Tornerà l’estate di Stefano Pisu

Diversi sono i narratori sardi che innamorati del proprio paese, ricorrendo alle parole degli anziani, ricostruiscono riti e tradizioni per nobilitare un periodo che si colloca nel passato leggendario di un’età dell’oro, dove i rapporti umani erano all’insegna del rispetto e della moralità e dove agli uomini la felicità era data dal sacrificio del proprio lavoro.

Stefano Pisu fa un’operazione più audace, ricco delle storie che suo nonno e suo padre gli hanno raccontato fin da bambino: scrive un romanzo strutturato su una storia verosimile e immerge i suoi personaggi in un’atmosfera mitica, facendogli rivivere quel tempo in cui Nurallao e i nurallaesi si pensavano migliori con valori saldi sulla famiglia, sui rapporti umani tra compaesani, sulle doti di laboriosità e sul senso religioso.

Il romanzo Tornerà l’estate si basa sulla strategia narrativa del "nonno che racconta ai nipotini storie misteriose". Ciò consente all’autore di imbastire l’affresco di una piccola comunità, la sua, in un’epoca che, seppure ambientata nel dopoguerra, attinge a tutto quel bagaglio di conoscenze senza tempo che ne formano l’esistenza.

Usi e costumi vengono veicolati tramite il dipanarsi di vicende dalle coloriture noir, la truffa subita da quattro abitanti del luogo, non è altro che l’occasione per disegnare caratteri candidi non corrotti nella loro integrità morale.
Siamo di fronte a uomini che sognano il riscatto sociale puntando sull’illusione di un arricchimento facile, come è quello del ritrovamento di un tesoro.

Il personaggio principale Juanni Pani di Luziferru è un uomo dall’indole fondamentalmente perbene, il travaglio che lo tormenta quando non sa perché Mundìcu lo ha convocato a ’Funtana ’e susu’, lo dimostra.
Alle riflessioni di Juanni nel racconto è dato il compito di ricostruire nei dettagli la vita di un paese laborioso: i campi da coltivare, i mestieri legati all’allevamento, le cave d’argilla e la rappresentazione di figure femminili come Maria, la moglie, emblema di laboriosità e saggezza.

L’ingenuità con cui vengono rappresentati i dialoghi tra compagni e i loro intrighi dà al racconto sfumature umoristiche che fanno subito presagire al lettore la conclusione dei fatti.
Troppo scoperto l’inganno anche a chi, ingenuo e sprovveduto, si ostina a non voler rinunciare al suo sogno.

La storia sembrerebbe conclusa quando lo svelamento della truffa lascia i compagni delusi e consapevoli di essere stati ingannati, ma Stefano Pisu non ha voluto lasciare il lettore nell’amarezza di una storia senza speranza.
Una piccola comunità naif, lontana dai centri in cui la vita è più evoluta, viene riscattata dalla riconferma di quel senso morale che nel racconto si respira.