Straniera di Sergej Dovlatov

“Straniera” di Sergej Dovlatov è un piccolo immenso capolavoro letterario, ambientato negli anni Settanta, all’interno di una comunità russa nella città di New York.
Su queste basi nasce un microcosmo popolato di personaggi vivissimi, fortemente ironici, contraddittori, quasi surreali e delineati con irresistibile maestria da questo grande scrittore dall’umorismo infallibile e prorompente.

All’interno di quella che è anche la storia dello scrittore medesimo - Dovlatov stesso infatti emigrerà negli Stati Uniti dove inizierà a pubblicare racconti e romanzi -, incontriamo il personaggio che dà il titolo al romanzo: Marusja Tatarova, la “Straniera”.
Di famiglia più che benestante in patria, ella vorrà provare l’esperienza dell’emigrazione, dopo diversi matrimoni lasciati alle spalle e con un figlioletto al seguito, reso inevitabilmente strambo dal susseguirsi degli eventi.
Una volta insediatasi a casa di parenti, incomprensibili ai suoi occhi, che le offrono ospitalità, Marusja si cimenterà in una serie di lavori improbabili che lei, abituata al capriccio, condurrà con quel suo modo strampalato di fare o smetterà proprio di condurre, tra mille corteggiatori e un nuovo, grande, allucinante amore, da cui deriveranno altre nuove avventure, da chiamare forse più disavventure.

In meno di duecento pagine, gli scoppi di risa che scaturiscono nel lettore sono innumerevoli e irrefrenabili.
La capacità comica di Dovlatov è qui come non mai esercitata ai massimi livelli ed esattissima; lo scrittore non manca un bersaglio – dove i bersagli sono i suoi personaggi, i suoi conterranei- e, durante la lettura, ogni solitudine, cronica o momentanea, è spazzata via in un sol colpo.
In una scala da uno a dieci, voterei per il venti.