Stai zitta e altre nove frasi che non vogliamo sentire più
- Autore: Michela Murgia
- Genere: Filosofia e Sociologia
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Einaudi
- Anno di pubblicazione: 2021
Arguto per le riflessioni linguistiche e per gli esempi proposti e gradevolissimo da leggere è il nuovissimo lavoro editoriale di Michela Murgia: Stai zitta e altre nove frasi che non vogliamo sentire più (Einaudi, 2021). L’autrice è una scrittrice nota, e, solo a titolo esemplificativo, si può citare almeno uno dei suoi romanzi: Il mondo deve sapere (Einaudi, 2017) che ha ispirato il film Tutta la vita davanti di Virzì.
La scrittura del saggio Stai zitta trae spunto da un avvenimento che sarebbe stato amabilmente glissato in contesti sociali mediatici: il professor Morelli, psichiatra ospite di un programma condotto da Michela Murgia, non sopporta di essere interrotto dalla conduttrice e la zittisce ripetutamente perché non vuole essere interrotto. Murgia riflette su questo fatto e comincia a scavare sulle implicazioni sociali recondite che tali affermazioni assumono, in un momento di pura libertà istintiva, anche in maschi colti, professionisti. Esiste un sessismo talvolta del tutto inconscio:
“Un armamentario di frasi che, pur se non arrivano a imporre direttamente il silenzio, comunque lo sottintendono. Eccone un campionario minimo. Non fare la maestrina… Fai tu la moderatrice… Vuoi sempre avere ragione…”
Una delle “accuse” che solitamente l’universo maschile lamenta è che le donne sono “ormai dappertutto”. Sicuramente un atteggiamento sessista mascherato è quello di contesti formali in cui le donne vengono appellate con il loro nome di battesimo, perché
“chiamate col nome di battesimo, queste donne di potere, con titoli di laurea, spesso poliglotte, che hanno guidato ministeri, amministrato regioni o città di milioni di abitanti o retto vent’anni di militanza partitica diventano tutte nostre cuginette, amiche delle nostre figlie […]. Perché è questo che fa l’uso del nome proprio delle donne in contesti non confidenziali: riduce la distanza simbolica, esprime paternalismo, agevola l’uso del tu familiare e diminuisce l’autorevolezza della funzione ricoperta.”
Altro esempio avvilente e mortificante è la subordinazione della professionalità alla maternità. Murgia sottolinea “l’ossessione della mammizzazione delle donne” sui media; infatti “AstroSamantha” per l’astronauta S. Cristoforetti; “mamma Erasmus” per Sofia Corradi, ideatrice del citato scambio culturale per studenti universitari; e ancora “madre del vaccino” per la scienziata Katalin Kariko. Non accade altrettanto per gli uomini; infatti non ci sono esempi nei media dell’associazione della paternità alla professione per i maschi; e l’uomo viene rappresentato per le sue qualità professionali e non in relazione al suo privato.
“Perché le donne sono le peggiori nemiche delle altre donne”? Esiste una spiegazione all’ostilità velata quando non addirittura agìta delle donne sulle altre donne? Le motivazioni di questo atteggiamento crudele delle donne nei confronti di altre donne sono da ricercare in una società patriarcale? Una società patriarcale che “vuole dominare il sesso femminile senza ricorrere continuamente alla forza ha bisogno di convincere delle sue ragioni almeno due terzi delle donne e lo fa offrendo a ognuna il vantaggio che all’altra è negato”?
L’autrice, per spiegare questo comportamento che tra i maschi è inesistente, fa riferimento al romanzo di Margaret Hatwood Il racconto dell’ancella. Nel romanzo di Hatwood le donne sono organizzate dal potere maschile in tre classi gerarchiche: le mogli, le zie, le ancelle. Le mogli
“non figliano, ma diventano madri dei figli partoriti dalle donne ancelle […]. Le zie […] sono vestali carceriere preposte a controllare che le ancelle adempiano il loro ruolo”
Ahimè, è dannatamente vero che a tutti i livelli il maschio controlla la femmina con la “donna ancella”, la “donna eletta” che si sente superiore alle altre e crede di rivestire un ruolo speciale, si illude di essere indispensabile e superiore alle altre femmine, perché il capo l’ha scelta e la mostra come un trofeo. Ella ignora che il suo ruolo è quanto mai precario e richiede una dedizione assoluta e incondizionata! Un ruolo, quello della donna eletta, faticosamente raggiunto eppure estremamente precario!
Il saggio in copertina e all’inizio dei singoli paragrafi contiene immagini di Anarkikka simboliche e nello stesso tempo “leggère”.
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