Siamo tutto di niente
- Autore: Giorgio Fusco
- Categoria: Poesia
- Anno di pubblicazione: 2018
Libro immaginifico questo di Giorgio Fusco, intitolato Siamo tutto di niente (Lint editoriale, 2018, pp. 82), ricchissimo di immagini e suggestioni, di similitudini che imprimono al testo poetico caratteristiche fortemente oniriche. Sogno e realtà si intrecciano, ricordano l’assunto shakespeariano "Noi siamo della stessa realtà di cui sono fatti i sogni", frase celebre che il mago Prospero pronuncia nella commedia La tempesta.
Il poeta sembra saperlo molto bene, infatti scrive:
"Siamo tutto / di niente / invisibili come i / sospiri dell’amore"
Criptico e conturbante l’ossimoro del titolo, nel quale tutto il senso è giocato sui due concetti di essere e niente. Un niente che rimanda all’invisibile, un enigma nascosto come tutto è enigma, come è enigma l’amore. L’occulto è radice di spiritualità, delle forme visibili.
E siamo subito catturati dalla poetica, al cui centro sta la donna, sempre desiderata e inafferrabile, avuta e persa, mistero saputo e mai saputo. La donna è anima, la propria, che l’uomo scopre amando. Donna totalità, una moderna Beatrice che conduce in un cammino di conoscenza, di bellezza ed estasi. Come per Dante, ugualmente per Fusco, "lei" diventa la traccia da seguire, anzi da inseguire. È simile a una cattedrale, un sogno materiato, incarnato:
"Visitare una donna / è come entrare in una / cattedrale gotica / con le sue alte guglie / miracolo dell’architettura / con i piedi ancorati alla terra / e con la testa e il cuore / che volano negli spazi / tra le galassie".
Qui riconosciamo l’architetto, professione del poeta, pure valente pittore, con alle spalle la frequentazione dell’Accademia di Brera.
A una visione così assoluta, che si fa presenza carnale:
"Occhiate nel buio / come perle di fuoco / di ribes nero maturo / Si espande come una cupola / il tuo sorriso".
L’autore dedica il senso della vita e il desiderio assurge a valore, perché promette gioia e risoluzione di sé in lei, sebbene in molte liriche la gioia sia perduta, diventi malinconia:
"Così cresce il carico dei no / nella fatica che mi porto dietro".
E come non potrebbe essere così, dato che siamo tutti un residuo di vita ipotizzata, ma ugualmente vissuta nell’immaginazione:
"Nel giorno mai venuto / un bacio mai dato".
C’è il sentimento del tempo che lega e costringe, l’età che avanza, ma l’uomo è salvato dall’eterna fontana che zampilla, da un’allodola, o da un giardino fiorito a cui il corpo è paragonato, natura divina di cui “lei” è simbolo:
"Dentro di te mi arrotolo / con il tuo cuscino / fatto di fiori teneri".
Nel libro si ritrova la stessa passione per il femminile di Neruda.
Non poteva mancare l’immagine di Venere, archetipo intramontabile che apre la cascata dei versi amorosi, incipit della raccolta:
"Questa mattina passava / il cocchio d’oro di / Afrodite immortale"
E alle ruote del cocchio il poeta si attacca, tra le ruote deposita i suoi versi, risparmiando il postino. Il surreale rivela il sogno. Che cosa ne faccia, poi, l’umanità, di tanto tesoro, di miti intramontabili, dei ed eroi, di una esistenza piena, è tristemente detto con scoramento:
"Un greco antico / come Ulisse / come Saffo / possiamo identificarli / in un bellissimo bambino / cuore di mamma / che quando cresce / diventa un uomo o / una donna banale come / la maggior parte di noi”.
Ma il poeta è di un’altra razza, non può tradire i grandi sogni, non può invecchiare nell’anima, non può smettere di palpitare:
"Tutto piuttosto / che mettersi un / cronometro nel cuore".
Il poeta sa essere bambino, può e sa entrare nel “regno dei cieli”.
Siamo, se e quando veramente siamo, nell’integrità della nostra natura, un niente (materiale) che è tutto... irrinunciabile e per sempre.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Siamo tutto di niente
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