Il 22 marzo avrebbe compiuto 90 anni e invece, quattro giorni prima, la mattina di martedì 18 marzo, il grande italianista bolognese Ezio Raimondi se ne è andato, in una stanza d’ospedale del Sant’Orsola, dove era ricoverato.
Era nato a Lizzano di Belvedere, come un altro grande, Enzo Biagi, ma fin da bambino ha abitato a Bologna. La sua famiglia era di umili origini. Raimondi era figlio di una lavandaia e di un ciabattino che lavorava in via del Borgo. Era un ragazzo serio, nel quale i genitori avevano riposto tutte le loro speranze. Lo facevano studiare anche a costo di dover fare enormi sacrifici.
Nel suo ultimo volume, “Le voci dei libri”, edito da Il Mulino nel 2012, lo stesso autore parla degli anni della formazione e poi dell’insegnamento universitario, prima a Magistero e poi a Lettere. Si tratta di un dialogo con le correnti più avanzate della critica contemporanea, uno stretto legame fra gli scritti che lo avevano formato e le amicizie, ricostruendo vari momenti della vita culturale, attraverso la sua passione per la lettura.
Oltre alla sua straordinaria carriera accademica all’Università di Bologna, Raimondi è stato professore ospite di numerose università straniere. Il letterato è stato a lungo anche presidente della casa editrice “Il Mulino” e ha formato generazioni di studenti, fra cui Francesco Guccini che, nonostante non si sia laureato, ha sempre avuto un legame particolare col suo insegnante.
Dal 1975 Raimondi ha insegnato presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Bologna. Inizialmente è stato professore di storia del teatro, poi è diventato titolare della cattedra di Letteratura italiana all’Università di Bologna (corso di laurea in Lettere classiche e moderne).
Si è occupato di Dante, Petrarca, Tasso, Manzoni (sembra il suo prediletto), Serra e Gadda. Ma si è interessato anche di arte, di storia e di scienze. In veste di presidente dell’Istituto dei beni culturali dell’Emilia Romagna, ha dato particolare risalto alle tradizioni di questa regione.
Il suo pensiero era costantemente rivolto ai giovani. Per lui si trattava di aprire nuove porte attraverso il passato, al fine di indagare a fondo il presente. Parola chiave del suo metodo critico era “comprensione”. I temi erano percorsi con curiosità, condivisi con veri interlocutori, come gli studenti o gli amici, in un’ interrogazione continua al mondo attraverso il testo letterario.
“Diffidate di ciò che sembra facile”
amava dire ai suoi studenti. La sua capacità di grande critico forse sta proprio in quel senso “acuto” della complessità, nella capacità di trasformare il disagio di fronte all’insolito in penetrante intelligenza interpretativa.
Scrive in “Un’etica del lettore” del 2007:
“La letteratura non lascia mai le cose come stanno, ma vuole trasformare la memoria in esperimento, in costruzione dell’uomo”.
Egli ci ha insegnato che le parole hanno un “volto” e ci vengono incontro per interpellarci. A noi sta la responsabilità della scelta.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Scomparso Ezio Raimondi, uno dei più grandi studiosi della letteratura italiana
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