storia e funzione del giallo, presenta gli articoli dedicati alla genesi, ai meccanismi e figure del giallo classico.
Asse portante dell’intera raccolta è la seconda, che dedicata al Commissario Maigret illustra l’interesse di Sciascia per il personaggio:
“Benché non se ne trovi traccia nei primi saggi del 1953-1954, risale a quel periodo, e prosegue poi per tutta la vita”.
Gli investigatori dei suoi romanzi usano il fatto criminoso all’origine dell’indagine come un pre-testo per illuminare le zone in ombra di un contesto sociale, per “sentire le cose”. Ed essi adottano un metodo non dissimile a quello di Maigret:
“Tende a impregnarsi dell’ambiente con cui entra in contatto e cerca di comprendere a fondo le ragioni delle vittime come dei colpevoli, fino a rinunciare talvolta a chiudere le indagini con l’arresto di questi ultimi lasciandoli in libertà. Questo è un aspetto fondamentale messo a fuoco”.
Per esempio, nel Contesto l’agire dell’ispettore Rogas richiama il metodo del commissario francese,
“fondato in una sorta di ‘impregnamento’ nella vicenda criminale e nell’ambiente con cui entra in contatto, e in un’identificazione con gli attori di quella vicenda, specialmente con il colpevole; e il tutto conversando con le persone del luogo o guardandosi intorno bevendo il “pastis” in bar fumosi."
Esattamente come Rogas, che indaga passeggiando nelle città in cui si sono consumati i crimini o facendo delle lunghe nuotate in mare. Il meccanismo dell’identificazione è fondamentale: fa stare col fiato sospeso per la sorte del colpevole e oscuramente fa desiderare che la faccia franca. A un certo punto Rogas incontra Cres, l’assassino dei giudici, in un ascensore, e ha l’impressione di vedere se stesso allo specchio; per di più lo lascia andare a uccidere il Presidente della Corte Suprema Riches. A quel punto ha interiorizzato le ragioni del colpevole, riconoscendo ben più gravi le colpe delle vittime.
Un rivolgimento questo dello schema classico che avvince il lettore: lo conduce a simpatizzare con la coppia Rogas-Cres e a interrogarsi sulle dinamiche del Potere.
L’ultima sezione, Giallisti al lavoro, abbraccia una serie di ritratti e di giudizi sui maestri del giallo (Conan Doyle, Agatha Christie, Wallace...).
Nella preziosa Nota al testo che chiude il volume, Squillacioti traccia il quadro complessivo della produzione saggistica di Sciascia in materia di letteratura poliziesca, con riferimenti anche ad altri autori – da Brancati a Savinio, da Gide a Gadda, da Soldati a Borges e Greene – da lui letti e apprezzati.
Consideriamo qualche dettaglio. Nel 1961, scrivendo di Simenon, Sciascia tirava in ballo Gogol e Cecov:
“Gogol e Cecov: lo scrittore che vede e lo scrittore che ama. E il vedere gli uomini e l’amarli si possono considerare come qualità peculiari di Simenon: qualità che permettono allo scrittore di giungere alle verità dell’uomo come a Maigret permettono di giungere alla soluzione di un caso. [...] Maigret vede: vede perché ama. Non c’è personaggio, nella letteratura contemporanea, che ami la vita e gli uomini quanto Maigret. Non c’è, dopo Cecov, scrittore che ami così profondamente, così minutamente, così religiosamente la vita e gli uomini come Georges Simenon. Ci sarà magari in lui qualcosa di mancato: sarà un Gogol mancato, un Cecov mancato: ma è certo uno degli scrittori del nostro tempo più vicino alle ragioni umane, all’uomo così com’è”.
Il caos e l’ordine: i detective inquieti di Sciascia
Nel giallo l’investigatore più che assicurare l’assassino alla giustizia ha come obiettivo la soluzione dell’enigma per mutare il caos nell’ordine attraverso la ricerca della verità. Scrive Sciascia in Breve storia del romanzo poliziesco:
“L’investigatore è un genio, un uomo che possiede eccezionali qualità razionali e visionarie; un genio che il personaggio di “spalla” non può raggiungere, così come irraggiungibile è per Sancio don Chisciotte, quel che don Chisciotte sente e vede, il mondo di don Chisciotte.”
I suoi detective sono personaggi dalla coscienza inquieta, perché scrutano il mondo del malaffare che infine li domina. Essi operano anche per difendersi dalle connivenze degli apparati istituzionali con l’organizzazione criminale e alla fine risultano sconfitti. Contrariamente ai polizieschi tradizionali, dove trionfa la soluzione dell’enigma, sia Bellodi che Laurana, benché sostanzialmente diversi come personalità, falliscono nell’impresa. Ad avere la meglio è il complotto ordito per distruggere ogni pista.
In conclusione, molteplici riflessioni si possono ricavare dalla lettura di questo libro: in particolare, consente di mettere in relazione i contributi di Sciascia sul giallo con le caratteristiche dei romanzi politico-polizieschi che egli ha scritto.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Sciascia e i romanzi polizieschi: dalla lettura alla scrittura
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