È così che succede: nei romanzi post-apocalittici di solito l’orrore comincia in sordina. L’ombra dello scorpione (The Stand) di Stephen King non fa eccezione: un laboratorio segreto, un computer che commette l’errore fatale, i soliti militari che sottovalutano la cosa, e Captain Trips trova via libera. Il virus all’inizio si presenta come una banale influenza, di fatto è micidiale e in poco tempo fa fuori il novantanove per cento degli abitanti del pianeta. Guai grossi per i pochi sopravvissuti al flagello: come se non bastasse, dovranno combattere una guerra epocale, quella che infiamma i seguaci del Bene (capitanati dalla veggente ultracentenaria Mother Abagail) e i seguaci del Male (al comando dell’implacabile Randall Flaggs, alias il Senza Volto).
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Da buon americano venuto su ad hamburger e mitologie stelle e strisce, Stephen King possiede una visione alquanto manichea delle forze in campo, e sullo sfondo di una Terra devastata dalla pandemia, dove il denaro non conta nulla e le regole del vivere civile meno che mai, l’essere umano (anima compresa) viene a costituire la preda più ambita. Primo sopravvivere, deinde occuparsi delle remore morali: la condizione dei superstiti è ferina, e che Dio possa mandarla loro buona.
Se più di due terzi dei romanzi di Stephen King esibiscono una mole da fare invidia agli over size, The Stand la esibisce ancora di più: 1400 pagine circa (dipende dalla edizioni) per una bibbia della fantascienza corale, paradigma di luci e ombre del Verbo kinghiano: le prime, nella fattispecie, ineriscono all’incipit in crescendo, alla buona tensione della seconda parte del romanzo, alla storia e alle storie che in esso confluiscono, ai sovvertimenti di prospettiva e al superbo scenario della morte del Capitale, attraverso il tratteggio di un’America alla deriva. Le seconde, come sempre, afferiscono alla prolissità, alle psicologie banalotte, e alla sommarietà di alcune pagine delle quali si sarebbe potuto fare a meno. È pur vero che questo è il Re, signore e signori - prendere o lasciare –, e L’ombra dello scorpione (1978) resta comunque tra i suoi lavori migliori.
Il graphic novel in due tomi adattato da Roberto Aguirre-Sacasa, disegnato da Mike Perkins e colorato da Laura Martin (Bompiani, nella nuova edizione brossurata 2021) scaturisce dall’egida di King in persona, che si ritaglia il ruolo di direttore del progetto creativo ed esecutivo del lavoro. In parole povere questo The Stand è la trasposizione a fumetti ufficiale del romanzo cult. Gli esiti non possono deludere e non deludono, tenuto anche conto che tradurre in story board una trama tanto articolata come quella de L’ombra dello scorpione ha dell’impresa sisifica ma riuscita: i due volumi restituiscono in caratura immaginifica, lo scenario orrifico-fantascientifico del romanzo. Tratto incisivo, ritmi serrati e colori sulla scia dei Marvel Comics, si misurano con la sostanza della trama, al netto di quelle ridondanze che ne appesantiscono un po’ la versione romanzata.
Un graphic novel in due volumi
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Il primo volume introduce alle avvisaglie della fine: un agente biochimico sviluppato dall’esercito (ma no!) sfugge al controllo dei controllori, protagonisti e comprimari vengono a contatto con il virus. Molti ne muoiono, pochi la scampano (in quanto miracolosamente immuni), rendendosi conto che in America, e nel pianeta intero, niente sarà più lo stesso. Dovranno per prima cosa riorganizzarsi. Misurarsi con la violenza e la barbarie in cui il mondo è precipitato.
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Il secondo volume rincara la dose. È infatti il volume incentrato sulla lotta: come in una declinazione dell’Armageddon aggiornata agli anni Ottanta, le truppe superstiti del Bene e del Male si disputeranno il futuro della Terra e quello delle loro stesse vite. Che detta così può sembrare una faccenda trita e ritrita ma tranquilli che The Stand possiede tempra omerica, e se la suspense è amministrata da un tale che si chiama Stephen King potete scommetterci a colpo sicuro. L’impatto visivo e la lettura del graphic novel risulta quindi coinvolgente. Persino per i lettori (come il sottoscritto) che si erano cimentati col romanzo originale nel lontano Settantotto, sicuri di leggere l’ennesimo romanzo di fantascienza post-apocalittica e non un anticipo del futuro che potrebbe aspettarci, di qui a molto poco. Fate pure i debiti scongiuri, ma Captain Trips è ancora tra di noi.
“Sono attorno a noi, sono dentro di noi: peste bubbonica, AIDS, influenza aviaria, SARS… Malattie che ci divorano dall’interno. Essere inseguiti da vampiri, lupi mannari e altre entità demoniache è sicuramente spaventoso, ma portare nel corpo un microrganismo che ti invade le cellule senza la speranza di una cura è un destino ben più terribile […] Ciò che rende questo libro un perenne best seller è la lugubre consapevolezza che Captain Trips potrebbe esistere davvero […] Questi “mini invasori” non sono frutto della fantasia di uno scrittore horror ma reali quanto uno starnuto o un colpo di tosse”.
(dall’introduzione di Ralf Macchio)
La stretta attualità dimostra fino a che punto queste parole siano terribilmente vere.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: The Stand: L’ombra dello scorpione di Stephen King diventa un graphic novel in due volumi
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