Cosa si intende per creative writing? Come si diventa uno scrittore creativo? Lo abbiamo chiesto a Luisa Gasbarri, docente di creative writing che ha inaugurato il genere noir shocking con il romanzo "L’istinto innaturale". Nel 2010 ha pubblicato con Newton e Compton "101 cose da fare in Abruzzo almeno una volta nella vita".
Luisa ha accettato di rispondere alle nostre domande sulla scrittura creativa.
- Che cos’è la scrittura creativa?
La scrittura creativa è sganciata dalle funzioni cui di solito destiniamo la scrittura: non ha un’utilità pratica immediata, non ci aiuta più di tanto a elaborare un articolo, un saggio, una relazione, cioè una forma di testo dalle finalità evidenti. Quando vogliamo diventare scrittori, dedicarci dunque al romanzo, al racconto, alla sceneggiatura… non possiamo porci obiettivi evidenti: scrivere per lanciare messaggi è una pessima idea.
Lo scrivere artistico è una dimensione dell’essere, uno stato esistenziale direi, e libera tutt’altre energie: naturalmente il talento, se c’è, e poi la creatività, l’emotività, la tensione espressiva, la visionarietà di un nostro sguardo alternativo sul mondo che abbiamo magari sempre ignorato. Ci si ’trova’ attraverso le parole; più che conoscersi meglio, ci si ’riconosce’ grazie a un certo affiorare delle parole. In questo senso la scrittura fictional può essere terapeutica. Spesso chi intende frequentare un corso del genere avverte una strana mancanza, una fame antica, insaziata: come se avesse da tanto tempo una storia da raccontare, ma non sapesse da dove iniziare. E di solito la storia che vogliamo raccontare davvero non è affatto quella che crediamo.
- Scrivere, secondo lei, è principalmente un talento o si può imparare ad inventare e raccontare delle storie attraverso lo studio?
Una scuola di scrittura può far apprendere tecniche interessanti, stimolare la creatività, ma il talento, l’originalità, la forza espressiva sono doni - condanne volendo - e si possono affinare soltanto. Non si diventa poeti. Si nasce poeti, scriveva Marina Cvetaeva. Un corso di creative writing può comunque servire a rendersi conto delle proprie possibilità, a superare censure mentali, paure come il panico da ’pagina bianca’, o il blocco dello scrittore, a espandere l’immaginazione sfidando i propri limiti, maturando senso estetico e critico.
Quindi si può imparare a raccontare meglio una storia, a svilupparla con più suspense per esempio, con più ritmo narrativo, in modo da coinvolgere maggiormente il lettore. A volte basta cambiare il punto di vista del narratore per trasformare uno scialbo esperimento in una pagina valida. E tuttavia se la storie sono frutto solo della nostra testa, se non sono spinte a germogliare nella nostra anima, quasi per propagginazione spontanea, quasi per intrinseca ineluttabilità, all’arte non si arriva. Anche l’abito confezionato dal più grande stilista non inganna a lungo se la stoffa è scadente.
- Quali sono le tre caratteristiche fondamentali che un aspirante scrittore creativo dovrebbe avere?
Aver letto molto. So che oggi non va più di moda una simile dichiarazione ma non si diventa piloti di formula uno senza aver mai preso in mano un volante.
Bisogna leggere prima di mettersi a scrivere. Orienta nel trovare il proprio stile, la propria voce. E leggere senza pregiudizi, senza obbligo, per il gusto di farlo. Per amore oserei dire. Perché per scrivere in un certo modo bisogna amare la letteratura, e l’amore è fatto di conoscenza.
In secondo luogo chi scrive deve avere qualcosa da dire.
Può sembrare pleonastico, oltre che contraddittorio, visto che ho appena sottolineato come la scrittura non sia fatta di messaggi. Se uno scrittore non manda messaggi (i romanzi a tesi sono i peggiori), non può però rinunciare a una visione del mondo sua, a un suo immaginario capace di rovesciare gli stereotipi dei nostri, di squarciare abitudini e rinnovare consapevolezze: gli appartiene un’urgenza del dire che fa parte del suo essere artista, e non è volta a convincere il prossimo, ma a emozionarlo, a scuoterlo, a fargli sentire doppiamente la vita. Considero infatti la letteratura sorgente inesauribile di accrescimento vitale: nessuno è più lontano dalla verità di chi pensa che leggere o scrivere sottraggano tempo alla vita. Ne sono talora l’essenza a tal punto che l’autentico artista se non si esprime sta male, irrealizzato e incompleto come uno strumento musicale cui sia negata l’esperienza del suono. Purtroppo oggi molti libri non sono invece fatti di nulla, sembrano capricci, accattivanti giochi intellettuali, astuzie da editor, non lasciano niente, non toccano l’anima perché un’anima non la possiedono in partenza.
E’ enorme la differenza tra chi pubblica libri e un vero scrittore. Perciò la terza caratteristica è di sicuro il coraggio. Quando si scrive è perché quel che hanno scritto gli altri non corrisponde a quanto vogliamo scrivere noi, è dunque cruciale andare fino in fondo. Se si ambisce a piacere a tutti (ergo al successo), se si è politicamente corretti per non far arrabbiare nessuno, se non si è capaci di assumere posizioni forti verso la vita, gli esseri umani, le idee o qualsiasi cosa si abbia intorno, si rimane autori di libri.
Il Grillo Parlante è il primo a finire schiacciato, per cui gli scrittori sono rari e isolati, assolutamente scomodi, e la loro scrittura ha un costo. Pretende coraggio, coerenza, convinzione. Non in un’ideologia, ma nella propria necessità.
Eliot scriveva:
“Oserò sfidare l’Universo?”
Ecco, se non si vuole sfidare l’universo, meglio forse dedicarsi alla politica o al burraco.
- Che tipo di percorso l’ha portata a diventare docente di creative writing? Potrebbe dare un consiglio a chi volesse seguire la sua stessa strada?
Ho cominciato a condurre in modo sistematico corsi di scrittura creativa dopo la pubblicazione del mio romanzo “L’istinto innaturale”. I miei studi di psicologia, il mio lavoro di insegnante, poi le presentazioni del libro, alcuni incontri, mi hanno indirizzato naturalmente verso tale percorso.
Ritengo che anche a un docente di creative writing si richiedano determinati requisiti:
- capacità relazionali, oltre che preparazione, perché ogni ciclo di incontri ha dinamiche proprie, il gruppo è un piccolo mondo che deve espandersi, e bisogna mettere tutti a proprio agio, lasciarsi sorprendere, arricchire dagli altri;
- competenze didattiche, perché insegnare, al contrario di quel che comunemente si crede, non è qualcosa che si improvvisi, di qualunque ambito si tratti;
- esperienza diretta: un corso di cucina si fa con uno chef, a nessuno verrebbe in mente di imparare a cucinare da qualcuno che avesse letto solo manuali sull’argomento.
Io sono una scrittrice - avevo la frenesia di scrivere un libro già a sei anni, mi racconta mia madre - ho pubblicato saggi letterari, racconti di genere (dalla Sci fi al gotico, dal noir alla short story), curato volumi antologici per varie case editrici, praticato la narrativa nella forma del romanzo quanto del manuale alternativo, svolto attività redazionale… Molto di quello che so l’ho acquisito col tempo, imparando che la scrittura è pienezza, ma anche istinto, mestiere e nessun Master, nessuna laurea ti fa vivere gli ostacoli, le frustrazioni, gli inciampi, i problemi, le gioie, le vittorie, le gratificazioni che incontri sul campo. Solo uno scrittore sa cosa significa portare ’dentro’ una storia, covarla quasi come una creatura viva, per anni magari, finché non arriva il momento di farla uscire, renderla libera, non più tua soltanto. Solo uno scrittore comprende davvero lo stare ore su una pagina quando - anche se il contenuto c’è, anche se volevi dire proprio quelle cose - avverti che il ritmo manca, la sintassi non ti rispecchia, non ha il tuo respiro ancora, e le parole non sono affilate abbastanza né le emozioni coagulate come vorresti. Perché a un certo punto capisci di non dettare tu le regole, ma di doverti modellare su esigenze invisibili, più profonde, inespresse, eppure imperative.
Provare in proprio l’esperienza fa una grande differenza.
Scoraggerei tuttavia di cuore dal dedicarsi alla scrittura senza un’attenta riflessione. Ci sono già troppi libri, pubblicare, soprattutto in Italia, è impervio: si consideri che passano anni anche solo perché venga letta una sinossi e non credo nelle pubblicazioni in cui è l’autore a dover pagare.
Se si è davvero nati scrittori, però, il buon senso convince poco.
Conviene allora armarsi di pazienza e non aver paura di riscrivere, a volte tanto, finché non ci sente davvero pronti, convinti di quel che si è fatto.
Le critiche vanno valutate attentamente, ma non devono scoraggiare: dopo tutto è inconsueto che la grandezza artistica venga immediatamente compresa e il battesimo del fuoco sarà comunque sperimentare in silenzio il disagio della severissima stroncatura di qualcuno che non ci ha letto neppure...
Un po’ di sicurezza in se stessi ci vuole sempre.
E la scrittura è una grande alleata: non ci lascia mai soli.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Scrittura creativa: cos’è e come si impara? Intervista a Luisa Gasbarri
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