Spichi
- Autore: Nino Barone
- Categoria: Poesia
- Anno di pubblicazione: 2015
Nino Barone, poeta di Trapani, si ripresenta con “Spichi” (Depranum, Trapani, 2015): silloge di cinquantaquattro sonetti che, annuncia, il sottotitolo, sono scritti in lingua siciliana. La sua penna, utilizzando i motivi pascaliani della mente e della ragione, contagia con le sue parole. Esse si succedono in modo spontaneo e trasparente, si configurano con similitudini accattivanti, si definiscono icasticamente e si combinano con la leggerezza della semplicità, da intenderla come manifestazione dell’ “essenza”. Il linguaggio, a dirla con Eluard, dice del mondo e dell’uomo: cioè, reca le emozioni che il poeta vede e sente attraversando spazi e tempi. È innanzi tutto all’esigenza di recuperare con forte sensorialità tradizioni, fatti, luoghi (il riferimento più evidente è quello della processione dei Misteri, di cui Barone è valente studioso), che rispondono i componimenti di questo libro, condotti con l’uso di endecasillabi che segnano la qualità dello sguardo e dell’incontro con la vita. Così la sua poesia, fra aneliti e disincanti (anch’essi “vita” in cerca di identità altre), si accompagna a crudi interrogativi. Egli è consapevole che agiscono nell’animo energie facilitatrici dell’introspezione (“Stu Suli …): è il sole, metafora del calore che, circolando nelle relazioni, facilita la ricerca in angoli privi di speranza, cancellando ogni altezzosità e facendo sbocciare fiori di rinascita (come non pensare a "Frate sole", "bellu e radiante cum grande splendore"?). Perché la poesia ne è generatrice. Perché il cuore del poeta vorrebbe ripescare verità inabissate, la nostra consistenza oltre ogni insensatezza. Una volta aperto questo spazio di ricerca, allora è possibile il respiro delle coscienze. Il motivo del poeta-vate è continuo movimento di liberazione dai deserti esistenziali e chiede riscatto a partire dall’accoglienza della natura e dell’amore. Compiere dunque gesti e riti che smascherano le apparenze significa attingere alla scrittura per dare fisionomia alle paure del mal tempo e rielaborarle in qualcosa di più grande rispetto al dolore meramente individuale. È un po’ come nella famosa favola di La Fontaine della formica e della cicala: se i pensieri non producono e non accumulano parole, se il poeta non sa utilizzare sarebbe come uccello senza ali o come cicala, direi, che canta soltanto per mero trastullo. Questa la preoccupazione di Nino Barone: la stessa, direi, di Ignazio Buttitta che, nelle sue liriche, assegna un posto centrale al fluire di parole che si fanno sogni sul vuoto. Esemplare in tal senso il componimento “Sonnu na vita…”, tenero miraggio aperto a valori-guida: sottratti alla precaria dimensione del tempo, essi lampeggiano per riportare e consegnare alla luce desideri di un destino salvifico. Del resto, il titolo della raccolta è emblematico: le spighe, il più nutriente raccolto della terra!
E Barone, con precisione e costanza, riannoda i diversi fili della sua semina nel senso contrario al disfare del caos. Così egli accoglie sospiri e palpiti in quel sorprendente clic che imprime nella lastra abbracci e sorrisi. Senza alcuna forma di ingenuità, guardano in alto i suoi versi che sembrano possedere l’anelito d’una preghiera e l’umiltà del segreto interiore che riporta al retrobottega della meditazione sui significati del tempo. La sua è intima voce; è un parlare quotidiano impastato certamente di disagi, ma orientato a un prendersi cura degli effettivi problemi della gente. L’Isola, la sua Sicilia colma di misteri dove luce e lutto, sacro e profano si intrecciano, si fa madre che protegge dalla destrutturazione del sé e fa volare l’anima.
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