Tennis, tv, trigonometria, tornado e altre cose divertenti che non farò mai più di David F. Wallace

David Foster Wallace è un genio, un visionario illuminato condannato dal peso insostenibile del suo terzo occhio. Ogni libro di Foster Wallace può essere paragonato ad una grande fotografia di gruppo al cui interno, seminascosti o in primo piano, ci siamo tutti. Ci diverte guardare in questa foto, riconoscere noi stessi e i nostri amici o nemici, rimanere delusi qualora la nostra espressione non fosse delle migliori, se siamo stati immortalati con gli occhi chiusi. Ed il tempo vola cercando di cogliere tutti i segni nascosti fra quelle pagine, segni rivelatori di qualsiasi cosa purché possibile, come abbiamo fatto mille volte con la copertina di Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band. Perché i saggi contenuti in "Tennis, tv, trigonometria, tornado e altre cose divertenti che non farò mai più" suonano come in un disco perfetto. Leggere questi sei saggi significa lasciarsi trasportare da un flusso canalizzatore indietro negli anni Novanta e guidare docilmente fra campionati di tennis juniores vinti grazie alla trigonometria, rapporti sadomasochistici fra televisione e scrittori americani sotto i quarant’anni, gli orrori terribilmente divertenti della Fiera Statale dell’Illinois, il set del film "Strade perdute" di David Lynch e le fatiche degli atleti del tennis agonistico.

David F. Wallace non si risparmia e vive, respira, fra le pagine del libro, contagiandoci di tutto l’entusiasmo di cui sono intrise. Adoro essere contagiata dai reportage di Foster Wallace, farmi invadere dalla meraviglia, dallo stupore e dal cinismo, soprattutto dall’ironia vista come l’unico mezzo rimasto per farci ascoltare. "Tennis, tv, trigonometria, tornado e altre cose divertenti che non farò mai più" è un libro di denuncia, un libro che riesce a descrivere, divertendoci, la deriva verso cui ci stiamo, consapevolmente o meno, dirigendo.