Da pochi giorni è in libreria Scrivere è l’infinito (Vallecchi 2021, pp. 208), nel quale il giornalista e scrittore Mariano Sabatini elenca “Tecniche, rituali, manie dei grandi narratori”, come recita il sottotitolo del testo.
Il volume (con la dedica: “A mia madre, per le letture di bambino e per avermi trasmesso la gioia di creare”) contiene una miniera di consigli utili, suggestioni, aneddoti riguardanti le esperienze narrative di oltre cento romanzieri sui loro singolari metodi di lavoro, utilissimi per gli aspiranti scrittori e per chi ha sempre adorato leggere.
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Scrittori famosi, apprezzati, amati, tra cui: Michael Cunningham, Jeffery Deaver, Joe R. Lansdale, Dacia Maraini, Andrea Camilleri, Lawrence Block, Amitav Gosh, Raul Montanari, Daria Bignardi, Andrea Vitali, Maurizio de Giovanni, Gianrico Carofiglio, Lidia Ravera, Simona Vinci, Grazia Verasani, Romana Petri, Gabriella Genisi, Simonetta Agnello Hornby, Licia Troisi, Valerio Varesi, Barbara Alberti, Tullio Avoledo, Giuseppe Genna, Ferdinando Camon, Marta Morazzoni, Bianca Pitzorno, Lisa Ginzburg, Cinzia Tani, Barbara Baraldi, Danila Comastri Montanari, Margherita Oggero, Paolo Di Paolo, Paola Calvetti, Valerio Massimo Manfredi, Cristina Comencini, Paola Mastrocola e molti altri.
Se è vero che scovare il proprio metodo di scrittura è fondamentale, magari si può cominciare proprio sbirciando come lavorano i narratori che ce l’hanno fatta: i loro, molteplici trucchi, le ossessioni e i rituali...
“Scrivere è, indubitabilmente, l’infinito del verbo che denomina la mera azione del trasferire su carta i pensieri, le idee, i personaggi, le storie… ma allo stesso tempo scrivere è anche tendere all’infinito. Perdersi nell’infinito”.
Mariano Sabatini è nato nel 1971 a Roma, dove vive e lavora. Ha scritto per i maggiori quotidiani, periodici e web. Ha firmato programmi di successo per la Rai, Tmc e altri network nazionali; ha condotto rubriche in radio e continua a frequentare gli studi televisivi come commentatore. Pubblica racconti per riviste popolari e ha partecipato a varie antologie narrative. Dal 2001 ha scritto diversi libri di carattere saggistico.
Il suo primo romanzo, L’inganno dell’ippocastano (Salani, 2016), tradotto nei paesi di lingua francese, si è aggiudicato il Premio Flaiano e il Premio Romiti Opera prima (2017). Gli ha fatto seguito Primo venne Caino (Salani, 2018), sempre con Leo Malinverno – giornalista investigativo – come protagonista.
Facciamo quattro chiacchiere con l’autore.
- “Scrivere non è per tutti né alla portata di tutti”. Scrittori si nasce o ci si può diventare?
Vi stupite se rispondo che non lo so? Non saprei dire neppure come si sono riuscito io. So però che la passione ustionante può aiutare a vincere ogni attrizione contraria. Ogni cosa può tramare contro chi decide di scrivere a livello professionale. Un marito o una moglie che non capiscono, i conti che non quadrano, gli editori che non apprezzano il tuo lavoro, gli agenti non reattivi… La verità è che alla fine, se è davvero quello che vuoi, fatto salvo il talento nelle sue molteplici manifestazioni, arriverai a pubblicare.
- E come?
Diciamo che si nasce con certe attitudini, con il gusto delle storie, con la curiosità nei confronti dell’umanità che aiuta nella costruzione dei personaggi. La difficoltà vera non è trovare un editore, quando la storia è al suo compimento, ma difendere il romanzo dalle proprie insicurezze, dalla pigrizia, dalle distrazioni… Scrivere è un mestiere duro, che deforma il fisico e l’umore. Simenon sosteneva che è una vocazione all’infelicità, che vuol dire rassegnarsi a vivere sovraesposti, come senza pelle.
- Mariano, dalla dedica del libro si capisce che hai sempre amato leggere fin da piccolo. Amare la lettura è stato importante per imparare a scrivere bene?
Mi fanno ridere quei sedicenti scrittori che sostengono di non avere tempo per leggere, un po’ come un chirurgo che dica: non avevo tempo per studiare l’anatomia. Leggere con il piacere sottile di qualsiasi altro vizio è l’unico corso di scrittura creativa che alla lunga davvero funzioni. S’impara assorbendo i tempi narrativi, gli escamotages, le soluzioni e le atmosfere altrui. Per poi trovare una propria voce originale. Ecco perché in questo libro ho voluto racchiudere le esperienze narrative di tanti narratori. Leggere, e leggere di come fanno quelli affermati, aiuta molto a trovare la motivazione.
- Andrea Camilleri preferiva scrivere avendo attorno a sé “un po’ di casino”, Dacia Maraini scriveva tutti i santi giorni ma ultimamente si impone di non scrivere la domenica. Qual è invece il tuo metodo di scrittura?
Scrivo molto di testa, sto con i personaggi, me li immagino, li faccio parlare e scontrare con le emozioni degli snodi di trama, poi parto e scrivo appena posso, più che posso. Ultimamente la mattina, quando ho la testa sgombra da altro. Prima dell’agguato del mondo esterno. E preferibilmente d’inverno, perché l’estate è una stagione cafona e poco creativa.
- Quanto è stato importante per la tua formazione professionale lavorare con Luciano Rispoli?
Moltissimo. Io ho sempre scritto per i giornali, per la Tv, per la radio, e poi i libri. Devo questa intuizione dell’uso professionale della lingua italiana a un programma di Luciano Rispoli, Parola mia, che seguivo a quindici anni su Rai1. Poi per fortuna sono addirittura riuscito a lavorare con lui, oltre quindici anni in cui mi ha insegnato tutto quello che so. Da quando non faccio più l’autore televisivo ho iniziato a scrivere romanzi.
- Nel volume citi anche la compianta Elda Lanza, inventrice dell’avvocato investigatore, Max Gilardi. Puoi vantarti di aver segnalato la Lanza a Salani, perché valutasse la pubblicazione a partire dal fortunatissimo Niente lacrime per la signorina Olga. Avevi intuito che la serie su Max Gilardi sarebbe stato un successo di critica e di pubblico?
Avevo intuito che lei fosse un affare per un editore, capace di intrecciare trame con una scrittura agile, e abilissima a sostenere i suoi libri in tv e in radio. Mariagrazia Mazzitelli ha colto al volo il suggerimento e quella serie ha venduto oltre 160 mila copie. Non male. Con Rispoli, Elda Lanza è stata l’altro incontro formativo della mia vita. Mi considero fortunato per questo. Mi aveva rilasciato un’intervista sulla lettura e i libri amati, che ho messo a conclusione di Scrivere è l’infinito.
- Perché questo titolo?
Be’, nessuno potrà mai negare che scrivere è l’infinito del verbo in questione, ma come mi ha detto Lidia Ravera, scrivere è regnare sull’infinito possibile. Cosa che può anche ingenerare uno smarrimento fatale in chi si propone di lavorare a un romanzo o anche solo a un racconto.
- A proposito di libri… a quando un nuovo romanzo con protagonista il giornalista investigativo Leo Malinverno?
Me lo chiedono tutti, vuol dire che Malinverno ha fatto breccia nel cuore dei lettori. Tornerà presto, spero, anche se i tempi editoriali hanno poco da spartire con quelli umani. Posso dire intanto che la nuova avventura professionale di Malinverno ha sorpreso anche me moltissimo!
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Scrivere è l’infinito”: intervista all’autore Mariano Sabatini
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