Una cittadina qualunque nel cuore della Scozia, una periferia del quotidiano a cui ci si può sentire soltanto incatenati: giorni grigi e tutti uguali, mancanza di prospettive, voglia di essere altrove. Così descrive la natìa Leith Irvine Welsh nel suo primo romanzo, Trainspotting, che all’inizio degli anni ’90 lo ha portato alla fama, rendendolo quello che viene comunemente definito un autore di culto. Si tratta di un rapporto di amore/odio per i luoghi delle proprie origini che lo vedrà ambientare a Leith anche altre storie, descrivendo con minuzia i chiaroscuri della città e del suo popolo.
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Romanzo corale, Trainspotting unisce tanti punti di vista di giovani più o meno allo sbando, raccontandone con crudezza e una certa ironia le disavventure, a volte drammatiche, a volte solo grottesche. Si possono però individuare quattro personaggi che svettano sugli altri, in pratica un gruppo di balordi fra loro (mai troppo) amici: Rents l’esistenzialista, che entra ed esce a periodi dalla dipendenza dall’eroina; Sick Boy lo sciupafemmine, affetto da cinismo cronico; Spud il timidone sensibile, che si droga per superare i propri limiti sociali; Begbie l’attaccabrighe, un piccolo delinquente che può diventare facilmente pericoloso. Anche troppo. Sotto sotto Welsh vuol bene ai suoi personaggi, e per quanto spesso li strapazzi ficcandoli in situazioni ai limiti dell’assurdo, traspare comunque tutta la sua partecipazione verso i loro destini non troppo rassicuranti.
Come mettersi nei guai e vivere (in)felici
Quando l’angoscia arriva a opprimerti senza via di scampo e i pensieri si fanno neri, serve qualcosa, qualsiasi dannata cosa per tornare a respirare: lo sa bene Mark Renton detto Rents, le cui elucubrazioni sembrano portarlo sempre più lontano da una vita che gli sta stretta, trascinandolo in un limbo di domande senza risposta. E se i valori imposti dalla società borghese non riescono a colmare un vuoto che si allarga ogni giorno sempre più, in cui sprofondi in maniera graduale ma inesorabile, ti ritrovi allora ad aver bisogno di un’ancora di salvezza a cui aggrapparti. E per Rents è l’eroina, che diviene la risposta univoca a tutti i suoi bisogni, rendendo tutto semplice, addirittura basilare. Perché una volta che ci sei dentro non c’è spazio per nient’altro, e anche l’inferno può diventare uno strano paradiso al rovescio. Ovvio che si tratti di un’illusione destinata a svanire presto, con tutte le conseguenze del caso.
Sembra che per l’autore non ci sia scelta: o il conformismo imposto dalla massa, o l’autodistruzione: magari per gradi, prendendosi qualche soddisfazione effimera di tanto in tanto prima di ripiombare nell’abisso. La consapevolezza aiuta a capire, ma non sembra essere la via per la felicità: e così Rents, il più conscio del gruppo, cerca in tutti i modi un futuro diverso da quello che può offrirgli Leith e la solita vitaccia… Ma anche nella tentacolare metropoli di Londra finirà per sentirsi un alieno, e paradossalmente la sua occasione di riscatto coinciderà con il tradimento dei suoi amici, in cambio di un futuro incerto e pieno di insidie.
Recensione del libro
Trainspotting
di Irvine Welsh
Il film
Da Trainspotting è stato tratto il fortunato film omonimo, pellicola datata 1996, che ha portato alla ribalta l’allora regista emergente Danny Boyle (che vincerà l’Oscar con The Millionaire) e l’attore scozzese Ewan McGregor nei panni di Rents, che sarebbe poi diventato una star internazionale. Pur prendendosi delle libertà, la pellicola rimane piuttosto aderente al materiale originale, conservandone lo spirito corrosivo, caratterizzandosi per alcune scene visionarie e un’azzeccata colonna sonora. Insomma, merita la visione.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Trainspotting: quando la droga diventa condizione esistenziale
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