Se gli occhi fioriscono
- Autore: Danilo Dolci
- Categoria: Poesia
Il 13 maggio del 1996 l’Università di Bologna conferisce a Danilo Dolci la laurea honoris causa in Scienze dell’educazione. Dopo la prolusione, i docenti dell’Ateneo lo invitano a tenere un seminario di studi; per l’occasione le Edizioni Martina di Bologna stampano “Se gli occhi fioriscono”, antologia delle poesie edite dal 1968 al 1996, dove reperti e dettagli del quotidiano sono restituiti da un linguaggio icastico che alla comunicazione lascia spazi minimi e grandi.
È la tutela e la conservazione dei beni ambientali e paesaggistici che connota l’essere nel mondo. Ce ne rendiamo conto leggendo il componimento In questo frammento di galassia. L’incipit ha la lentezza della sonorità nel disincanto dei luoghi metropolitani. A mostrarsi nettamente è la perdita dell’alba a causa dei fanali:
“Nell’eguale giallume dei fanali / non ravvisi ove l’alba illividisce. Lo stupore d’un tempo si è eclissato a causa della realtà inquinata e resa opaca dal cemento: Il fiume in cui nuotavi come un piccolo / dio, fino nel fondo ad occhi aperti, / è ora piscia corrosiva - / attorno / nell’opaco fiato crescono / enormi / denti di cemento”.
La costruzione del nuovo mondo si fa perciò strada incontrando ostacoli difficili da abbattere, giacché la malattia è pressoché mortale. L’abusivismo e l’utilitarismo, che destrutturano e corrodono il presente, segnano la frattura fra la bellezza e l’essere, provocando sofferenze alla città, spazio d’umane interazioni. La città terrestre delle creature, quella non “sospesa fra le nuvole”, respira di terra per fare respirare; “è il cantiere di ognuno”, un ampio contenitore da costruirsi a partire dall’infanzia:
“La città nuova inizia / dove un bambino impara a costruire / provando a impastare sabbia / e sogni inarrivabili”.
Preziosa la metafora della creatività infantile, perché il bambino – aveva detto Maria Montessori – è il padre dell’uomo. Per Danilo Dolci l’immagine è quasi mistica: il bambino è un Dio minore che crea con le mani e con il soffio vitale. Quale realtà scolastica al tempo in cui egli scriveva tutto questo? La sua poesia, lungi dall’essere accattivante, è provocatoria:
“Nelle scuole prosperano colture di virus / raramente studiati come tali - / chi, resistendo osserva e sperimenta / è impedito, tacciato da ‘deviante’”.
Lucidamente sintetico e ricco di massime è il suo verseggiare che guarda al microcosmo. Benefico per l’uomo il rapporto inscindibile con la natura da cui egli trae umori necessari a nutrirlo; e antidoto ai mali da debellare, tra cui la presunzione. Gustosamente pungente si configura la satira negli anni del berlusconismo:
“Il Cavaliere frottola imperterrito: / virali frottole per adescare la gente sempliciona”.
A consolidarsi e a svilupparsi resta la meta dell’ascolto interiore. Junghianamente è incontro con l’anima e con quello che deve ancora venire. Hanno i componimenti di Danilo Dolci il presagio del crescere possibile e la visione del “non ancora”:
“Per riuscire a comunicare / occorre in ogni attimo ascoltarsi / e occorre / ad ogni attimo / inventarsi”.
L’intreccio di comunicazione e apprendimento sociale è crescita d’amore:
“Non può esistere crescita / senza il comunicarsi fiducioso / senza conoscersi profondamente - / senza sapere che l’amore cresce / quando ognuno vi cresce”.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Se gli occhi fioriscono
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