Tempo di uccidere
- Autore: Ennio Flaiano
- Categoria: Narrativa Italiana
Tempo di uccidere è il primo e unico romanzo di Ennio Flaiano, scritto da un autore che in seguito, com’è noto, preferì dedicarsi al cinema, collaborando tra l’altro alle sceneggiature di alcuni capolavori di Fellini, come La dolce vita e 8½. Tuttavia, basta questo esordio a dimostrare che Flaiano aveva anche delle autentiche doti da narratore.
La storia è quella di un tenente, che in Africa incontra una bella donna di colore nel tragitto per raggiungere una città. Decide di possederla, facendo leva sulla sua “superiorità”, sebbene a casa lo aspetti una moglie da cui vorrebbe ritornare. Dopo la passione soddisfatta, tuttavia, una disgrazia dietro l’altra si abbatte su di lui: prima è costretto a uccidere la donna, dopo averla ferita per sbaglio; nei giorni seguenti, invece, scopre che probabilmente lei gli ha attaccato la lebbra.
La guerra rappresenta lo sfondo remoto alle vicende vissute dal protagonista. I suoi problemi nascono, innanzitutto, dal trovarsi dentro un “universo” alieno, dai contorni quasi surreali. Un universo primordiale, che sembra riportare l’uomo allo stato di natura. I personaggi che popolano questo mondo, la donna stessa o il tremendo Johannes, sono creature semplici e misteriose, con cui risulta difficile se non impossibile stabilire un contatto. Questa distanza si traduce, presto, in mancanza di comprensione o in aperta ostilità.
Il dialogo con Johannes, un vecchio con cui il tenente è costretto a convivere per un po’ di tempo, si dimostra impossibile; ogni tentativo di avvicinarsi a lui risulta vano. Il tenente dovrà cavarsela da solo, in questo come in altri frangenti. D’altra parte, il tema della solitudine attraversa tutta la storia. La solitudine è la punizione che il protagonista deve affrontare per i peccati commessi: una solitudine vasta, irrimediabile, che trova aderenza nel paesaggio ostile, greve, che lo circonda. Una solitudine che si lega, alla perfezione, con il destino di un possibile lebbroso.
La storia è poi costellata dalle scelte morali che l’ufficiale deve affrontare, dal momento stesso in cui decide di conquistare la sua preda. Ogni errore genera errore più grande; ogni scelleratezza porta a quella successiva in maniera naturale e necessaria. Così, il protagonista decide di tradire la sua compagna con una sconosciuta, considerando questo atto soltanto un “omaggio alla lunga noia dell’esilio”; poi, sia pure per errore, la ferisce a morte ed è costretto ad ucciderla; poi decide di non prendersi le sue responsabilità, e di occultarne il cadavere… e così via fino alla fine. Eppure, per il tenente c’è sempre una scusa pronta; ogni gesto compiuto, per quanto sbagliato, trova giustificazione nelle circostanze.
Difficile dire se Flaiano, nel delineare la figura del suo eroe, avesse in mente una precisa tipologia di italiano o più in generale la condizione dell’Uomo qualunque, costretto a dover giustificare la propria coscienza per gli sbagli compiuti. La particolarità del romanzo di Flaiano, infatti, sta nell’aver saputo convergere il dramma della guerra con un dramma esistenziale più vasto; di aver saputo scrivere, dunque, un romanzo esistenzialista lontano dalla società in cui viviamo, in un ambiente diverso, che tuttavia non salva l’individuo dal confronto con se stesso. Solo il finale della vicenda riporterà queste drammatiche vicissitudini in un orizzonte più pacato, come una sorte di paracadute nell’irrazionalità degli eventi.
Tempo di uccidere
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L’Africa descritta da Flaiano è un continente pigro, indolente, dove la vita di soldati, indigeni e bestie scorre senza particolari sussulti. C’è chi ha sostenuto che si tratta di un romanzo di stampo conradiano; in verità, a parte il tema della “colpa” e della “violenza” dell’uomo bianco, differenti sono i personaggi, le ambientazioni e le dinamiche. Tutto in questo romanzo, a partire dalle vicende più crude, ha il sapore indistinto del sogno. Lo stesso protagonista giungerà a domandarsi se ciò che ha vissuto è accaduto davvero. Egli compie una personale odissea, fino a giungere ad una assoluzione tanto inaspettata quanto inconsistente, inafferrabile. Dovrà perciò convincersi, una volta di più, dell’assenza di un disegno che guidi l’esistenza umana.