Tutti i racconti di Flannery O’Connor

La certosina arte del racconto, forma letteraria troppo spesso trascurata dai lettori italiani e considerata di nicchia, ha recentemente attirato l’attenzione su di sé grazie all’assegnazione del premio Nobel all’autrice canadese Alice Munro.

Tornando indietro di qualche decennio, nella rosa di autori che possono essere meritatamente riconosciuti quali antesignani della forma moderna del racconto americano non può mancare Flannery O’Connor.
Di fervente educazione cattolica, perseguitata da una malattia feroce che porrà fine alla sua vita a soli trentanove anni, la O’Connor si dedica anima e corpo allo studio, all’insegnamento e al perfezionamento del suo stile narrativo d’elezione, ovvero il racconto.
Fra i temi più ricorrenti della sua produzione troviamo la questione razziale, il lavoro contadino, lo scontro generazionale, la diversità in tutte le sue sfumature e la religione.

In "Tutti i racconti", volume di oltre seicento pagine, possiamo dedicarci alla scoperta di tutto ciò che Flannery O’Connor ha scritto in rigoroso ordine cronologico dal 1946 al 1964, dai racconti contenuti nella sua tesi di laurea a quelli ultimati poco prima della sua prematura scomparsa.
Un invisibile filo di inquietudine e disperazione lega i racconti l’uno indissolubilmente all’altro, quasi fossimo in presenza di un ampio campionario dell’umanità in ginocchio.

La lettura procede veloce e, arrivati alla fine di ogni racconto, ci si ritrova a fare i conti con i propri fantasmi. In "Tutti i racconti" l’autrice permette che ciò ci accada per ben trentuno volte, ovvero tanti quanti sono i racconti contenuti.