Tutti i nemici del Procuratore. L’omicidio di Bruno Caccia
- Autore: Paola Bellone
- Genere: Politica ed economia
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Laterza
- Anno di pubblicazione: 2017
Paola Bellone, viceprocuratore onorario a Torino, scrive “Tutti i nemici del Procuratore. L’omicidio di Bruno Caccia” (Laterza, 2017).
A Torino il 26 giugno 1983 a tarda sera, in via Sommacampagna, breve lembo d’asfalto che dalle prime pendenze della precollina collina torinese si affaccia sul Po, tra i due ponti più centrali della città, viene ucciso il Procuratore Bruno Caccia. Un omicidio che lascia sgomenti: Torino, tra il 1976 e il 1982 ha assistito a 17 omicidi e a oltre 50 “gambizzazioni”, e con quest’ultimo si teme un ritorno dell’incubo del terrorismo.
Ma chi era Bruno Caccia? È stato il pubblico ministero che ha rinviato a giudizio il nucleo storico delle Brigate Rosse (vedi processi a Renato Curcio, Fabrizio Peci e affini), il primo atto di opposizione di uno Stato democratico al terrorismo rosso che dovrà pagare un cospicuo tributo di sangue, sia in Italia che nella stessa Torino.
Ora, dopo tanti anni, perché questo libro, dal titolo: “Tutti i nemici del Procuratore”? Che cosa significa? Una fortuita coincidenza segna l’uscita di questo testo e ne attualizza l’argomento, altrimenti relegato in un passato che appare lontano. È un testo che inizia dalla fine: il 22 dicembre 2015 la Direzione Distrettuale Antimafia di Milano arresta il presunto esecutore materiale dell’omicidio, Rocco Schirripa, panettiere. L’omicidio dunque è rubricato come omicidio di mafia, il primo che attesta l’infiltrazione della ’ndrangheta al Nord. Quindi, prima i terroristi rossi, poi la ’ndrangheta.
Il libro di Paola Bellone elabora però altre ipotesi. Innanzitutto raccoglie una marea di documenti che non sono mai entrati in un’aula di giustizia: e sono le testimonianze dei magistrati e degli amici torinesi, dei familiari del Procuratore. Così, pian piano, prendono forma altre piste alternative. Sullo sfondo, soprattutto, ci sono i veleni e le pesanti ambiguità del mondo della magistratura, spaccato in due nette correnti: quelli che appoggiavano il procuratore-uomo di legge, con una visione della propria professione precisa, integerrima, quasi sentita come un sacerdozio, e quelli che lo subivano come un pesante ostacolo. Quindi
“nemici interni di Bruno Caccia complici di criminali. (…) Si ricorda con amarezza alcuni anni di malcostume giudiziario dopo la sua morte, in cui fu un forte tentativo di bloccare lo sviluppo di certi processi per evitare il vaglio dibattimentale”.
Dunque il Procuratore fu ucciso perché ostacolava “colleghi disponibili”, magistrati inquinati. Un magistrato inquinato è una contraddizione di termini. Non espellerlo comporta non solo il rischio del “chi l’ha fatto una volta può rifarlo”, ma innesca un circolo vizioso: perdonato lui, si perdonerà anche il collega pigro e anche quello incompetente. Un libro interessante, pregnante, preciso nella ricostruzione dei fatti, un testo scomodo, perché forse
“un boss calabrese dalla bocca cucita è il migliore fra i colpevoli”.
Un mosaico complesso, non del tutto completo. Anche dopo trent’anni.
Tutti i nemici del Procuratore. L'omicidio di Bruno Caccia
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