Triste tigre
- Autore: Neige Sinno
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Neri Pozza
- Anno di pubblicazione: 2024
Vincitore del Premio Strega Europeo 2024, il romanzo di Neige Sinno, pubblicato da Neri Pozza con traduzione dal francese di Luciana Cisbani, è un libro duro, difficile, profondo, a tratti imbarazzante per i lettori per la crudezza del linguaggio e delle situazioni che vengono descritte in ogni più intimo dettaglio.
Triste tigre narra la vicenda autobiografica dell’autrice, una bambina dal nome insolito, Neige, come la sorella, Rose, che all’età di nove anni, in casa con il patrigno, viene sistematicamente stuprata per anni dal secondo marito di sua madre.
Neige Sinno descrive la vita di questa famiglia fortemente disfunzionale, che vive isolata nella regione francese delle Hautes Alpes, in una sorta di casale diroccato, che viene risistemato a mani nude dagli stessi abitanti della casa: la madre, il forte e violento patrigno, le due sorelle il cui padre si è allontanato, e gli altri due bambini della coppia, maschio e femmina.
Lui è un despota, padrone assoluto della vita di tutti, anche della piccola Neige, che non riuscirà mai a sottrarsi agli abusi sessuali che l’uomo le impone, con dolcezza, con caparbietà, con violenza, a seconda delle reazioni della bambina.
Neige per anni subisce in silenzio una sessualità adulta trasgressiva, senza poterne parlare con nessuno, senza che nessuno se ne accorga mai: familiari, insegnanti, medici parenti, a nessuno viene in mente che l’aria triste, le malattie e i silenzi della bambina, poi adolescente, nascondano qualcosa di oscuro e grave.
Solo quando lascia la casa, a diciassette anni, per andare a studiare in città (è sempre stata un’ottima studentessa), comincia a confidare le sue angosce a un’amica e inizia un’amicizia con il cinquantenne Edmond con cui si apre raccontando l’irraccontabile. Giunta a diciannove anni decide di parlarne a sua madre e di denunciare lo stupratore, sapendo che questo comporterà un processo, che lei pretende a porte aperte, e la messa al bando di tutta la sua famiglia. Denunciare gli abusi che ha subito, il trauma che si porta dietro, l’orrore della sua “non infanzia”, diventa per Neige un atto politico, una denuncia che non è solo un risarcimento per lei, ma uno strumento che renda pubblico quello che succede probabilmente in molti insospettabili contesti familiari, ma che nessuno ha la forza e la determinazione di denunciare pubblicamente perché i panni sporchi si lavano in famiglia.
Le sofferenze che ha subito, l’umiliazione in cui ha vissuto, la solitudine in cui si è trovata per anni, alla mercè di un adulto molto stimato dalla comunità, generoso e collaborativo, l’avevano costretta a subire in silenzio, piangendo, la sopraffazione di un sesso cattivo, oltraggioso, perverso; l’uomo che le faceva tutto questo, abusato a sua volta da piccolo, come succede in molti casi di scuola, affermava di amarla, ed era sicuro che lei ricambiasse il piacere che lui era certo di procurarle.
Neige Sinno riflette a lungo su questi temi difficili, elabora teorie, si rifà a classici della letteratura, cita Nabokov, Zola, Annie Ernaux, Foster Wallace, Artaud, Carrère, Prévert, Virginia Woolf. Ripercorre le storie dello stupro in letteratura, in filosofia, nelle scienze psicologiche e sociali; indaga sulla natura psichica degli stupratori seriali, sui loro guasti traumatici, sulla vergogna, sui fantasmi che aleggiano nella fantasia delle vittime anche dopo la fine delle storie di abuso.
Il suo stupratore verrà condannato a nove anni di carcere, ma lei non crede che sia stato utile il carcere, meglio sarebbe stato che si fosse suicidato.
Difficile accettare per lei che dopo la prigione, uscito per buona condotta, l’uomo si sia risposato e abbia avuto ancora figli; difficile credere che non sarebbe ricaduto in quei comportamenti osceni, in quei delitti contro bambini indifesi.
Libro importante, vincitore di molti meritati premi in Francia. In una pagina del racconto, l’autrice afferma:
Mio padre, non lui, mi ha insegnato a leggere, mi ha aperto il mondo della finzione narrativa. Mio padre mi ha consegnato le armi che sono diventate le mie, il rifugio dell’immaginario, il piacere della solitudine. L’amore per la letteratura è nato con queste scoperte. Poi il mio patrigno mi ha fatto conoscere la duplicità del linguaggio e del silenzio. È a partire da questa conoscenza intima, a partire da quest’odio, che io scrivo.
La scrittrice ferita e oltraggiata, ormai adulta, madre a sua volta, afferma che la letteratura non è una terapia, ma certamente è un piccolo grande aiuto, come questo bel libro dimostra.
Triste tigre
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