Tre Croci
- Autore: Federigo Tozzi
- Categoria: Narrativa Italiana
Federigo Tozzi è uno degli scrittori italiani più importanti del secolo scorso. Nato a Siena nel 1883, ebbe un’infanzia piuttosto travagliata, a causa dei continui contrasti con il padre.
Per problemi disciplinari fu espulso da diverse scuole ma, grazie agli studi da autodidatta, riuscì ad impossessarsi di una vasta cultura umanistica. Nel corso della sua vita strinse anche amicizia con diversi scrittori, in particolare Luigi Pirandello, al quale dedicò questo romanzo.
Federigo Tozzi, per le tematiche trattate, è un autore che ha un’importanza europea; non è un semplice scrittore di provincia, come alcuni critici lo avevano in un primo tempo considerato. Nelle sue opere, infatti, troviamo diversi influssi: le teorie di Darwin, la tematica sveviana dell’inettitudine, la filosofia di Pirandello e le nuove teorie psicologiche che si stavano diffondendo in quei tempi.
Tozzi non può neanche considerarsi uno scrittore verista, perché la sua narrazione non è fredda e distaccata, ma tende ad un giudizio verso i fatti e i personaggi. Il romanzo "Tre croci" narra la storia di tre fratelli, Giulio, Niccolò ed Enrico Gambi, che sono titolari di una libreria di Siena, attività che hanno ereditato dal padre.
Già dalle prima pagine l’autore mette in luce la totale inettitudine dei protagonisti a gestire la libreria e le relazioni commerciali. I tre librai, infatti, rifiutano la vita adulta, alla quale non sono predisposti, per rifugiarsi nel piacere primitivo della gola. In termini freudiani, si potrebbe dire che i tre fratelli siano in una fase di regressione psichica che li porta a vivere come bambini. Il respingimento delle incombenze da adulti è subito chiaro nelle prime pagine del libro, quando la mentalità dei protagonisti viene confrontata con quella del Signor Valentini, un cliente della libreria, al quale Niccolò dice:
"Oggi a pranzo tordo e quaglie! E mi sono fatto mandare da una delle migliori tenute del Chianti un vino... Sono nato signore, io, più di lei..."
A quest’affermazione il Signor Valentini risponde:
"Più di me? Ah lo credo! Lei non ha quelle preoccupazioni di cui io non posso fare a meno. Anche stamani sono dovuto venire a Siena, perché il fattore mi si è ammalato. Come si fa a rimandare il giorno dopo gli affari, con una tenuta di trenta poderi come io ho sulle mie spalle?"
Queste frasi palesano perfettamente il contrasto esistente fra i fratelli Gambi e il Signor Valentini, che rappresenta il borghese tutto dedito al commercio. I tre librai, infatti, gestiscono pessimamente la libreria perché, pur di non privarsi del cibo, rimandano gli affari, proprio come farebbero i bambini, che procrastinano il dovere per vivere il piacere. Questo aspetto è messo in luce da una frase del secondo capitolo, la quale narra la scena in cui Giulio si trova davanti ad un cliente, il Signor Nizard:
"Egli ora era impaziente di essere a casa; perché non lo avrebbero aspettato, e sapeva che i primi sceglievano sempre i bocconi più buoni..."
Giulio qui non pensa a concludere un affare, ma al cibo che avrebbe mangiato all’ora di pranzo. Questo è un primo aspetto dell’inettitudine dei fratelli Gambi. Tale caratteristica, però, non va vista solo in termini negativi; infatti, se paragonata al modo di vivere capitalistico, che prevede un continuo accumulo di risorse per ottenere il quale non si esita a sfruttare gli altri, l’inettitudine dei Gambi sembra un infantilismo assolutamente perdonabile e tipico di chi, non riuscendo ad adattarsi ad un certo tipo di ambiente, in questo caso quello borghese e provinciale, reagisce inconsciamente con la regressione.
L’inetto tozziano non si oppone alla società tentando di proporre una mentalità diversa, non lotta per diffondere una nuova filosofia di vita pagando per questo il prezzo dell’esclusione; egli, invece, si fa trascinare dagli eventi, che lo portano inevitabilmente al fallimento. Come succede proprio ai fratelli Gambi, che pagheranno con le loro vite la bancarotta della libreria e lo stratagemma della cambiale falsa messo in atto da Giulio per tentare di salvare l’attività.
A proposito della cambiale, salta agli occhi l’estrema ingenuità di Niccolò, forse il più infantile dei tre fratelli, il quale propone a Giulio di confessare al Cavalier Nicchioli di aver falsificato la sua firma, certo che egli non si sarebbe arrabbiato:
"E se gli dicessimo della cambiale falsa? Io scommetto che la pagherebbe, è così benefico! Non hai sentito come parla?"
Nel manuale intitolato "Profilo di letteratura italiana" a cura di Luigi Pacella, si parla di Pietro, un personaggio di un altro libro di Tozzi, e si espongono gli aspetti dell’inettitudine tozziana:
"In Pietro tutti i critici hanno visto la figura dell’inetto, alla maniera dei personaggi sveviani. In verità Pietro, se pur possiede caratteristiche proprie di un soggetto del genere, non coincide con esso, se non altro per il fatto che non sogna mai di modificare la realtà, non è un velleitario, quanto un abulico, un essere del tutto privo di volontà propria..."
L’opera di Federigo Tozzi, però, non è un’opera di denuncia sociale o di critica al sistema borghese-capitalistico. L’intento dell’autore, infatti, è quello di narrare l’angoscia che attanaglia l’uomo contemporaneo, in bilico fra due scelte: l’adattamento ad un mondo vuoto, privo di relazioni vere e basato solo sull’accumulo delle ricchezze o, in alternativa, il fallimento e la sconfitta.
Tre croci
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Federigo Tozzi ( 1883-1920) fu uno dei romanzieri più importanti del primo Novecento. I suoi romanzi raccontano la vicenda di falliti che non sanno affrontare la vita e di una città, Siena, che l’autore descrive in modo espressionistico come una prigione che condiziona gli uomini.
“Tre croci” rappresenta il punto più alto della narrativa dell’autore senese. E’ la storia di tre fratelli che vivono nell’ambiente impiegatizio godendo di un modesto benessere.
A causa di investimenti sbagliati perdono la loro libreria antiquaria e arrivano alla mendicità. Muoiono tutti e tre e le figlie mettono al cimitero tre croci tutte uguali a rimarcare il loro comune destino.
I temi sono quelli del primo Tozzi : l’inettitudine a vivere, la solitudine degli uomini e soprattutto la città di Siena che sembra partecipare alle vicende dei protagonisti, quasi moderna città di Dite.
L’autore è anche attento all’uso linguistico fedele al vernacolo senese parlato non tanto dalla classe alta ma dalla gente umile, un dialetto che ha ancora venature trecentesche.
Tozzi esprime un temperamento conservatore molto legato alle tradizioni toscane di primo Novecento, ma la sua narrativa ha un afflato europeo.
Libro bello e da riscoprire.