Sul muso del coccodrillo. Gli anni di Paolo Borsellino a Marsala
- Autore: Renato Polizzi
- Genere: Storie vere
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2022
Sul muso del coccodrillo, uscito a luglio nella ricorrenza del trentennale della Strage di via D’Amelio, è il nuovo volume edito da Navarra Editore del giornalista ed editore marsalese Renato Polizzi, dedicato all’indimenticabile magistrato Paolo Borsellino e ai suoi anni trascorsi in Procura a Marsala.
Il 24 maggio del 1992, quando la mafia uccise Giovanni Falcone, l’autore era appena un quindicenne, e tra il clamore e lo sdegno di un’intera nazione, all’indomani, sfogliando “la Repubblica” rimase incredulo per la vignetta di Forattini: la Sicilia era raffigurata come una grande testa di coccodrillo. Il naso era Punta Raisi, l’occhio i Nebrodi e la provincia di Messina, la bocca andava da Trapani alla città di Catania e Marsala, il muso dell’animale.
Due anni dopo da quella strage ci sarebbe stato Tangentopoli, la Lega Nord che minacciava l’unità nazionale, il debito pubblico e i giudici di Mani Pulite. Una storia recente di particolare importanza da non dimenticare, e questo libro è nato non solo da un’esigenza emotiva personale del nostro autore, ma anche per dare voce a chi ha vissuto proprio “sul muso del coccodrillo la stagione in cui stava per spalancare le fauci”.
“Questo libro non vuole essere una ricostruzione esaustiva e diaristica dei giorni in cui Borsellino guidò la Procura di Marsala. Questo lavoro nasce dall’esigenza di restituire la giusta dimensione a quel periodo così importante per Marsala e per l’intera provincia di Trapani attraverso le testimonianze e i ricordi di chi quella stagione l’ha vissuta o semplicemente attraversata e ne ha sentito tutto il peso nella propria formazione personale."
Il magistrato Borsellino giunse a Marsala dopo l’esperienza del Maxi processo, con un’approfondita conoscenza della mafia e dei suoi crimini e senza esitazione rifiutò la scorta, nonostante le minacce di Riina in contrasto con la mafia del luogo, perché il Comando di polizia era sotto organico. Una città, Marsala, “poco vitale con una socialità dimezzata e povera di spinte culturali”, e l’impegno di Borsellino, il primo ad arrivare la mattina e l’ultimo ad andare via, trasformò la Procura, ampliando gli organici, riuscendo a creare un piccolo pool antimafia, e portando a processo Francesco Messina Denaro, padre di Matteo, il capo riconosciuto della famiglia mafiosa di Castelvetrano. L’antimafia era un concetto che prima di allora non esisteva, ed ebbe inizio una nuova era “la stagione della speranza”.
“Non dobbiamo dimenticare che la cultura mafiosa è una cultura di due secoli, una cultura legata ad una organizzazione criminale sul territorio che ha una sua specificità dai primi dell’Ottocento.”
Renato Polizzi ha raccolto le testimonianze di chi gli è stato accanto, ha lavorato con lui ogni giorno con la minaccia del pericolo imminente, giovani magistrati e dirigenti di Polizia: Giuseppe Salvo e Nanni Cucchiara magistrati, Francesco Palermo Patera, commissario di polizia e Calogero Germanà, Dirigente della Squadra Mobile presso la Questura di Trapani, che divenne uno dei più fidati collaboratori di Borsellino. Un piccolo pool di giovani magistrati di prima nomina, con poca esperienza sulla lotta alla mafia, in collaborazione con la polizia e le altre istituzioni, e una mole di lavoro da far diventare la procura di Marsala un punto di riferimento nel panorama giudiziario nazionale.
Marsala era una città triste con poca vita sociale, abituata a convivere con la mafia, e l’arrivo di Borsellino significò per tutti l’impegno a voler cambiare le cose,
un effetto dirompente per un ambiente sonnolento
.
Gli anni di Borsellino a Marsala coincisero anche con l’entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale, del 1989, voluto fortemente da Falcone e contrastato non solo da una parte dell’opinione pubblica ma anche da una parte della classe politica: il modello accusatorio, simile a quello anglosassone, attuava un cambiamento rilevante nella raccolta delle prove nell’indagine preliminare. Una vera rivoluzione. Paolo Borsellino fu uno dei tanti magistrati che firmarono un documento contro, pur ammirando Falcone, ma il suo timore era che con la nuova legge sarebbe stato favorito il controllo del Governo negli uffici delle Procure.
Quegli anni vanno ricordati anche per la stagione dei veleni: “Paolo voleva la Procura col mare”, la battuta velenosa dei magistrati Geraci e Ayala; “Borsellino insabbiatore” e anche “pronto per un seggio con il PSI”, senza dimenticare l’articolo “sui professionisti dell’antimafia” sul “Corriere” a firma di Sciascia, con la polemica che ne seguì che metteva in discussione l’impalcatura istruttoria del Maxi processo. Dopo trent’anni la mafia è allo sbando, dirà nell’intervista il magistrato Salvo, quasi tutta all’ergastolo, ma il tessuto della società civile è compromesso, basta guardare cosa accade nell’economia del Paese, con la diffusione della corruzione e dell’evasione fiscale.
Paolo Borsellino era un uomo schietto, deciso, onesto, che assegnando il lavoro ai suoi collaboratori diceva: “se ci sono novità mi faccia sapere”. Il suo metodo investigativo era particolare, quasi matematico: i fatti inizialmente insignificanti potevano rivelarsi utili successivamente. I suoi anni trascorsi a Marsala sono stati fondamentali per la nostra storia giudiziaria e coloro che gli sono stati accanto concordano ancora oggi nell’eredità lasciata dal magistrato: il suo profilo umano e la sua passione per la libertà e la giustizia.
Sul muso del coccodrillo. Gli anni di Paolo Borsellino a Marsala
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