Storia delle cavallerie europee 1914-1918
- Autore: Enrico Cernigoi
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2021
Storia delle cavallerie europee 1914-1918: album di grande formato (21x28 cm, 160 pagine), con testi del ricercatore Enrico Cernigoi, 80 fotografie in bianconero su carta di pregio, mappe, cartine e 28 tavole uniformologiche a colori dell’illustratore Pietro Compagni. Un libro eccellente, in diffusione dall’estate 2021, per i tipi della casa editrice bassanese Itinera Progetti, con particolari condizioni di e-commerce sul sito itineraprogetti.com.
Un lavoro accurato, “scientifico”, osserva nella prefazione il presidente dell’Associazione Nazionale Arma di Cavalleria, Alipio Mugnanioni. Rende omaggio alla cavalleria di antica tradizione, che ha vissuto diversi secoli di gloria prima d’essere superata dalle innovazioni tecnologiche, a detta dello stesso Cernigoi, pluriautore di numerosi saggi storici, laureato in storia contemporanea a Trieste con dottorato di ricerca nell’Università inglese di Portsmouth.
Avviata la Grande Guerra 1914-18 ancora con le uniformi sgargianti e i finimenti luccicanti, la terminò ingrigita e smitizzata dal progresso degli armamenti, che aveva incrementato in modo esponenziale il volume delle armi da fuoco e d’interdizione, facendo anche comparire e crescere un nuovo protagonista dei campi di battaglia, il carro armato.
La Cavalleria è l’Arma che più ha sofferto l’ostacolo opposto da quattro cavalieri dell’Apocalisse, trincea-reticolato-mitragliatrice-artiglieria, allo slancio offensivo degli attaccanti. Si comprese presto, a forza di perdite, che il nobile animale e prima arma dal cavaliere era tragicamente sorpassato.
“Finalmente con questo libro viene scientificamente raccontato”, fa notare Mugnaioni, l’impiego del classico binomio uomo-cavallo nel primo conflitto mondiale sui fronti europei, occidentale e orientale, quello italiano, balcanico e mediorientale. Alla fine di quella guerra, nel grigiore sconfortante dei campi di battaglia devastati dal fuoco delle artiglierie e falciati dalle mitraglie, è stato decretato il superamento di tattiche, tecniche, specialità.
Cernigoi ha sentito di dover rendere onore al sacrificio e al senso del dovere dei militari a cavallo. Erano rimasti inascoltati i moniti del conflitto di Secessione degli Stati Uniti, rilanciati dalle guerre russo-turca 1877-88, anglo-boera 1899-1900 e russo-giapponese 1904-1905. L’uomo a cavallo era un bersaglio facile per i cannoni sempre più evoluti, per i nuovi fucili semiautomatici e le prime mitragliatrici. Soprattutto il povero animale non sfuggiva al tiro. Nei primi anni, sul fronte occidentale, la Cavalleria di tutti gli Eserciti ha pagato un tributo di sangue enorme nelle attività operative tipiche: esplorazione, ricerca e presa di contatto, manovra aggirante, azione di retroguardia. Gli uomini dei reggimenti vennero fatti smontare e impiegati come fanti, mitraglieri, artiglieri. Molti ufficiali optarono per la nuova aviazione.
Se prima di Sarajevo era l’Arma per eccellenza, per l’eleganza nei salotti, il gran spolvero nei balli di società e l’aura di romanticismo storico e letterario, solo pochi giorni dopo l’inizio delle ostilità, nell’agosto 1914, avevano reso sanguinosamente evidente che una lunga epoca era solo un ricordo.
Se vogliamo, già qualche secolo prima si era manifestato lo svantaggio della pur magnifica massa arrembante di cavalli e cavalieri sui campi di battaglia battuti dalle armi da lancio, proiettate da considerevole distanza. Il 25 ottobre 1415, settemila arcieri inglesi seppellirono sotto ripetute grandinate di frecce sedici linee dei migliori cavalieri nemici, nella battaglia di Agincourt. Venne combattuta nel Nord della Francia, al Pas de Calais, sopra un pianoro stretto tra due boschi e reso pesante dal fango. Semplici popolani britannici, lungamente addestrati a maneggiare il micidiale arco lungo e con la sola protezione di farsetti imbottiti e paletti di legno infissi in terra davanti a loro, ebbero la meglio su guerrieri pesantemente armati e saldamente rivestiti di costose corazze complete. Gente “povera” scompaginò l’arma nobile dell’aristocrazia francese, esposta alle decine di migliaia di punte di metallo che piovevano dall’alto a ferire e uccidere soprattutto i cavalli, meno protetti di chi li montava.
Mezzo millennio più avanti, dopo secoli di protagonismo sui campi di battaglia, venne messa in discussione definitivamente l’utilità di una cavalleria esposta e poco specializzata: non più solo cavalieri, non ancora fucilieri addestrati. Scomparvero le uniformi appariscenti, le ricche gualdrappe, le sciabole e gli elmi elaborati. Nelle trincee, nei campi dell’Europa orientale, sulle pietraie del Carso, finanche nei territori polverosi del Medio Oriente, si trasformarono in qualcosa di nuovo.
Le operazioni militari che vengono descritte sono quelle considerate più importanti sotto l’aspetto storico e nelle quali i cavalieri ebbero un ruolo determinante. Per renderle maggiormente comprensibili, sono state inserite nell’ampia cornice del contesto storico-politico e militare dei periodi interessati, in una ricostruzione che trascura necessariamente lo svolgimento generale delle operazioni sui vari fronti, focalizzando l’attenzione sulla cavalleria.
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