Sette maghi
- Autore: Halldór Laxness
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Iperborea
- Anno di pubblicazione: 2016
Una congerie di seduzioni - contestuali, tematiche, climatiche, lessicali - per una raccolta di racconti inediti, quanto meno spiazzanti. “Sette maghi” (Iperborea, 2016) del Nobel islandese Halldór Laxness si offre alla lettura come una sperticata discesa nel suo maelstrom narrativo, una declinazione raffinata dei topoi di un autore tra i più apprezzati e significativi del secolo scorso. La “magia” (da cui il titolo) fa da trait-d’union a tutti i racconti, eppure trattasi di magia ideale, da intendersi come “miracolo” potenziale, superamento, rifiuto e sfida al conformismo. Il sogno e/o l’ostinazione di chi si ingegna in “imprese”. Piccole e grandi, interiori ed esteriori, comunque straordinarie. E’ più o meno in questo modo (è grazie a questa forza interiore) che il garzone d’albergo de “La sconfitta dell’aviazione italiana a Reykiavik” riesce a mettere nel scacco la flotta aerea di Mussolini e che il giovane contadino di “Napoleone Bonaparte” coltiva i suoi sogni di gloria dall’interno di un ovile. Niente a che vedere (o forse sì?) con il lungo viaggio per il Mondo di Zhāng Qiān nel fiabesco e bellissimo “La scoperta dell’India”.
Gli otto racconti-ossatura di “Sette maghi” diventano rimando a un’Islanda solitaria e perciò foriera di miti e sogni di fuga, ma sono anche contraltare di salti di tempo e di spazio: dalla Sicilia degli anni Venti alla Cina imperiale alla Mongolia di Gengis Khan. In un incessante susseguirsi di “dentro” e “fuori”, spazi geografici e spazi interiori. Quasi un esercizio di stile che Laxness padroneggia da par suo, in un volume tanto insolito quanto "colorato", che affascina per il gusto del racconto in sé, e per la capacità di coniugare al contempo ironia e fiabesco, racconto civile e poesia.
"Se l’umanità si accontentasse delle esperienze soprannaturali, come una volta, non avrebbe bisogno del tabacco e dell’acquavite"
si legge poco dopo l’incipit de "Il pifferaio". Mi viene da pensare che forse l’umanità non ne avrebbe bisogno anche se frequentasse di più le pagine e le malie di libri come questo. "Sette maghi" si avvale della puntuale traduzione di Alessandro Storti, che ne cura inoltre la postfazione.
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