Publio Terenzio Afro è un commediografo latino vissuto nel II secolo a.C. Arrivato Roma come schiavo, fu educato e affrancato dal senatore Terenzio Lucano e in seguito strinse rapporti con il Circolo degli Scipioni.
La sua carriera artistica è molto breve, a causa della sua morte prematura, ma le sue opere hanno rivoluzionato la commedia antica e posto al centro la riflessione su alcuni temi e procedimenti fondamentali per il teatro dell’epoca.
Scopriamo qualcosa di più su Terenzio, approfondendone vita, poetica e opere.
Vita
Le notizie sulla vita di Terenzio a noi note derivano in buona parte dalla versione della Vita Terentii di Svetonio (I-II d.C.) inserita dal grammatico Donato (IV d.C.) prima del suo commento alle commedie dell’autore.
La data di nascita di Terenzio non è conosciuta con precisione, ma si suppone che il commediografo sia nato tra il 195 e il 183 a.C. — secondo la traduzione, l’autore sarebbe nato nel 185 a.C., anno della morte di Plauto. Certo risulta invece il luogo di nascita: Cartagine.
Arrivato a Roma come schiavo del senatore Terenzio Lucano, fu da lui educato nelle arti liberali e successivamente affrancato. Il liberto assunse così il nome di Publio Terenzio Afro. Fu legato a importanti famiglie della nobiltà romana e frequentò in particolare il Circolo degli Scipioni.
La sua prima commedia, Andria, fu rappresentata nel 166 a.C. Nel corso della sua (breve) carriera fu accusato di plagio ai danni di Nevio e Plauto, di mancanza di vis comica e di abusare della tecnica della contaminatio; dicerie volevano che avesse fatto solo da prestanome al Circolo degli Scipioni, reali autori delle sue opere — traccia di queste accuse rimane nelle risposte fornite dallo stesso terenzio in apertura alle sue commedie.
Morì nel 159 a.C. in Grecia, dove si era recato sulle tracce di Menandro e per trarre diretta ispirazione dai luoghi dove ambientava le sue opere. Le cause della morte prematura sono incerte: Svetonio riporta alcune ipotesi, tra cui un naufragio.
Poetica
La carriera di Terenzio, troncata dalla sua morte prematura, fu di soli 6 anni. In questo periodo di tempo il commediografo compose 6 opere, tutte arrivate integralmente fino a noi.
Se la cronologia legata alla vita dell’autore risulta in buona parte monca, ben più precisa è quella delle sue commedie, scrupolosamente ricostruita dai grammatici antichi e attestata nelle didascalie da loro anteposte ai testi.
Modello fondamentale per le commedie terenziane sono la Commedia Nuova e Menandro — il suo debito nei confronti dell’autore greco è attestato dal soprannome che lo stesso Cesare diede a Terenzio: "Menander dimidiatus" ("Menandro a metà").
Tuttavia, Terenzio non fu un semplice traduttore e ripropositore dei testi greci. Come criticato da alcuni suoi contemporanei, infatti, praticava la contaminatio, tecnica abituale dell’epoca, che prevedeva la commistione di più modelli all’interno di un’unica commedia.
Le commedie terenziane sono inoltre ben lontane dall’opera di Plauto, per diversi aspetti:
- Anzitutto, la commedia di Terenzio è una commedia relativamente seria, la cui risata è ben distante da quella sguaiata scatenata da Plauto; è stataria e non motoria: è priva di quella eccessiva spettacolarizzazione affannosa che caratterizzava le scene plautine, ma costruisce intrecci più coerenti e credibili. Le sue commedie accolgono un motivo ricorrente del teatro antico: l’agnitio (agnizione). Si tratta di un topos che rispecchia un aspetto piuttosto realistico della società antica: il riconoscimento di figli, spesso abbandonati e in seguito riconosciuti o adottati.
- Lo stesso grado di credibilità caratterizza i personaggi di Terenzio: in essi lo spettatore può identificarsi, perché non si tratta più di semplici stereotipi monologanti, ma di personaggi maggiormente sfaccettati, le cui caratteristiche psicologiche emergono dal confronto con gli altri.
Anche la figura del servo, centrale nella commedia plautina, risulta in Terenzio notevolmente ridimensionata. - La lingua di Terenzio è una lingua seria, ordinaria, educata e colta, ben distante dai neologismi e dai giochi di parole spesso scurrili che scuotevano dalle risate il pubblico di Plauto.
- Terenzio è il primo autore antico a non usare il prologo per esporre l’antefatto della commedia. Il celebre prologo dell’Andria, per esempio, non è dedicato al contenuto della commedia, ma all’autodifesa dell’autore dalle accuse di plagio e contaminatio.
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A questo si aggiunge la presenza all’interno dei testi terenziani di alcuni temi cardine del dibattito socio-culturale che animava il Circolo degli Scipioni. Terenzio non vuole semplicemente far ridere lo spettatore: vuole innescare una riflessione più profonda. Al centro di questa riflessione c’è un elemento fondamentale per l’autore e per il Circolo alle sue spalle: l’humanitas. Ogni essere umano, in quanto tale, deve avere rispetto per ciascun altro essere umano, poiché ne condivide i limiti, le mancanze, le debolezze.
"Homo sum: humani nihil a me alienum puto".
("Sono un uomo: nulla che sia umano mi è estraneo".)
Per questi motivi le rappresentazioni di Terenzio presuppongono un pubblico più colto: per la prima volta il pubblico più modesto si allontana dal teatro. Il rapporto di Terenzio con il pubblico e il successo è dunque complesso: l’autore non è interessato a compiacerlo, né a farlo ridere a vuoto, ma il suo obiettivo è quello di innescare, tramite la risata, una riflessione.
Questa sua forte innovatività ha fatto sì che le opere terenziane fossero veramente apprezzate in particolare nel Medioevo e nel Rinascimento, epoca in cui entrarono a far parte dell’educazione scolastica.
Opere
Come già detto, le sei opere composte da Terenzio nel corso della sua breve carriera artistica ci sono giunte interamente. Eccone riassunta in breve la trama di ognuna:
- Andria: Gli anziani vicini di casa Simone e Cremete si sono messi d’accordo perché i loro figli, Panfilo e Filumena, si sposino. Panfilo ha però una relazione segreta con un’altra fanciulla, Glicerio, incinta di lui. Quando la relazione del figlio viene a galla, Simone gli comunica l’imminenza delle nozze, mentre Cremete annulla il matrimonio. Intanto, Carino, amico di Panfilo, è innamorato di Filumena. L’intrico si scioglierà con la scoperta che Glicerio è in realtà figlia di Cremete e la commedia si concluderà con un doppio matrimonio.
- Hecyra: Panfilo, innamorato di Bacchide, sposa Filumena, che approfitta di un viaggio del marito per tornare a vivere con i genitori. Filumena adopera come scusa il carattere della suocera ("hecyra" significa "suocera"), ma in realtà è incinta a causa di una violenza subita prima del matrimonio. Panfilo, pur non conoscendo il vero motivo dell’allontanamento, rifiuta di riaccettare la moglie in casa, scatenando una sere di equivoci fino a una risolutiva scoperta finale.
- Heautontimorumenos: Il vecchio Menedemo ha scelto di vivere una vita di rinunce come punizione (il titolo significa appunto "il punitore di se stesso") per aver impedito al figlio Clinia di sposare Antifila, perché povera e senza dote. Clinia ha così scelto di andarsene di casa e arruolarsi come mercenario. Il giovane alloggia nel frattempo a casa di Clitifone, figlio di un amico del padre, Cremete. Quando Cremete riconoscerà Antifila come sua figlia, finalmente Clinia potrà sposarla.
- Enuchus: La cortigiana Taide è amata dal soldato Trasone e dal giovane Fedria. Il soldato le regala una schiava, Panfila, di cui si innamora Cherea, fratello di Fedria: travestito da eunuco, il ragazzo si incontra segretamente con la schiava. Quando Trasone vorrà riprendere possesso di Panfila, resterà doppiamente beffato: la schiava si scoprirà libera cittadina ateniese, mentre la cortigiana Taide gli preferirà Fedria.
- Phormio: Il parassita Formione, con vari stratagemmi, riesce a unire in matrimonio i due cugini con le ragazze di cui sono innamorati.
- Adelphoe: Demea ha due figli, Eschino e Ctesifone, ma si occupa solo del secondo, mentre il primo viene adottato dal fratello Micione. I due fratelli vengono educati in modo diametralmente opposto: Micione è un uomo di mentalità aperta e liberale, Demea è invece rispettoso della tradizione. La loro differente educazione sfocerà in un intreccio sentimentale, che si concluderà con un matrimonio e con una positiva rivoluzione nella mentalità di Demea.
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