Storia di una maestra del Sud che fu la madre di Aldo Moro
- Autore: Renato Moro
- Genere: Storie vere
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Bompiani
- Anno di pubblicazione: 2022
Nel volume Storia di una maestra del Sud che fu la madre di Aldo Moro (Bompiani 2022) di Renato Moro, professore ordinario di Storia contemporanea che insegna presso il Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università degli studi Roma Tre, l’autore, nipote diretto di Aldo Moro, in quanto figlio del fratello Alfredo Carlo, rievoca la figura della nonna Fida Stinchi, paladina dell’emancipazione femminile, maestra, conferenziera e pensatrice. Il libro ha vinto il premio FiuggiStoria nella sezione Uomini e Storie.
“Vorrei capire, con i miei piccoli occhi mortali, come ci si vedrà dopo. Se ci fosse luce, sarebbe bellissimo. Amore mio, sentimi sempre con te e tienimi stretto”.
Nella sua ultima lettera scritta nella prigione dove gli uomini delle Brigate Rosse lo tenevano sequestrato dopo averlo rapito il 16 marzo 1978, Aldo Moro (Maglie, 23 settembre 1916 – Roma, 9 maggio 1978), allora Presidente della Democrazia Cristiana, ha scritto parole dolcissime a sua moglie Noretta, sapendo di avere le ore contate.
Vedendo il film “Esterno notte” diretto da Marco Bellocchio, basato sul rapimento di Aldo Moro, con protagonista uno straordinario Fabrizio Gifuni che sembra entrare dentro l’anima, i pensieri e i ragionamenti dello statista democristiano, a chi assiste al dramma in atto, non solo le giovani generazioni, ma anche a chi visse quei tormentati Anni di piombo, viene voglia di scoprire l’uomo Aldo Moro. Non solo apprendere e ricordare la sua eredità politica, le sue doti intellettuali e di fine giurista.
Il presente volume è un primo passo in questa direzione, perché racconta la storia dei genitori di Aldo Moro, Fida Stinchi (1879-1939) e Renato Moro (1876-1957), facendoli riemergere da quel “profondo pozzo del passato” come avrebbe scritto Thomas Mann, dove erano stati rinchiusi fino a poco fa, in quelle vecchie carte ingiallite, che altro non sono degli archivi di ciascuna famiglia. Fida e Renato provengono dal mondo piccolo borghese di inizio Novecento, un universo tradizionale e provinciale ma in evoluzione. Entrambi sono figli di maestri e del Sud dell’Italia, Fida proviene dalla Calabria, è nata a Cosenza il 14 luglio 1879, dove ha trascorso un’infanzia difficile e solitaria. Renato è nato il 15 ottobre 1876 a Ugento, un paese all’estremità della penisola salentina, da una famiglia di piccoli proprietari terrieri.
“Il primo vincolo che ci ha unito è stato l’afflato ideale di bene umanitario”.
Renato e Fida hanno in comune una passione umanitaria, infatti la scuola è percepita da questi due giovani pionieri come un missione, una imperdibile occasione per riunificare l’Italia, del resto da pochi anni riunificata. Se è vero che l’ascensore sociale nel Terzo Millennio in Italia non esiste più, nell’Italia riformista giolittiana dei primi anni del Novecento, Renato (“delicato e gentile”, “terribilmente timido” ma determinato e dalla forza di volontà granitica) e Fida sono certi che lo studio è in grado di emancipare le classi più povere del Mezzogiorno e dare loro una coscienza civile.
Se Renato fu ispettore scolastico, diventando con il tempo una figura rappresentativa della scuola pubblica a livello nazionale, Fida, figura decisiva nella formazione di Aldo Moro, alla quale l’uomo politico fu sempre molto legato, dopo un’esperienza a livello locale come giornalista e conferenziera, rinuncerà a lavorare assecondando la volontà del fidanzato.
“Ti conobbi, ti amai subito? No: vidi però che ti allontanavi dalla generalità, che eri un uomo solitario per elezione, che della vita avevi dovuto provare le più cocenti scottature. La tua bontà e gentilezza l’ammirai subito, desiderai – come per tutti i giovani che vedo soffrire – che tu fossi felice, che una donna allietasse il tuo cammino”.
Grande amore e grande intesa intellettuale, quindi, tra Renato e Fida: il loro fidanzamento durò tre lunghissimi anni ed è attraverso le lettere che lei scrisse a lui (quelle di lui a lei sono andate perdute o forse distrutte) che l’autore esalta la personalità poliedrica di questa maestra del Sud, educatrice, studiosa e pensatrice, animata da interessi vivaci ed eclettici. Una “donna nuova”, che nei primi anni del Novecento seppe approfittare delle possibilità offerte dalla scuola e dal mondo del lavoro per ottenere dignità e indipendenza. Fida, come tante donne dell’inizio del XX Secolo, trovò nella penna uno strumento prezioso di emancipazione e conquista di un proprio diritto di parola. Donna appassionata, impegnata, vivace, ricca di cultura e di spiritualità, la fotografia di Fida Stinchi nella copertina del volume ci restituisce il volto di una giovane tra i venticinque e i trent’anni, dall’espressione dolce e intensa, il viso tondo, bocca e naso ben marcati, capelli neri e vaporosi, che indossa una giacca scura, elegante ma severa, il cui collo è fasciato dall’alto colletto della camicia chiuso con una spilla. Immortale ritratto di una giovane donna moderna e progressista, dalla profonda religiosità e dal cui sguardo vivido e intelligente traspare nitido il suo sforzo di autorealizzazione in una società maschilista, fermamente convinta che:
“La donna doveva trovare in se stessa la forza di elevarsi e di conquistare quell’uguaglianza che le veniva ingiustamente contestata”.
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