Tutto quello che non ho
- Autore: Mattia Zadra
- Categoria: Poesia
- Anno di pubblicazione: 2017
«Con quale stato d’animo si dovrebbe leggere un libro di poesie?» Questo mi sono chiesta quando mi è arrivato a casa “Tutto quello che non ho” di Mattia Zadra, appena edito da Mora Editrice.
L’autore è una mia vecchia conoscenza, per quanto in realtà sia giovane (“nato a Trento nel 1991”, leggo nella quarta di copertina) ho già scritto di lui in passato proprio su questo sito. Eppure, ogni volta è la stessa storia: mi appresto a leggere spinta da una timorosa curiosità, perché so che in qualche modo la malcelata ferita dell’inquietudine tornerà a farsi sentire; è il mal di vivere che in questi versi è rappresentato da un iperrealismo dal sapore quotidiano: la perdita, la solitudine e un innato romanticismo si fondono con l’autoironia che tutto salva.
Con “Tutto quello che non ho”, però, credo che sia successo di più: ho letto le sue poesie ma l’atto somigliava più al mangiare, le ho mangiate sì. O forse le ho bevute, anche fumate, sì, insomma non lasciate solo là al passaggio degli occhi, che sono pur sempre la finestra dell’anima, ma assimilate con un vero e proprio processo metabolico. Di tristezza me ne è salita eccome! in un paio forse anche tre, no, di più, ci sono proprio caduta dentro come in un pozzo, persa e ritrovata. Ecco l’effetto: anche questa recensione qua puzza un po’ di poesia. Perché la poesia, quella vera, non si muove nei binari ma vola libera a raggiungere la parte più intima e spesso detestabile del lettore, riportandolo all’eterna riflessione che l’uomo, in fondo, sia nato per dar voce alla solitudine universale della divinità che lo ha creato, a sua immagine e somiglianza!
E Mattia Zadra ci riesce proprio bene, è ironico, è toccante, umorismo e parolacce là dove proprio ci stanno bene, mai volgare, piuttosto dissacrante, ad incarnare talvolta la crisi economica e più spesso quella esistenziale che sempre è legata alle passioni terrene, alle debolezze umane, all’elevato ideale dell’amore che, seppur trovato, troppo spesso è difficile da conservare, giocando con il lettore costretto a riconoscere suo quello che è lirica e intimità di qualcun altro.
Sarà forse proprio questo il valore universale della poesia.
Impreziosito dalle belle illustrazioni di Silvia Benedetti, bianco e nero, più nero che bianco, righe e curve, curve sinuose di corpi e capelli di donna, immagini su cui lo sguardo indugia alla ricerca del particolare che le rende così accattivanti, forme e parole che tanto bene si fondono, questo piccolo libro è un vero gioiello.
Ritornando alla domanda iniziale, non è il lettore a dover avere uno stato d’animo idoneo alla lettura che si accinge a intraprendere bensì il contrario, è sempre il libro, che sia in forma di romanzo o versi più o meno brevi, a trovare il momento giusto per incontrare il lettore... Era una sera in cui non avevo i miei figli con me, ma più di loro mi mancava un uomo che mi tenesse stretta nel letto, russandomi tra i capelli. Quando ho chiuso “Tutto quello che non ho”, con gli ultimi versi ancora fluttuanti nella coscienza, ho scorto il nero del trucco sciolto sul cuscino, e mi sono chiesta se questo fosse accaduto perché avevo pianto o sorriso. Probabilmente entrambi!
Tutto quello che non ho
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Tutto quello che non ho
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