Sei la mia vita
- Autore: Ferzan Ozpetek
- Genere: Storie vere
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Mondadori
- Anno di pubblicazione: 2015
“La mia vita è la tua e ora te la racconterò, perché domani sarà solo "nostra"”.
Attraverso le strade chiassose di Roma, attraverso i vicoli sporchi di una città che si sveglia tardi, ed è anche un po’ contrariata, sfilando in mezzo alle facciate di palazzi eterni, che ogni notte tirano fino all’alba, stanchi e insoddisfatti come chi calpesta i marciapiedi sotto di loro, tra i rivoli di vita della città eterna, insomma, si srotola un’umanità dal cuore vibrante.
È la vita di Vera, è la vita di Valerio, è la vita di Rosita, del Mostro Marino, di Massimo, di Massimiliano, di Giuseppe, di Sergio e di Adriano. È la vita di Ferzan Ozpetek, proprio quella che il regista turco accuccia tra le pagine di Sei la mia vita (Mondadori, 2015, pp. 228).
Dopo Rosso Istanbul, Ozpetek torna a cimentarsi con la scrittura letteraria, una scrittura che tradisce l’immagine cinematografica e che svela una sensibilità sottile e fragile.
È il regista de Le fate ignoranti a parlare, è chiaramente lui: stessa dose di poesia, stessa prepotente umanità, stesso coraggio, stessa tenacia, stessa angoscia. È lui il protagonista di questo caleidoscopio di emozioni, è proprio lui quel regista che si mette in viaggio in auto, partendo da Roma di buon’ora, insieme al suo compagno, insieme alla sua vita. Ed è chiaramente lui che si metterà a nudo di fronte al proprio passato, di fronte al proprio presente e quindi dinanzi al proprio futuro, raccontando e raccontandosi.
Sullo sfondo di un palazzo storico, dove tutto è accaduto e dove tutto si è perso, Ozpetek (ri)costruisce la storia della sua giovinezza, del suo arrivo a Roma e soprattutto ricostruisce le storie di chi ha incontrato, incrociato e amato.
Si accavallano molte esistenze all’interno di questo romanzo, ognuna appartenente ad un personaggio che ha popolato già la storia cinematografica di Ozpetek. In primis Vera, quel Mario che nei panni di uomo proprio non riusciva a starci: tra tutte le anime che si avvinghiano al corpo multiforme del libro, Vera è quella che emerge in modo più tenace e severo, perché è proprio su di lei che si struttura il senso stesso del romanzo.
Un mix incandescente di umanità, sensibilità, amore, odio, libertà, schiavitù e indipendenza: questo è Vera, il transessuale che incarna la realtà della Roma degli anni ’80, quella Roma dove nasceva e maturava la comunità gay, la stessa Roma che ha visto moltiplicarsi i morti di AIDS, che ha visto moltiplicarsi le lucciole di strada e che ha visto i luccichii di un’epoca che nascondeva delle grandi fragilità.
Sì, perché è forse questa la parola chiave del libro: fragilità.
“Anime candide, ma esperte di vita, ciascuna con la sua solitudine da offrire”.
Nel ricordare le vicende passate, il protagonista presenta al lettore uno spaccato di vita vissuta, e per questo vengono a galla tutte le debolezze di cui l’essere umano deve farsi carico per diventare unico ed inimitabile. Sono storie d’amore quelle che Ozpetek racconta al suo compagno di viaggio: amori persi, amori ritrovati, amori vincenti, amori perdenti, amori abbandonati, non capiti, rovinati, ricuciti, desiderati.
L’animo puro del narratore tradisce una sorta di "ingenuità" nel modo di approcciarsi al mondo e alle emozioni, descrivendo ciò che vede e che sente nel massimo rispetto di quello che prova, senza finzioni e senza artifici. È così che prendono piede personaggi come Adelaide, la mamma di Massimiliano, l’oculista del palazzo storico. Perché Adelaide è una delle figure più controverse, che mette in difficoltà il protagonista e la sua capacità di analizzare le caratteristiche dell’altro: raggirando con un po’ di compassione e di innegabile simpatia l’interlocutore, Adelaide riesce sempre a ricavare un buon bottino da spendere al gioco, fra una partita a carte e una a poker.
Insieme a Vera, è una delle donne più audaci del libro, che incarna perfettamente il concetto di Vita Vera, con tutte le sue contraddizioni e con tutta la sua naturalezza: esattamente come la vita, attrae e respinge, abbraccia e tradisce, seduce e poi abbandona.
“Nel mondo che amo, ciascuno può essere semplicemente se stesso, con naturalezza e libertà, senza per questo sentirsi giudicato”.
È qui che è racchiuso tutto il senso del romanzo "Sei la mia vita": un tripudio di colori, odori, rumori e sapori, ognuno legato alla propria esistenza, ognuno schiavo della propria libertà. Come tutte le libertà autentiche, anche quelle dei personaggi di "Sei la mia vita" sono condizionate in primis dalle leggi del cuore e poi anche dalle leggi della moralità, quella che ogni individuo costruisce per sé e da sé, e che deve rispettare affinché la propria identità sia sempre limpida e forte, certa tanto del suo "come" quanto del suo "perché".
Tra via Ostiense, il mercato del Testaccio e il Circo Massimo, Ferzan Ozpetek racconta del suo mondo, dell’Amore senza sesso e senza età, dell’infanzia che plasma e a volte uccide, delle passioni, del cinema, delle idee e di una vita avventurosa, dove ogni trasgressione viene raccontata con semplicità e garbo, perché prima ancora dell’atto vengono i sentimenti, viene la sincerità dell’affetto. E così Vera, Massimo, Valerio e tutti gli altri scampoli di poesia disseminati tra queste pagine diventano fiori da coltivare, boccioli in via di esplosione, farfalle che si credono insetti, solo perché il mondo ha voluto che fossero tali agli occhi dei più. Ma è Ferzan Ozpetek a dar loro nuova linfa, a farli sognare nei suoi film, a farli emozionare nel suo romanzo più autentico, usando una penna delicata e soffice, dal vago tocco femminile.
Sei la mia vita è un romanzo buio e luminoso, morbido e duro, attraversato dalla morte ma che porta con sé un irresistibile inno alla vita, così somigliante ad un capolavoro felliniano che potremmo definirlo un film a metà strada tra "Amarcord", "La dolce vita" e "Le notti di Cabiria".
Un testamento affettivo che Ozpetek lascia, prima ancora che ai suoi lettori e spettatori, a se stesso.
Sei la mia vita
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