Noto a tutti per essere il primo autore che si studia a scuola durante le lezioni di filosofia del liceo, Talete è conosciuto anche come il filosofo dell’acqua, il primo tra i pensatori naturalisti che individua in questo elemento naturale l’arché, il principio di tutte le cose. Per cogliere le sue idee cercheremo di delineare i tratti della vita di Talete, attorniata da molte leggende e dicerie, e di contestualizzare il suo pensiero con alcuni riferimenti alla società greca del VII e del VI secolo a.C. Anche per comprendere perché Talete sia etichettato come il filosofo dell’acqua volgeremo lo sguardo alla Scuola di Mileto e alle domande che assillavano i primi filosofi della cultura occidentale, inconsapevolmente impegnati nel delicato e interessante passaggio dal pensiero mitico al pensiero razionale.
Scopriremo, infine, che il pensiero di Talete, nella sua linearità e semplicità, offre ancora spunti di riflessione fecondi, che nell’epoca della crisi climatica e del riscaldamento globale lo rendono ancora molto attuale.
La vita di Talete
Secondo le testimonianze Talete visse tra la fine del VII secolo e la prima metà del VI secolo a.C. a Mileto (nei pressi dell’attuale Balat), città della Ionia, quella parte dell’odierna Turchia che si affaccia sul Mediterraneo e sta di fronte alla Grecia, terra colonizzata dalla stirpe greca degli Ioni e caratterizzata da fiorenti città costiere come Efeso (patria di Eraclito), Colofone, Clazomene (città di Anassagora), Samo e Chio.
Talete non sapeva di essere filosofo, non praticava quest’attività in modo consapevole, fu però uomo politico e, da quel che ci racconta Erodoto, favorì la nascita di uno stato federale che aveva come capitale Teo e incoraggiò i suoi concittadini ad aderire a esso.
Come gli altri esponenti della scuola di Mileto (Anassimandro e Anassimene), Talete, annoverato tra i sette sapienti, fu soprattutto scienziato e si interessò di astronomia, fisica e matematica: predisse un’eclisse solare, scoprì alcune proprietà del magnete e formulò alcuni teoremi di geometria.
Anche se probabilmente non c’è nulla di vero nei molti aneddoti che circondano la vita di Talete vale la pena di ricordare le immagini che di lui ci lasciano Platone e Aristotele. Il primo ce lo descrive come un uomo stralunato, talmente assorto ad osservare il cielo che un giorno cadde in un pozzo. Lo stagirita, invece, lo ritrae come un personaggio più pragmatico: dopo aver previsto un lauto raccolto di olive, affittò tutti i frantoi del territorio per poi subaffittarli di nuovo ad un prezzo particolarmente elevato, così da guadagnarci molto.
La scuola ionica e la nascita della filosofia
Se Talete è il primo filosofo, è naturale domandarsi perché la filosofia è nata proprio tra il VII e il VI secolo a.C. e perché proprio sulle coste dell’Asia Minore (senza dimenticare la Magna Grecia, l’attuale Italia Meridionale, dove operarono personaggi come Parmenide e Pitagora). Si tratta di colonie greche, città costiere per loro natura vocate al commercio, aperte, come tutte le città che sorgono dietro a un porto, ad accogliere genti diverse, menti che, proprio perché coltivavano usanze e credenze dissimili, sono naturalmente portate al confronto, al dialogo, al ragionamento.
Le colonie greche, anche per la presenza di scienziati e tecnici, oltre che di mercanti, sono il luogo ideale per la nascita di una nuova cultura che, molto gradualmente, inizia ad abbandonare credenze religiose, pratiche magiche e narrazioni mitiche per osservare più attentamente la natura e cercare di rispondere alle domande che tale osservazione suscitava in modo nuovo: con il ragionamento razionale, con l’argomentazione, con il logos.
Se osserviamo la natura, che cosa ci troviamo davanti? Il cambiamento di tutte le cose, l’avvicendarsi del giorno e della notte, delle stagioni, la nascita e la morte di tutti gli esseri, animati e inanimati, un continuo divenire, insomma. I filosofi della Scuola di Mileto si chiedono allora se dietro questo continuo cambiamento ci sia qualcosa di stabile, che non muta mai che rimane sempre uguale a sé stesso, quello che è.
Talete e i suoi successori cercano quindi un arché, un inizio, un principio che va inteso in due modi: come principio generatore ossia come una materia originaria da cui tutte le cose derivano ma anche come principio conservatore ossia come forza che tiene in vita tutte le cose e regola la loro nascita e la loro morte.
Ecco perché i filosofi della scuola di Mileto sono chiamati anche fisici monisti: perché prendono le mosse da una ricerca sulla natura, la physis; di questa cercano di spiegare l’origine e la vita dell’universo che si trovano di fronte attraverso un unico principio che possa dar conto anche della sua conservazione, del suo mutamento, della nascita e della morte di tutte le cose. È quindi, la loro, un’indagine cosmologica, che tenta di render ragione del cosmo, dell’universo nella sua totalità alla quale si affianca una domanda ontologica, sull’essere, su ciò che davvero è e permane uguale a sé stesso, al di là del divenire e del cambiamento.
Tutti i filosofi della scuola di Mileto sono anche convinti che nella materia primordiale sia presente una forza interna, che la fa muovere, la materia quindi non è inerte ma vivente, e identificano l’arché, ossia il principio primo della realtà, con una divinità che non è staccata e separata dal mondo ma interna ad esso; per questo, con termini più tecnici, si parla di ilozoismo e di panteismo.
Il pensiero filosofico di Talete
Se guardiamo all’edizione Diels-Kranz, ancora oggi la raccolta di riferimento per quanto riguarda i filosofi presocratici, troviamo interessanti testimonianze che ci permettono di comprendere perché Talete individui l’arché, il principio di tutta la realtà, nell’acqua. Le parole più chiare a riguardo sono quelle della Metafisica di Aristotele:
“Talete […] dice che quel principio è l’acqua (per questo afferma che la terra galleggia sull’acqua) desumendo indubbiamente questa sua convinzione dalla constatazione che il nutrimento di tutte le cose è umido, che perfino il caldo si genera dall’umido e vive nell’umido. Ora, ciò da cui tutte le cose si generano è, appunto, il principio di tutto. […] i semi di tutte le cose hanno una natura umida e l’acqua è il principio della natura delle cose umide.”
Un’altra testimonianza interessante è quella di Simplicio: egli osserva che Talete individuò il principio di tutte le cose nell’acqua sulla base delle proprie sensazioni. Galeno, invece, dà conto di un presunto frammento di Talete nel quale quest’ultimo nota che l’acqua è il primo dei quattro elementi naturali e può essere posto quasi come unico elemento.
Talete è, quindi, il filosofo dell’acqua perché l’acqua è il principio della vita: il nutrimento delle cose è umido, o liquido, i semi dai quali le cose si generano hanno natura umida, le piante, gli animali, gli uomini hanno bisogno indispensabile di acqua per sopravvivere e gran parte del loro corpo è fatto di acqua; anche il caldo si genera dall’umido quindi l’acqua è il principio di tutte le cose ed è anche ciò che le tiene in vita. L’acqua, dice poi Aristotele, è anche ciò che sta sotto alla terra e la sorregge: l’acqua dunque sta sotto, sostiene la terra, quindi può essere considerata anche sostanza.
Il ragionamento è semplice, è il discorso di un naturalista, di un fisico perché parte dall’osservazione della natura, della realtà circostante, di semplici fenomeni biologici come la natura dei semi ma è pur sempre un’argomentazione razionale, segna già una distanza netta da Omero che nei suoi poemi poneva all’origine della realtà divinità marine come Oceano e Teti con una narrazione mitica.
Il pensiero di Talete, pur configurandosi come il tentativo aurorale e precoce di rispondere a domande che condurranno la riflessione greca a livelli molto più raffinati, è ancora oggi degno di nota non solo e non tanto per essere l’inizio della filosofia quanto piuttosto per le evidenti connessioni con tematiche ambientali ed ecologiche: l’emergenza climatica è dovuta anche alla compromissione del ciclo dell’acqua, il surriscaldamento globale causa lo scioglimento di ghiacciai ma anche fenomeni atmosferici estremi, come la siccità che compromette la vita di interi territori. Una filosofia dell’acqua e un autore come Talete, che pone questo elemento come principio di tutte le cose, andrebbero rivalutati e più accuratamente considerati proprio alla luce dei rischi che la nostra incosciente civiltà corre ogni giorno.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Talete: vita e pensiero del filosofo dell’acqua
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